È una realtà nata nel 1989 quella di Azione Gay e Lesbica. Trent’anni di lavoro sul territorio che ne hanno fatto un irrinunciabile punto di riferimento, a Firenze e in tutta la Toscana, per promuovere la pari dignità e i diritti per il mondo lgbtqi. A raccontarci l’attività di Azione Gay e Lesbica è Valeria Santini, membro del consiglio direttivo dell’associazione e direttore artistico delle serate NCS – Necessariamente, di cui Bearslicious è partner sostenitore. presso l’auditorium FLOG di Firenze.
Come nasce il progetto Azione Gay e Lesbica?
Azione G&L nasce nel 1989 dai primi gruppi omosessuali presenti sul territorio come aggregazioni universitarie e collettivi, e si costituisce come circolo arcigay, diventato successivamente arcigay-arcilesbica, mentre dal ‘96 si è costituito come associazione autonoma uscendo dal circuito arcigay.
Trent’anni fa i presupposti dell’associazionismo erano profondamente diversi da quelli di oggi, quali erano gli obiettivi preposti all’epoca?
Nasciamo in un tempo in cui pregiudizi e discriminazioni erano più pesanti di adesso, pertanto i nostri obiettivi principali erano fare politica antidiscriminatoria e creare contesti e spazi di aggregazione, che erano pochi e di difficile realizzazione.
Oltre a questo era importante fare informazione: all’epoca si lavorava molto sul discorso AIDS e avevamo predisposto un consultorio con professionisti che collaboravano con noi.
Come si è evoluta la vostra azione sul territorio?
Abbiamo seguito due canali: uno relativo all’azione locale e uno più legato alla politica nazionale.
Dal punto di vista locale abbiamo lanciato progetti nelle scuole, progetti in collaborazione con la comunità europea di informazione e sensibilizzazione degli operatori socio sanitari e insegnanti, fatto campagna informativa sul sesso protetto con distribuzione di preservativi, e promosso varie pubblicazioni rivolte agli adolescenti, dalla presa di coscienza del proprio orientamento sessuale fino al coming out.
Oltre a questo organizziamo attività aggregative come incontri in sede, aperitivi, convegni, fino a progetti che sono cresciuti nel tempo e che portiamo avanti da diversi anni, come le serate FLOG.
Dal punto di vista nazionale abbiamo partecipato negli anni alla realizzazione di moltissime iniziative come settimane lesbiche, convegni, pride, partecipato a coordinamenti nazionali e sostenuto iniziative di altre realtà come ad esempio il festival Mix di Milano di cinema gay e lesbico e quello di Immaginaria, il Campo Lesbico di Agape, ecc.
Cosa sono le serate FLOG?
Le serate che organizziamo con il marchio NCS alla FLOG sono una realtà che va avanti da 25 anni. Lo scopo è quello di creare un evento aggregativo che sia un po’ diverso dai locali commerciali del settore, per cui proponiamo contenuti meno stereotipati e cerchiamo di coniugare il divertimento ad alcuni temi per noi fondamentali come la visibilità, una visione più rispettosa dell’identità di genere, e così via. Ovviamente tutti gli introiti servono a finanziare l’associazione, ci permettono di mantenere la sede aperta, organizzare convegni e campagne di visibilità.
Hai parlato di attività nelle scuole: hai notato cambiamenti nella risposta degli studenti negli anni?
L’attività nelle scuole è molto cambiata nel corso degli anni perché è cambiato l’approccio dei ragazzi nei confronti della tematica, è stato un processo molto interessante da seguire. 20 anni fa il solo fatto di essere omosessuali bastava per essere lì, dimostrare di esistere e di non avere 4 gambe, non essere alieni. Oggi quella fase è superata, i ragazzi vivono l’omosessualità anche in famiglia con parenti e amici già dalle scuole medie, pertanto le domande sono molto più specifiche.
Ci viene chiesto delle unioni civili, delle adozioni, vogliono conoscere la ragione di certe rivendicazioni, fanno domande perché molti aspetti della nostra realtà non sono conosciuti, ma si è sicuramente passati ad un livello di consapevolezza maggiore. Inoltre adesso si lavora molto e si discute sugli stereotipi di genere, cosa deriva dall’associare alcuni aspetti del maschile o femminile, e così via. È anche molto più semplice andarci, nelle scuole. Dalle assemblee agli incontri nelle classi, ci chiamano spesso o quantomeno più di prima.
