Un nuovo caso di discriminazione nei bandi pubblici statali, in questo caso per entrare nelle forze di Polizia. Lo scorso 16 maggio è stato pubblicato il bando del ministero dell’Interno con cui si cercano 1.381 nuovi agenti e nel regolamento sull’idoneità dei candidati, sono elencate i disturbi mentali che impedirebbero l’accesso ai candidati tra i quali “ansia”, “tic”, “schizofrenia”, “disturbi alimentari” e, infine, “disturbi sessuali e disturbi dell’identità di genere“
Una dicitura totalmente errata, in quanto la disforia di genere risulta non essere più considerata come disturbo mentale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 2018, in seguito a diverse prese di posizione a livello internazionale. La scelta è stata fatta proprio per ridare dignità le persone in transizione o non binarie e per consentire loro di intraprendere dei normali percorsi lavorativi e di vita che prima non erano possibili.
Non potrà partecipare nemmeno se il “disturbo” è pregresso: chi ha già affrontato il percorso di transizione e cambiato i propri documenti, infatti, verrà considerato tra le categorie da escludere a priori, nonostante sia possibile in Italia ad accedere alla “rettificazione del sesso” dal 1982 e dal 2015 anche senza la procedura chirurgica.
A scoprire questo “dettaglio” omofobo è stato proprio un aspirante poliziotto il quale, sentitosi umiliato e offeso, si è subito rivolto ad un legale che ha presentato un’istanza alla Ministra Luciana Lamorgese e al capo della polizia Lamberto Giannini, chiedendo la revoca della dicitura. Al momento, non ci sono novità se ciò sia avvenuto o meno.
Eppure ci sono già stati casi di poliziotti trans in Italia, come ad esempio Stefania Pecchini, la prima poliziotta trans d’Italia, o Alessio Avellino, agente transgender e presidente di Polis Aperta, associazione Lgbtq+ delle forze dell’ordine che è entrato nel corpo di polizia quando ancora aveva i documenti femminili.
Non è però la prima volta che un bando di questa categoria discrimini deliberatamente una categoria di persone. Qualche settimana fa, infatti, al concorso per i vigili urbani si richiedeva un test di gravidanza negativo per le aspiranti vigilesse. Lo stesso corpo di difesa che aveva polemizzato sulle mascherine FFP2 in dotazione agli agenti, perché di un colore, il rosa, non era consono al decoro della divisa.
Di strada da fare, purtroppo, è ancora molta.