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Perché il capezzolo femminile è censurato ma quello maschile no?

- 19/02/2020


Ormai è una cosa nota: se si pubblica sui social una foto di una donna a seno scoperto viene censurata.

L’unico escamotage da parte di fotografi e dei “selfiesti” in erba, è quello di coprire durante lo scatto o in post produzione il capezzolo. Infatti, la censura scatta non tanto per il seno di per se, ma alla vista del capezzolo stesso.

Ma anche l’uomo ha il capezzolo, ed è praticamente uguale a quello della donna… Perché quindi l’uomo non deve nasconderlo (e non solo nelle foto!) e una donna si?

Dunque, esattamente, qual è il problema?

Sicuramente la censura dei social non lo è, semmai è un sintomo e conseguenza di una questione molto più complessa. Ma partiamo dal principio.

Quando si mostra e dove si mostra il capezzolo femminile?

Nelle innumerevoli manifestazioni femministe a cui ho partecipato, ho visto tantissime donne marciare a seno scoperto, con il corpo dipinto, urlando rivendicando i propri diritti. La reazione da parte del “pubblico”, di chi rimaneva a guardare dall’altra parte della barricata, era quasi sempre di indignazione (anche se non la smettevano di guardare!).

Perché queste persone quando guardano il seno nudo su una rivista di moda non provano la stessa indignazione?

Perché una donna nuda sulla rivista non è la stessa donna che si spoglia per esigere diritti. Il seno è lo stesso, ma la finalità nel mostrarlo è completamente diverso, praticamente l’opposto.

La società punta il dito verso chi usa la propria nudità come “arma”.

La nudità come arma?

Esattamente. Quando il nudo non è mostrato per compiacere e con il solo scopo di essere guardato, diventa una vera e propria arma per lottare.

Il patriarcato gestisce l’uso e l’esibizione dei corpi delle donne e determina i contesti e le forme in cui possono usarlo pubblicamente: per la soddisfazione sessuale dello spettatore, e quindi attraverso le riviste di moda e l’erotico (del porno ne parleremo in un altro articolo) oppure per la sopravvivenza dell’umanità, quindi il seno che sfama i neonati.

Il corpo della donna, nella società machista, non esiste in quanto tale, ma solo ed esclusivamente in funzione di qualcun altro. Uomo, nella maggior parte dei casi.

Cosa succede se una donna sceglie invece di mostrare il proprio corpo semplicemente per se stessa? Quindi come arma per combattere ed avere più diritti e per emanciparsi?

Viene censurata (e non solo nei social!), perché deve rimanere al suo posto.

Mostrare dunque le tette (e il corpo in generale) diventa un vero e proprio segno di empowerment, che però una donna non dovrebbe avere. Il corpo della donna che esiste senza lo sguardo maschile lo rende autonomo e libero e questo fa paura. Perché la decisione dell’uso e dell’esibizione di esso non è più del maschio, ma della donna stessa, divenendo finalmente unica e vera proprietaria di se stessa. Se io divento proprietaria del mio corpo sono libera di usarlo non necessariamente per compiacere, soddisfare o convenire al maschio.

La donna è un soggetto politico

È lo stesso ragionamento in cui si legge la libertà di aborto che in questi giorni Matteo Salvini cerca di “sabotare”, indicando l’interruzione di gravidanza come conseguenza di una vita “incivile”. La gravidanza è un evento che avviene nel corpo di una donna e solo la donna stessa può decidere cosa fare su di esso o meno. Non dovrebbero esserci altri diretti interessati. Perché quindi si sentono partecipi di una cosa di cui la loro partecipazione non è (fisicamente) contemplata?

In realtà, quello che dà fastidio non è tanto l’aborto o la legalizzazione del sex working o l’utilizzo del corpo di per se, ma il passaggio della donna da “oggetto politico” in cui è l’uomo che sceglie e decide per loro, a “soggetto politico” e quindi con lo stesso potere decisionale dell’uomo.

Il disagio è la donna libera, autodeterminata, non il seno, perché disobbedisce alle regole predisposte dal patriarcato. Se utilizzi il corpo per lottare per te stessa, o perché semplicemente ti va e non per soddisfare il bisogno altrui, rompi degli schemi che hanno fatto comodo a tutti per centinaia di anni. A tutti, tranne a noi donne.

Concludiamo tornando al capezzolo, che è parte “problematica” (a quanto pare) della nudità della donna.

Genderless Nipples è un account Instagram che posta immagini di capezzoli senza specificarne il genere.

Secondo voi, questi capezzoli sono maschili o femminili? Non si sa, perché il capezzolo, in effetti, non ha genere ( vi consiglio di seguire il profilo Instagram di Genderless Nipples!) Ma se viene visto su un petto maschile non crea problema, ma su quello femminile si. Quindi, in effetti, non è il capezzolo che viene censurato, ma quello che c’è intorno (e dietro).

Come dicevo prima, non è il capezzolo di per se il problema, e la censura è solo un ennesima avvisaglia di una società patriarcale che però, per decenza, oscura tutte le tette sul web senza distinzione alcuna (anche perché non sempre una foto riesce ad indicare la finalità della nudità…).

È la donna libera che viene censurata perché fa paura. Ma vogliono davvero farci credere che il problema sia… un capezzolo.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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