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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena. -Giorno 2 –

Oscar Innaurato tempestato di chiamate per il coronavirus


Dopo quasi quarantotto ore la situazione non è cambiata di molto. Qualche nuovo caso di contagio ed un numero esagerato di programmi TV che alimentano il panico nazionale.

Già, il panico nazionale.

Infatti come se non bastasse nelle ultime ore ho ricevuto un quantitativo di messaggi e telefonate un po’ da tutta Italia per chiedermi news ed informazioni su quale sia la mia condizione di salute.

Ma state bene?”; “Abbiamo paura per voi al nord…” come se il Nord italia fosse stato invaso come la Polonia il 1° settembre del 1939 .

Tra una telefonata ed un’altra leggo in continuazione le più bizzarre ordinanze sanitarie prese nei confronti delle persone che risiedono in Lombardia e Veneto. I treni vengono bloccati al Brennero. La Romania ha chiuso i voli con i vettori del Nord Italia e la Gran Bretagna ha posto in quarantena soggettiva chi proveniva dalle regioni-focolaio italiane. Come se non bastasse si sono succedute le bizzarre notizie di altre regioni italiane: Puglia e Basilicata indicano di comunicare alle Asl territoriali se si è stati in Lombardia e Veneto negli ultimi 14 giorni, e , caso più eclatante di tutti: il Molise.

Il Molise si è barricato nei propri confini vietando l’ingresso. Sono convinto che anche il Coronavirus abbia provato ad entrare in Molise, non trovando nessuno da infettare.

Robe da pazzi.

Torniamo però allo stalking telefonico e benevolo delle persone che conosco.

In particolare mi riferisco alla chiamata ricevuta qualche ora fa da Zia Marietta. 86 anni, mia vicina di casa in Abruzzo. Un metro e quaranta di paffutissima benevolenza e immancabile baffo alla Frida Kahalo.Non sapevo neanche avesse un cellulare. Non sapevo neanche che avesse il mio numero.

“Zia Marietta! Come va?”

“Come va?! Lo devo chiedere io a te. Come va? Ti hanno ricoverato allo ‘spedale?”

“No zia Marietta io sto bene!”

“Ma non stai male quinTi?”

“No sto bene, sto bene!”

“Ma tu devi stare male. Ho senDito alla Telivisione che state male all’Altitalia…”

“No, ma è solo qualche caso!”

Non so per quale oscura ragione del caso, ma sta di fatto che mi sia partito un involontario colpo di tosse al telefono.

“Ecco lo vedi. Ti stai ammalanTo pure tu! Non è che mi contatti il germe al telefono?”

“Za Marietta mi è andato storto qualcosa…”

“No! Quess è il coronavis… viru…. visus. Ecco te lo avevo detto io: voi state tutti male!”

Per quanto abbia tentato di far percepire la mia sana e robusta costituzione a Zia Marietta, non so se i miei tentativi abbiano sortito l’effetto. Probabilmente a breve lo scoprirò dato che il telefono senza fili nei paesini funziona benissimo.

Ad ogni modo questa telefonata mi ha fatto riflettere molto sulla comunicazione e del potere infinito che hanno i mass media in questo momento. Inoltre congreghe di mitomani stanno imperversando in rete facendo prolificare numerosissime fake news per il puro gusto di specularci su.

Altro argomento ricorrente nelle varie chiamate che mi sono arrivate è stato: “Perchè non torni giù?

Io ho deliberatamente scelto di rimanere in Lombardia. Il mio buon senso mi dice che potrebbe essere più grave tornare nel mio paese d’origine: Gessopalena. Io sto benissimo. Ne sono sicuro anche senza tampone, ma se fossi portatore sano o se il coronavirus fosse in incubazione nel mio corpo? Traghetterei l’indisturbato agente patogeno in uno dei posti con più alta densità di persone over 80 d’Italia e del Mondo.

Non voglio assolutamente fare il cavallo di Troia.

Il martellante “Perchè non torni giù?” inoltre mi ha reso più chiaro un comportamento umano di assoluta verità. Nessuno di noi desidera morire e, nel caso di manifesto pericolo, cerca di sfuggire dalle potenziali cause di morte: malattie, guerre, terremoti e siccità.

Il Coronavirus spero porti con se una grande dose di empatia da elargire a chi, fino a ieri, continuava a monopolizzare la bacheca delle notifiche con post e messaggi contro i migranti e quelle popolazioni che, come noi ora, sfuggono quotidianamente da epidemie guerre e catastrofi. Non sto qui a banalizzare il problema ma solamente ad auspicarmi umana empatia per i mesi futuri.

Squilla di nuovo il cellulare.

È mio padre.

“Wuè Papà!”

“Ciao, senti, ti ricordi dove ho messo i documenti dell’assicurazione?”

“Papà, non torno da Natale a casa. Non lo so! Pensavo mi chiedessi del coronavirus…”

“Dai, sono tranquillo. Tanto tutti, in un modo o nell’altro, dobbiamo morire”.

Sezione 3D del Coronavirus
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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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