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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena. -Giorno 11 –


Oggi è l’undicesimo giorno di quarantena.

Ma è anche giovedì: che per me significa tandem linguistico italo-cinese.

Cosa fare in questo periodo grigio e noioso quando sai che i tuoi nuovi amici cinesi non possono andare all’università e al massimo passeggiano in parchi vuoti?

Una Gita!

Si, cari lettori, oggi ho deciso di portare i miei amici orientali a Venezia. Ho anche io la necessità di interromere questa nuova routine e, come ho già scritto qualche giorno fa, praticamente sono innamorato del veneto e soprattutto dall’immensa meraviglia che è Venezia con la sua Laguna.

Arrivati nel capoluogo veneto ho subito l’impressione che qualcosa sia momentaneamente cambiato. Infatti arrivati al Piazzale Roma sembrava di essere arrivati ad Isernia a novembre. Timidissime signore col carrellino della spesa attendono il tram. Il tumulto di turisti è veramente poco tangibile.

Ho perso il conto delle mie visite a Venezia,ma questa è la prima volta che mi capita di vederla così poco affollata. Non c’è coda nenache per prendere il vaporetto.

Veniamo raggiunti da Nunzia Di Francesco, una mia stimatissima e talentuosa amica di Monteodorisio che studia all’università Ca’ Foscari e, come me, ha deciso di non tornare in Abruzzo per prudenza.

Mentre saluto Nunzia, notiamo una meravigliosa immagine che credo entrambi stamperemo nella nostra memoria: lo sguardo pieno di estasiata meraviglia di Clarence e Jason che colora il loro viso mentre attraversiamo canali e spieghiamoloro la storia della Serenissima.

Venezia è unica al mondo, è un tesoro di inestimabile valore.

Oggi però vederla quasi vuota provoca un effetto di smarrimento, ma, per fortuna ci fa godere pacatamente delle sue bellezze, illuminata da un sole quasi primaverile.

Camminando però cade subito all’occhio il fatto che moltissimi esercenti hanno deciso di chiudere i loro negozi. Centinaia i cartelli con sopra scritto come un mantra “Chiuso per ferie”.

Il coronavirus è anche questo: sta bloccando l’economia di tutti!

Fortunatamente, però, in Campo San Tomà, troviamo un negozio aperto, e che negozio. La Bauta è un laboratorio di maschere di cartapesta realizzate a mano. Esempio di quell’artigianato italiano, quel made in Italy di cui tutti noi dovremmo andar fieri. I miei amici cinesi iniziano a fare i giapponesi: in meno di due minuti fotografano qualunque pezzo esposto. Soffermo la loro attenzione su una maschera storica veneziana: Il Medico della Peste.

Io e Nunzia raccontiamo loro la stotia di questa singolare maschera, quantomai attuale in questo periodo.

L’uso di rudimentali maschere protettive è attestato a partire dal XIV secolo quando i medici, durante le epidemie, iniziarono a indossare particolari maschere a forma di becco, tenute ferme alla nuca da due lacci. Spieghiamo loro che durante la “peste veneziana” i Dottori dei cataplasmi e dei salassi indossavano anche una veste idrorepellente in tela cerata lunga fino ai piedi, comprensiva di guanti, scarpe e cappello a tesa larga.

La maschera era una sorta di respiratore: aveva due aperture per gli occhi, coperte da lenti di vetro, due buchi per il naso e un grande becco ricurvo, all’interno del quale erano contenute diverse sostanze profumate (fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio e, quasi sempre, spugne imbevute di aceto).

Lo scopo della maschera era di tener lontani i cattivi odori, all’epoca ritenuti, secondo la dottrina miasmatico-umorale, causa scatenante delle epidemie, preservando chi l’indossava dai contagi.Come accessorio, inoltre, esisteva un bastone speciale, che i medici utilizzavano per esaminare i pazienti senza toccarli, per tenere lontane le persone e per togliere i vestiti agli appestati.

Insomma , un metodo di trattare i malati da suggerire al governo del Turkmenistan per la sua efficacia e l’indubbia profilassi dei sanitari.

Chiediamo alla signora del negozio come stiano andando le cose. Ed apprendiamo che in queste settimane del noto carnevale, dove tutti gli anni c’era il picco di presenze e vendite, praticamente tutti hanno risentito di questa batosta.

In pochi abbiamo il coraggio di aprire” dice “fortunatamente noi reggiamo ancora il colpo perchè vendiamo anche on-line… altrimenti avremmo dovuto chiudere… spero che tutto si risolva presto. Solo mia nonna si ricordava di Venezia vuota: durante la guerra…

Ovviamente non potevo esimermi da non riportarmi un ricordino: la maschera del dottore della peste deve essere mia!

Colgo l’occasione al balzo per trasformarmi in Medico del Coronavirus a Venezia dato che quest’anno ho saltato il carnevale.

Continuiamo a camminare. Gondolieri a terra ci vedono passare ma girano lo sguardo come se fossero impauriti da qualcosa.

Nunzia dice: “Siamo gli unici passanti: un Medico della Peste, una terrona e due cinesi a Venezia durante l’emergenza coronavirus. Sembra l’incipit di una barzelletta....”

Decido di riporre la maschera.

Arriviamo a Piazza San Marco. Senza tavoli né violinisti. L’atmosfera è irreale anche perchè è una splendida giornata.

Continuiamo il nostro tour pranzando in una cicchetteria dove Clarence e Jason assaggiano per la prima volta uno spritz ed il baccalà!

Avete presente lo stupore delle teenagers quando vedono alla Tv il loro cantante preferito? L’entusiasmo dei cinesi nei confronti del baccalà veneziano è identico a quello di mia cugina nei confronti di Salmo… lacrime di gioia!

Riprendiamo l’ultima passeggiata. Bisogna ripartire. Salutiamo Nunzia.

dav

Questi giorni ce li ricorderemo tutti. In tutta Italia. In tutto il mondo. Dobbiamo arginare i danni collaterali dell’epidemia!

Lascio nuovamente a Venezia un pezzettino del mio cuore abruzzese: è sempre un arrivederci!

Faccio mie le parole di Amedeo Modigliani su questa città.

Lastra commemorativa di Modigliani a Venezia
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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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