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Con “Privacy” Netflix torna a parlare di Revenge Porn.

- 19/06/2022


Non parlo spesso dei prodotti di Netflix e quando lo faccio è perché la serie TV mi ha particolarmente colpita, o che può mandare un messaggio femminista importante (come è successo con Unorthodox due anni fa). Ma con Privacy, serie TV spagnola uscita nel 2022, ho avuto modo di riflettere su un tema di cui scrissi tempo fa, ovvero del Revenge Porn o, più propriamente, la “diffusione non consensuale di materiale intimo”. Dentro l’articolo potrebbero esserci dei piccoli spoiler.

La serie parla della vita di due donne vittime di Revenge Porn, la prima è della candidata sindaca di Bilbao, Malen (interpretata da Itziar Ituño, Rachel della Casa di Carta, meravigliosa anche qui) e la seconda di una giovane operaia, Ane. Quello che accomuna le due donne, le cui vite sono molto diverse, è quello di essere state vittime di questa violenza da poco riconosciuta come tale, ma soprattutto, da poco considerata come reato.

Ane, in seguito alla diffusione, decide di togliersi la vita, stanca di subire i soprusi e molestie dei colleghi (e delle colleghe, che, seppur non contribuiscono alla diffusione del video, non aiutano in alcun modo la vittima, anzi, la colpevolizzano), sfinita dal peso che porta una violazione della privacy tale.
Malen invece, raccontata con la voce di Ane, sopporta la situazione, cercando di tenere in piedi la sua famiglia e la sua carriera politica, che è sull’orlo del baratro, a causa del danno all’immagine che ha subito. All’inizio decide di non denunciare, proprio perché in fondo era ancora convinta di essere colpevole e non vittima, ed è infatti lì che parte la sua lotta contro la violenza subita. All’inizio, aiuta la sorella di Ane, decisa a renderle giustizia, ma successivamente decide di uscire allo scoperto denunciando lei stessa il suo accaduto, con il supporto dei movimenti femministi.

Un tema che in Italia ha fatto molto discutere in passato, sia per la storia di Tiziana Cantone sia per la scoperta dei canali Telegram in cui uomini di ogni età si passavo tramite messaggio materiale intimo di ex e di ragazze minorenne. E Netflix riesce a riportarlo di nuovo in auge e a livello internazionale con una serie di alta qualità, dai toni a tratti cupi e drammatici, ma proprio perché tristemente veri.

Inoltre con Privacy, riusciamo a fare un passo avanti e buttare uno sguardo più ampio nel comprendere il fenomeno del Revenge Porn. Non si riflette solo su quello che accade alla vittima, ma anche a quello che accade di riflesso alla famiglia, al colpevole, che poteva essere più o meno consapevole del reato, a tutte le persone che hanno contribuito alla diffusione del materiale intimo, ugualmente colpevoli, del mobbing e dell’omertà di reazione alla diffusione, le molestie ed infinite l’oggettificazione della vittima stessa.

Intelligente infatti è anche il modo in cui racconta un effetto collaterale comunissimo, ovvero la vittimizzazione secondaria, in cui tutt*, compreso la vittima stessa, pensa che la colpa sia di se stessa per aver acconsentito ad essere stata filmata (o comunque di non essere stata abbastanza cauta) e non di colui che ha effettivamente diffuso il video, mostrando così come effettivamente il sessismo istituzionalizzato, che è parte pregnante della nostra società, ci vuole tutte al nostro posto, sante ma sessualizzate solo quando il dominio patriarcale lo richiede.

Inoltre, Privacy è anche una storia di reale solidarietà femminile: tutte le donne della serie hanno una realistica personalità spiccata e tutte cambieranno in meglio il proprio punto di vista grazie agli avvenimenti. Ma è triste vedere come sia una storia che si evolve solo grazie a loro: le protagoniste si salvano praticamente da sole, e gli uomini sono ancora fermi al contesto patriarcale. I personaggi maschili infatti vengono ritratti tutti come maschilisti, retrogradi e conservatori. Unico personaggio, che rappresenta il vero alleato, l’uomo che riesce a mettersi in discussione e aiuta effettivamente Malen, è proprio il marito, Alfredo, che, dopo una parte iniziale di risentimento, capisce che il suo è solo orgoglio di maschio ferito ma comprenderà, in conclusione, che la moglie è vittima e non “se l’è andata a cercare”, come invece gli altri uomini (e donne) dicono.

Una serie TV complessa, sfaccettata, che riesce a raccontare quello che ad oggi è ancora considerato un tabù. Ma ci riesce con un sollevante lieto fine, facendo sperare che le cose stiano cambiando.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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