L’amore ai tempi del colera è un titolo che, in questo momento, mi sembrerebbe decisamente più allegro.
Auto-convivenza forzata senza la possibilità di evadere, né da casa né da se stessi… peccato per la presenza massiccia di mezzi di comunicazione come Skype, Hangouts, Whatsapp, Facebook e il nuovo trend Zoom (e i vicini rumorosi).
Immaginavo una situazione di eremitaggio, di isolamento totale, un ritiro meditativo nel quale scoprire nuove parti di me, fantastiche risorse e raggiungere perfino l’illuminazione.
Al mio sesto giorno di quarantena non è avvenuto nulla di tutto ciò. Mi dico che avrò ancora molti giorni a disposizione per approfittare asceticamente di questo isolamento ma.. già vedo l’aperitivo organizzato su Skype, con amici che non vedo da anni, strizzarmi l’occhio. O le sessioni di yoga, che non ho mai praticato, attirarmi su Zoom come le sirene di Ulisse.
Per non parlare dei piatti nel lavabo che reclamano la mia presenza.. ah no, questo valeva anche prima della quarantena!
Distrarsi da sé è qualcosa che è possibile fare ad ogni latitudine ed in qualsiasi condizione a quanto pare. Sostanzialmente, a parte le passeggiate senza meta per il quartiere, la metropolitana per andare allo studio, la pizza e il cibo thai a domicilio, qualche sporadica ma arricchente uscita con gli amici e la spesa fatta quando ne ho voglia… non è cambiato molto.
Sicuro, però, mi trovo a riflettere e a fare i conti con situazioni che, con la possibilità di movimento, risultavano essere “temporanee”. Ora non lo sono più.
Adesso vivo in un unico enorme dilatato momento, un costante presente, spesso uguale a se stesso. E se è vero che l’unico momento esistente è ora, beh.. allora questo mi porta a riconsiderare in maniera radicale le mie scelte e il mio stile di vita.
Adesso non posso più reputare temporaneo vivere in 35 mq (soppalco incluso); non è più temporaneo avere un’ora di sole al giorno; non è più temporaneo ascoltare i litigi di tutto il vicinato; non è più temporaneo affacciarsi e vedere, come unico paesaggio, il soggiorno degli studenti fuori sede che vivono nel palazzo di fronte.
In una situazione come quella che stiamo vivendo in questo periodo, l’impossibilità di muoversi, di cambiare aria, di andare via da una situazione quanto meno fastidiosa o scomoda mi mette in contatto con le scelte che finora ho fatto e che, con la garanzia della libertà di movimento, ho sottovalutato, reputandole, per l’appunto, temporanee e facilmente superabili, evitandole momentaneamente.
Pensavo che, in una condizione come questa, avrei fatto i conti in maniera violenta con la solitudine. Beh, no. Da quando vivo sola, non sono mancati attimi di strazio, sprofondamenti nella disperazione più totale,
mancanza di senso, pianti senza fine e domande esistenziali (a cui non ho ancora trovato risposta). Ma credo che tutto questo mi sia servito, e mi serva, per affrontare più serenamente – per quanto possibile – questa fase di isolamento. Questo periodo mi sta aiutando a rendermene conto.
Ho imparato, nel tempo, a farmi compagnia. Come una madre amorevole (nelle giornate buone) con il proprio figlio.
Credo sia questo di farsi compagnia e ascoltarsi, assieme a della buona musica, a delle letture interessanti, a qualche meditazione, a un bicchiere, o due, di buon vino e a qualche chiacchiera sui social che ci può permettere di transitare in questa fase senza perderci, senza perdere il contatto con noi stessi, col nostro intimo profondo. Perché è da lì che dovremo rinascere.
a cura della Dott.ssa Marina Noviello, psicoterapeuta