Avete mai subito pressioni o rimostranze da parte di alcuni genitori contrari alla vostra presenza nelle scuole?
Beh sì, è capitato che qualcuno dei genitori non volesse che i propri figli assistessero ai nostri incontri. Oggi comunque siamo coinvolti da insegnanti o dirigenti scolastici per progetti d’istituto anche importanti, alcuni dei quali hanno visto il coinvolgimento di scuole di tutta la Toscana. Perciò, col placet della scuola, una volta coinvolti presidi e insegnanti, i genitori non possono fare poi molta opposizione. Solo una volta, in una scuola, un gruppo di genitori ha chiesto di non distribuire i nostri materiali informativi.
È stata una richiesta accolta?
Sì, per non creare troppi problemi.
Sul vostro sito internet c’è un’area molto interessante, il “Centro di documentazione”. Ci vuoi dire in cosa consiste?
È una specie di biblioteca che si è formata nel corso del tempo con acquisizioni continue, mirata alla disponibilità di testi di non facile reperimento. Abbiamo quindi molti saggi, pubblicazioni straniere, riviste specializzate e quello che si definisce “materiale grigio”, ossia documenti scritti per i convegni, flyer stampati da diversi gruppi e associazioni, testi redatti per i Pride… è materiale d’archivio, spesso in copie uniche, che abbiamo digitalizzato proprio perché non vada perso. Inoltre ci sono molti film, dvd, abbiamo tutto informatizzato e quindi l’archivio è consultabile online. Gli interessati possono cercare i titoli e poi venirli a consultare presso la nostra sede. Oltre a questo ci sono anche le nostre pubblicazioni.
Ovvero?
Un paio di anni fa abbiamo finanziato una serie di scritti, reportage, saggi, con l’intenzione di mettere a disposizione del materiale che non avrebbe avuto altra modalità di diffusione. C’è davvero di tutto, da pubblicazioni varie sulla tematica lesbica ad altre che raccolgono saggi o cose introvabili. Si tratta di materiale realizzato dai nostri iscritti ma anche ripubblicazioni di opere altrui.
Alla luce di tutto questo, quanto è importante parlare di associazionismo nel 2018?
L’associazionismo, in parte, può sembrare che abbia fatto il suo tempo perché una serie di conquiste ci sono state, ma realisticamente, e soprattutto se confrontiamo la nostra realtà con quella degli altri paesi, o semplicemente paragonandoci ai cittadini eterosessuali, ci rendiamo conto che di lavoro ce n’è ancora tanto da fare. Quella che mi preoccupa è una percezione errata che gli omosessuali talvolta hanno di aver ormai ottenuto tutti gli spazi e i diritti. Questo purtroppo è vero solo in parte. Firenze è un’isola felice rispetto al resto d’Italia ma gli obiettivi raggiunti sono davvero parziali. Abbiamo ottenuto le unioni civili, ma la stepchild adoption ad esempio? C’è ancora tanto da fare: contano la visibilità quotidiana e il lavoro quotidiano. Anche come associazione, la visibilità è fondamentale: affermare che tu esisti non è un dettaglio.
Quanto è importante che per raggiungere questi obiettivi le associazioni facciano rete?
È fondamentale, assolutamente. Anzi, secondo me una delle pecche del movimento è che è troppo frammentato. Finché ci si muove in un ambito di intervento locale, tutto funziona. Quando però si propongono azioni di più alto livello, al fine di promuovere un cambiamento più generale, si dovrebbero avere le capacità di trovare punti comuni e smettere di coltivare i propri orticelli. Questo fa, o farebbe, la differenza, perché un movimento incisivo è un movimento nazionale.
Tra qualche settimana gli italiani saranno chiamati alle urne per eleggere un nuovo parlamento. Al di là dei risultati, quali sono i punti fermi che il movimento dovrebbe porre come questione fondamentale nella prossima legislatura?
L’abbattimento delle discriminazioni a monte. Non deve più bastarci mettere una pezza per farci sembrare un po’ come gli altri. Il matrimonio egualitario rispetta tutti i cittadini, mentre le unioni civili sono una versione alternativa per persone di serie b. Per carità meglio di nulla, la legge Cirinnà ci ha migliorato la vita, ma questo concetto di tolleranza ci mette già su un altro piano rispetto a quello sul quale meritiamo di essere. Ammesso questo, tutto migliorerebbe di conseguenza. Ma mi rendo conto che per il momento è un discorso abbastanza utopistico.