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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena. -Giorno 20-


Ventesimo giorno di quarantena.

Gli indicibili effetti di questa vita obbligatoriamente casalinga iniziano a vedersi.

Da giorni mi sento come “Mimma la Pazza” cercando di alternare location in casa per non annoiarmi troppo. Ho iniziato a fare un time table di tutte le attività possibili. Ho abolito volontariamente la TV per non lasciarmi condizionare dall’ansia mediatica.

Oggi, anche le altre nazioni hanno iniziato a prendere provvedimenti. L’Italia non è più l’unico paese occidentale appestato. Il governo spagnolo ha deciso di adottare le stesse misure italiane. Era ora. I cugini d’oltralpe, invece, cautamente hanno rinviato qualunque decreto a lunedì… in Francia si vota… ed un voto val bene un contagio…

Avendo dedicato del tempo al web , oggi ho scoperto che delle persone in giro per il mondo hanno iniziato a creare dei metodi fai da te per eseguire una presunta profilassi contro il coronavirus.

Già vi avevo parlato del rimedio del governo del Turkmenistan: stanno incendiando tutti gli alberi d’acacia della desertica nazione dell’Asia centrale. Oggi ho scoperto, invece, il rimedio indiano contro l’agente patogeno che sta contaminando il mondo.

A Nuova Delhi hanno organizzato il più grande “urina-party” della storia indiana. Pare che, senza alcuna ricerca scientifica, bere l’urina delle vacche sacre crei una barriera al coronavirus.

Attualmente la situazione contagi in India è ancora bassa, per fortuna, ma se le contaminazioni e i contagi aumenteranno è inevitabile il tracollo dello stato-continente che conta un miliardo e mezzo di abitanti, dove più del 60% della popolazione vive sotto la soglia della povertà.

Il Times indiano ha comunque diffuso questa notizia degli urina- party intervistando anche uno dei santoni fachiri, Om Prakash, che avrebbe affermato: “Abbiamo bevuto urina di mucca per 21 anni, facciamo anche il bagno nello sterco di vacca. Non abbiamo mai sentito il bisogno di consumare medicine inglesi”.

un urina party in india

In altre nazioni la creatività farmaceutica non è stata da meno.

In Iran sono migliaia le morti da intossicazione di alcool puro. Il paese è già fortemente contagiato da coronavirus e la tenuta della sanità sta vacillando. Tra la popolazione si è diffusa la credenza che bevendo alcool puro si crei uno schermo contro il Covid-19.

Ma veniamo al bel paese. Anche noi non ci siamo fatti mancare “i rimedi della nonna” contro il coronavirus. Sicuramente non disgustosi e nocivi come quelli di Iran e India. Via whatsapp è rimbalzata la notizia che bevendo litri di tisane calde si neutralizzi il virus, oppure che assumendo vitamina C si creino anticorpi.

Nulla di scientificamente provato, ovviamente.

Attualmente non esiste alcuna cura al coronavirus. Epidemiologi, virologi e biologi stanno lavorando notte e giorno per cercare un vaccino. È una corsa contro il tempo di cui, mi auguro, presto vedremo la fine. Fino a quando non sarà identificato alcun farmaco è opportuno seguire le norme igieniche consigliateci dai medici.

Poi se credete che la barra di ricerca su Google sia più affidabile di una laurea in medicina, fate pure. Darwin aveva ragione: in qualche modo anche gli esseri umani seguono la legge universale della selezione della specie.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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