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Chiara Ferragni ha fatto un gesto femminista.

- 16/01/2023


Chiara Ferragni, l’influencer italiana più famosa al mondo, è stata scelta per condurre, insieme ad Paola Enogu e Chiara Francini, il festival di Sanremo a fianco ad Amadeus ed ha devoluto il suo compenso all’associazione D.i.Re Donne in rete contro la violenza.

D.i.Re è una rete di ben 82 associazioni che gestisce oltre 100 Centri antiviolenza e più di 50 Case rifugio, ascoltando ogni anno circa 21mila donne, una delle reti più importanti del nostro paese.

Premetto che è facilissimo odiare Chiara Ferragni, nonostante abbia milioni di followers (sabato ha annunciato con una storia che ne ha raggiunti 6.1 milioni su TikTok e 28,4 milioni su Instagram, un successo che non tende a calare).

Anzi, forse la si odia proprio per questo: perché Ferragni è bella, è ricca, è seguita, con una vita meravigliosa, con un lavoro che ama e con una famiglia bellissima. Odiarla, come dice Giulia Blasi in un articolo di Valigia Blu, è quasi un’identità politica: “Sono anticapitalista: odio Chiara Ferragni. Sono di sinistra, di quella sinistra un po’ paternalista in cui le donne devono sempre essere modelli di comportamento: odio Chiara Ferragni. Sono femminista militante: odio Chiara Ferragni.“. E seguendo quest’onda di odio nei suoi confronti, anche e soprattutto nel mondo dell’attivismo, subito è venuto fuori la critica, il pelo nell’uovo per così dire, sulla sua donazione: “lo ha fatto per farsi pubblicità“.

Ebbene sì, se siamo anche qui a parlarne, come tantissime altre testate, è chiaro come il sole che averlo fatto le ha consentito maggiore visibilità. Ma forse la domanda che ci dobbiamo porre è: e quindi? “Ferragni ha utilizzato il femminismo per visibilità”, certo, ma ci dimentichiamo che qualsiasi persona che fa di lavoro l’influencer deve essere visibile per poter guadagnare, il punto cruciale è cosa fa per rendersi tale, con quale tenore lo faccia.

Logo di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza

Ci sono milioni di persone che si rendono visibili nel peggiore dei modi, ed anzi, è anche il modo migliore per raggiungere in maniera celere dei picchi di visibilità sui social. Lo abbiamo visto con Andrew Tate, con i suoi contenuti tossici e altamente maschilisti, o anche un Salvini che con la propaganda razzista ha raggiunto un altissimo tasso di consenso nel 2018. Anche loro lo hanno fatto per la visibilità, ma con che prezzo? Quello di divulgare una cultura dell’odio.

Chiara Ferragni, annunciando il devolvere il suo cachet alla rete D.i.Re, non solo ha dato un’iniezione considerevole di liquidità (non sappiamo quanto sia la cifra, ma gli stipendi del festival più seguito in Italia bassi di certo non sono) ad un’associazione che non sempre riesce ad avere fondi per il proprio sostentamento, ma ha dato visibilità anche ad una realtà che, fuori dalla bolla dell’attivismo, non era assolutamente conosciuta, insieme a tutto il fenomeno che la rete va a combattere: la violenza di genere, troppo spesso sminuita dalla società (basti guardare a quello che è successo all’ultima puntata di C’è Posta per te, dove la violenza viene minimizzata, giustificata e messa in prima serata).

Selvaggia Lucarelli ha infatti criticato il gesto della influencer con la frase “la beneficienza si fa in silenzio”, ma, oltre ad aver puntato il riflettore a questo gravoso problema, e non è mai abbastanza, qui non si parla di semplice beneficienza, come dice Antonella Veltri, presidente della rete, ma di un vero e proprio progetto che va a potenziare una rete che lo Stato ha troppo a lungo e troppo spesso abbandonato a sé stessa, nello specifico per contrastare la violenza economica che molto spesso le donne vittime di partner violenti subiscono insieme alla violenza fisica e psicologica.

Quindi Chiara Ferragni è una femminista? Non lo so, ma poco importa. Quello che so è che devolvere il suo compenso alle reti antiviolenza lo è stato, perché contribuirà a salvare qualche donna in più. Quindi Chiara Ferragni ha fatto un gesto femminista, che piaccia o no.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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