Sono passati più di due mesi dalla chiusura delle scuole a causa del Coronavirus. Se ci pensiamo, sono state le primissime strutture ad aver chiuso per prevenire la diffusione del virus eppure sembrano diventate le ultime “priorità” dell’agenda politica odierna.
I genitori, dopo anni di impegno nell’evitare di far stare molte ore davanti allo smartphone ai propri figl*, sono ora costretti a relegarli davanti al pc almeno 5 ore al giorno per far seguire loro le lezioni online. La scuola, ai tempi del Coronavirus, si è ridotta a questo: vedere il proprio insegnante su Skype, non condividere più l’aula con i proprio amic* e compagn*, niente gita, niente socialità. E gli effetti collaterali sono devastanti, forse peggio di quelli che ci possiamo immaginare. E non solo per l* student*, ma anche per l* insegnant*, costrett* a lavorare il triplo del tempo per riuscire a seguire tutti l* alunn* online (e con lo stesso stipendio).
Pochissime sono le indicazioni da parte dello Stato, tutte molto confuse e inadeguate: si parla di “modalità mista” in presenza/a distanza, e una riapertura a settembre senza però avere strumenti pragmatici per ripartire, mettendo in seria difficoltà tutte quelle donne che devono sopperire, in mancanza dell’insegnante, l’educazione dei figli in casa, aggravando la mole di lavoro di cura.
Una “scuola ibrida”: così l’ha definita uno dei membri del comitato di esperti nominato dalla ministra Azzolina in un’intervista su Radio Popolare. Una scuola rimodulata nei tempi e negli spazi, in cui i ragazz* passeranno meno tempo in aula e più in casa, che rischia di diventare “permanente”, facendo sparire il modello di educazione e istruzione pubblica che ci accompagna da circa due secoli.
Una nuova scuola che sta scaricando la responsabilità e altro lavoro su donne e insegnanti, producendo disuguaglianza, esclusione e arretramento educativo.
“Un computer non è una maestra“: con questo grido genitori, insegnanti e alunni attraverso la rete “Priorità alla scuola”, sono ieri scesi in strada, davanti al Ministero dell’Istruzione a Roma e in altre diciannove città in tutta Italia, per chiedere al governo di garantire a tutti l’insegnamento “dal vivo” e non tramite lezioni online e, soprattutto, per stanziare più fondi per l’istruzione da decenni messa in ginocchio dalle riforme e dai tagli sugli investimenti con pesantissime ripercussioni.
“Distanziati di due metri, con le mascherine e tutte le tutele del caso, ma siamo in piazza. A dimostrazione che non c’è nessuna contrapposizione tra il diritto alla salute e quello all’istruzione” spiega Enrica Rigo, del Comitato dei genitori della scuola Enrico Toti e attivista di Non Una Di Meno, movimento femminista che sostiene attivamente la protesta.
Poi afferma: “Sull’istruzione è mancato un piano di intervento, come se non fosse una questione rilevante. Si fa affidamento implicitamente sulla presenza delle donne, mamme, nonne, zie e vicine di casa, il cui lavoro triplicato fa da pilastro alla riapertura delle attività produttive. Vorremmo che le istituzioni si impegnassero per la riapertura delle scuole almeno quanto lo hanno fatto per le fabbriche e attività commerciali”
Oggi, 24 Maggio, alle 17, Non una di meno Roma ospiterà nella sua piattaforma digitale l’assemblea “Che fine ha fatto la scuola” per dare continuità al percorso che si è aperto nell’eccezionalità della crisi sanitaria e per realizzare uno spazio di confronto per discutere di scuola, con proposte, pratiche e forme di mobilitazioni condivise, invitando alla partecipazione non solo le attiviste del movimento, ma anche famiglie, studenti e docenti. Lo scopo è quello di creare un’elaborazione collettiva femminista su scuola e educazione, raccolta nel loro Piano Femminista contro la violenza di genere.
“Riteniamo che la vera urgenza sia proprio scardinare la logica dell’emergenza che cancella la funzione sociale della scuola pubblica e sostituirla con politiche ambiziose, a partire dal patrimonio di immaginazione e sperimentazione che ogni giorno viene messo in campo attorno alla scuola, per garantire la sicurezza, la salute psico-fisica di bambine/i, adolescenti e della continuità scolastica.”
Dichiara NUDM Roma.
“È adesso il momento di imporre un radicale cambio di passo, di superare opposizioni semplificatorie: chiusura / riapertura, didattica a distanza / in presenza, normalità / emergenza, diritto alla salute/diritto all’istruzione. Occorre trasformare l’emergenza non in una condizione a cui adattarsi ma nello spazio di riorganizzazione e riprogettazione della scuola, oltre la pandemia e per il futuro.
Non possiamo più accettare soluzioni di ripiego. Abbiamo un piano, riprogettiamo la scuola!”
L’assemblea si potrà seguire tramite una chiamata Zoom, il cui link verrà pubblicato sull’evento e sulla pagina Facebook Non una di Meno – Roma oppure seguire la loro diretta sulla loro pagina.