Gli uomini gay e bisessuali nel Regno Unito vengono esclusi da un nuovo studio sul plasma sanguigno per aiutare a curare il coronavirus. Il potenziale trattamento COVID-19, in fase di sperimentazione presso l‘ospedale Guy e St Thomas di Londra, è noto come plasma convalescente e utilizza plasma sanguigno di pazienti che si sono ripresi dal virus, che conterrebbe gli anticorpi necessari per combattere il coronavirus.
A denunciare l’accaduto è stato il direttore di terapia intensiva dell’ospedale, Andy Roberts, che ha dichiarato a ITV News di non aver potuto donare il suo plasma, anche dopo essere guarito dal virus. Roberts ha dichiarato di essere stato rifiutato al termine di una telefonata di 20 minuti in cui gli sono state fatte domande sulla sua sessualità, e pertanto informato di essere escluso dalla donazione perché omosessuale, e quindi appartenente a una delle categorie ritenute “a rischio” dalle linee guida del Dipartimento della Salute.
Queste restrizioni sulla donazione di sangue prevedono che gli uomini che hanno rapporti omosessuali non sono considerati idonei a donare sangue, a meno che non pratichino almeno tre mesi di astinenza da rapporti.
Dura la reazione di Keith Ward, partner di Roberts, che intervistato da ITV ha dichiarato: “Sono molto arrabbiato. Io e Andy siamo insieme in una relazione monogama da più di 30 anni e in precedenza non sapevo di questa scandalosa regola di tre mesi.” e ha aggiunto: “Questo dimostra solamente che nel Regno Unito essere gay è ancora considerata una forma di contaminazione, quindi se sei etero e dormi con una persona diversa ogni fine settimana, sei considerato meno a rischio“.
Laura Russell, referente per la politica di stonewall.org, ha rincarato la dose: “È davvero sconvolgente il fatto che agli uomini gay e bisessuali venga impedito di contribuire alla lotta contro il coronavirus. La decisione se le persone dovrebbero essere in grado di somministrare sangue o plasma dovrebbe basarsi su valutazioni del rischio individuali, non sull’orientamento sessuale delle persone “.
Le linee guida del Dipartimento della Salute affermano che “gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini hanno un rischio maggiore di contrarre determinate infezioni attraverso il sesso”, che potrebbero potenzialmente essere trasmessi durante una trasfusione.
Ma a cosa si riferiscono questi fattori di rischio? Tali restrizioni sono state introdotte per la prima volta al culmine della crisi dell’HIV / AIDS, negli anni ’90, in uno scenario sanitario completamente diverso da quello attuale, in cui l’avanzata tecnologia di screening del sangue rende molto più semplice la diagnosi del virus.
I sostenitori pro LGBT+ sostengono da lungo tempo che il periodo di differimento “discriminatorio” sia rimosso del tutto, in quanto le restrizioni dei donatori basate sulla sessualità non fanno altro che rafforzare gli stereotipi negativi sulle persone gay e bisessuali.
La modifica dei criteri di screening potrebbe quindi evolversi utilizzando un metodo neutro rispetto al genere, basato su una valutazione del rischio personale dei comportamenti sessuali, che sia valido per tutti, come avviene già in Spagna, Portogallo e persino nel nostro paese, l’Italia, dove le persone omosessuali possono donare liberamente sangue e organi già dall’aprile 2001.
I dati del contagio da HIV nel Regno Unito
Ci sarebbe da chiedersi se, dati alla mano, la vita sessualmente attiva degli uomini gay inglesi possa mettere effettivamente a rischio la salute nazionale tanto da giustificare l’astinenza preventiva di un’intera categoria al fine di accedere alla donazione.
Secondo i dati del 2018 diffusi dal Public Health England (il servizio sanitario pubblico inglese) in questo report, intitolato “Trends nelle diagnosi di HIV e nelle persone in cura da HIV nel Regno Unito” si registra una sostanziale parità nei nuovi contagi tra gli uomini gay e quelli eterosessuali.
A fronte di un aumento di 1.908 diagnosi nel 2018 per gli uomini gay o bisessuali o che abbiano fatto sesso con un altro uomo, con un decremento dal picco del 2015 del 39%. Nello stesso periodo, il numero di nuovi casi contratti tra chi ha avuto rapporti eterosessuali è pari a 1.550, mentre nel 2015 erano 2.304: in questo caso la diminuzione nei tre anni di riferimento è addirittura minore, in percentuale, rispetto al totale dei casi relativi ai rapporti omosessuali: 24%.
Possiamo quindi dire che, in misura percentuale, aumenta la consapevolezza del rischio di contrarre HIV tra le persone omosessuali più di quanto non avvenga tra i cittadini eterosessuali, e che 1.908 nuovi casi per uomini gay/bisex a fronte di 1.550 degli adulti eterosessuali non giustificano, in nessun caso, di considerare il la componente lgbt come “categoria a rischio“.
Australia, un anno di celibato per donare
In Australia, per gli uomini gay e bisessuali sessualmente attivi, e le persone transgender che fanno sesso con un uomo, è richiesto un celibato di addirittura dodici mesi per poter donare sangue.
Considerare anche solo parte della comunità LGBT+ una minaccia per la salute pubblica è incomprensibilmente discriminatorio, e inaccettabile per un paese civile.
La Therapeutic Goods Administration (TGA), ente preposto per la donazione di sangue, ha intenzione di ridurre questo periodo a tre mesi, condizione che di certo resta insufficiente per adottare una misura di donazione non pregiudizievole o penalizzante.
Attraverso una petizione online, il sito equalitydiscrimination.org vuole che l’Australia instauri una politica di donazione del sangue che controlli i potenziali donatori dal punto di vista della sicurezza della propria attività sessuale, non da quello del genere del loro partner sessuale.
In Brasile la Corte Suprema condanna la discriminazione
Vittoria invece in Brasile, dove proprio in questi giorni la Corte Suprema ha annullato le restrizioni per la donazione di sangue delle persone omosessuali.
Come riferisce Reuters: “Dopo quasi quattro anni in tribunale, sette degli 11 giudici della Corte Suprema hanno votato venerdì per cancellare le linee guida che vietavano agli uomini gay sessualmente attivi di donare sangue per 12 mesi, ponendo fine a qualsiasi tempo di attesa. La Corte Suprema ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto, che ledeva la dignità umana fondamentale degli uomini gay e bisessuali“.
Astensione anche negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, la FDA (Food and Drug Administration) ha recentemente allentato la sua politica restrittiva, ma agli uomini gay e bisessuali è ancora vietato donare sangue – e plasma – a meno che non si astengano dal sesso per tre mesi. Il precedente periodo di differimento era di un anno.
Nonostante questo, sono molte le banche del sangue che rifiutano le donazioni di uomini gay e bisessuali, anche con le restrizioni allentate.
Si ringrazia per la collaborazione e traduzione testi dall’inglese Chicco Grassellini