Quello che è successo a Catania due settimane fa purtroppo è noto a tutt*: una ragazza è stata stuprata a Catania da sette persone in presenza del ragazzo, che è stato costretto ad assistere alla violenza.
Sette ragazzi con età compresa tra i 15 e i 19 anni, sono stati accusati per questo crimine. Le indagini hanno proceduto rapidamente grazie alla pronta querela della vittima e alla sua capacità di identificare i presunti aggressori, ma è grazie alla sua forza di denunciare il suo stupro in pubblico e della sistematicità con la quale questo accade, sfondando lo stigma che echeggia intorno a questa atrocità, che l’accaduto ha fatto il giro delle testate ed ha avuto una potente copertura mediatica.
Tanti sono i temi da affrontare di fronte a questa violenza, ma sicuramente bisogna parlare di quanto il femminismo intersezionale, il pensiero che afferma l’interconnessione delle oppressioni della nostra società, possa essere una chiave di lettura fondamentale per capire al meglio il fenomeno della cultura dello stupro.
Chiamare i violentatori come mostri, o sottolineare la loro nazionalità diversa da quella italiana per creare un distacco con loro, ci allontana da un concetto che invece andrebbe ribadito: lo stupratore non è malato, ma figlio sano del patriarcato. Lo stupratore non è una persona così tanto lontana da noi e dal nostro vivere quotidiano, o che vive in un’altra società o addirittura in un altro mondo. Perché siamo tutt* cresciut* in una società patriarcale che ci fa percepire le donne come sottomesse, inferiori o semplici oggetti del desiderio maschile.
È fondamentale inoltre ribadire che l’etnia, la religione, le condizioni socioeconomiche o culturali degli aggressori non possono in alcun modo giustificare o attenuare la gravità di un tale atto di barbarie. La strumentalizzazione politica e xenofoba che talvolta emerge, soprattutto da parte della destra, è riprovevole e inaccettabile. Bisogna combattere la violenza sulle donne e di genere in tutte le sue forme, poiché questa è una piaga sociale che non conosce confini né appartenenze.
Il patriarcato, radicato nella nostra società, alimenta la cultura dello sfruttamento e del possesso dei corpi femminili, promuovendo un maschilismo tossico che danneggia sia le donne che gli uomini. E iniziare a riconoscere che ne siamo tutt* vittim*, è l’inizio della necessaria rivoluzione di genere.