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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena -Giorno 36-


Trentaseiesimo giorno di quarantena.

Se non ve ne siete accorti oggi è lunedì.

Un nuovo lunedì domestico per i più.

Iniziamo ad invidiare netturbini, vigili e chi ancora ha diritto ad una boccata d’aria. Fortuna vuole che la meteorologia lombarda oggi aiuta. Il cielo grigio ed una pioggerillina intermittente sciacquano via qualunque desiderio di evasione casalinga.

La Signora Luigia, ottuagenaria vicina di casa, che mai avevo incontrato prima, mi informa di quanti “stornelli” (merli in dialetto lombardo) stanno pattugliando il suo ciliegio.

Fanno il picchetto d’onore ai miei mori di Cazzano…. stanno contando i frutti per mangiarli. Se solo il mio Giorgio fosse qui, li scaccerebbe tutti, ma è morto la settimana scorsa”

“Mi dispiace Signora condoglianze…”

Era bello e svelto anche se un po’ vecchiotto…”

“Mi spiace… non avevo capito che fosse morto suo marto Signora Luigia….”

Ma che marito… quel porco del Tùnin è da febbraio che non fa niente e sta sulla poltrona a veder la televisione” gira la testa dentro la stanza e grida “Porco!” rifà capolino e dice “Il Giorgio era il mio gatto rosso! È crepato di vecchiaia! Poverino…”

Arrossisco malamente e saluto la signora Luigia che continua a fare da cecchino contro gli “stornelli”.

Inizio a lavorare con le videocall ma noto immediatamente che la connessione va a rilento. Anche i miei colleghi notano la stessa cosa. Anche cambiando programmi o app riusciamo a comunicare con le voci da robocop.

Lo smartworking implica l’uso massiccio della rete che, data l’emergenza, si è vista ingolfata negli ultimi giorni. Nonostante la Lombardia sia cablata come Palo Alto in California, il fabisogno di upload e download sta mettendo a serio rischio il sistema di telecomunicazioni. Nessuno era pronto a questo. Abbiamo dovuto reinventare la modalità lavorativa. Devo ammettere che la creatività non ci manca.

Oggi, finalmente, iniziamo a cogliere i frutti della quarantena. Contagi e ricoveri si stanno stabilizzando. È comunque molto alto il numero di persone contagiate, ma almeno, riusciamo a percepire un raggio verde-speranza che illumina il futuro prossimo.

Consultando un quotidiano on-line , Internazionale, che traduce articoli giornalistici da tutto il mondo, oggi riporta il commento puntuale ed analitico della radio “France Inter” di Pierre Haski. Scopro dei ragionevoli dubbi circa il computo esatto dei morti in Cina. Attualmente la stampa italiana è ubriaca di “volemose bbene ai cinesi!” tronfi ed entusiasti del fatto che medici, mascherine e macchinari siano arrivati prima di quelle dei fratelli europei, tanto da non indagare in maniera algebrica le urne cinerarie di Wuhan in relazione all’emergenza coronavirus. Haski sostiene che se la Cina avesse comunicato i dati in maniera più rigorosa probabilmente media, opinione pubblica e politica avrebbero fiutato questa orribile pandemia, favorendo comportamenti e decreti più drastici affinché le perdite fossero più contenute.

È assai improbabile cercare di pretendere qualcosa da uno stato nazionale grande come un continente e popolato come tre “Europe”. Di dubbi e di conteggi dovremmo chiedere anche ai tedeschi e ai russi dato che qualcosa non quadra rispetto alle statistiche italiane, spagnole e francesi.

Che il coronavirus prediliga le lingue neolatine?

Assai improbabile. Più probabile è l’idea di celare i dati reali per non far impazzire le borse ed evitare tracolli.

Ecco, ci risiamo, il limite della nostra epoca è proprio questo: il profitto vale più della vita delle persone. E non saranno sicuramente i Cinesi o i Tedeschi a farci cattiva scuola in questo.

Ne sanno qualcosa gli abitanti di Taranto, della Terra dei Fuochi e della Bresciana ancor prima del coronavirus.

A conti fatti, parlando sempre di morti, il primato non spetta al virus all’interno del pipistrello di bosco servito in tartàre mangiato da qualche Cinese… i dati sulle morti riconducibili all’attività umana e al malaffare del Bel Paese uccidono molto di più.

Ed ora mi metto alla finestra a contare anche io gli “stornelli” come la signora Luigia.

In Memoria de “Il Giorgio” il gatto acchiappa “stornelli” della Signora Luigia
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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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