Trentacinquesimo giorno di quarantena.
Infelici assistiamo alle diatribe internazionali del vecchio continente. Il premier Giuseppe Conte, a reti unificate, assieme al tutt’altro che affascinante Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri e, in videocollegamento, il Presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha annunciato un provvedimento immediato per i cittadini con reddito bassissimo che dopo un mese sono rimasti senza pane.
Per “alleggerire” la macchina burocratica ha delegato i sindaci nella distribuzione a pioggia di questi “bonus alimentari”. Ammetto che è indubbia l’urgenza e la fame di molti, ma questa modalità scelta sembra quasi la copia moderna dei “cornetti di Maria Antonietta”. Le alternative erano poche ma forse questa è la più rischiosa. Gli amministratori locali, relegati al ruolo di amministratori di palazzo da diversi anni, dovranno affrontare in prima persona le modalità di distribuzione. Esattamente come quando si distribuiscono le case popolari…. prevedo che in pochi giorni riemergerà dagli abissi la propaganda sovranista che sazierà le pance frustate dell’italiano medio!
Prima gli Italiani nella distribuzione alimentare… come se la fame avesse una nazionalità.
A sugellare poi il malcontento pandemico è stata la sequenza di orribili affermazioni da parte della Ursula Europea e, a cascata, dei potenti tedeschi ed olandesi. La diatriba Nord- Sud Europa si è accesa, ma questa volta senza margini temporali. In soldoni sta accadendo che Italia, Spagna e Portogallo in primis vorrebbero che il debito pubblico che inevitabilmente si sta creando venga tutelato da una rete di salvataggio, gli eurobond, una garanzia che l’Unione Europea mette ai debiti nazionali. Ovviamente la Germania e l’Olanda hanno risposto picche alimentando le frizioni diplomatiche.
Il nervo scoperto della disfunzionalità dell’Unione, tanto criticata da Londra, finalmente è venuta fuori come un purulento ed inestetico brufolo.
Attendiamo pazienti i rapidi sviluppi.
Medito sulle vicende internazionali e leggo libri per non affossarmi sulle paludi dell’incertezza di quest’epoca.
Intanto è cambiato l’orario: il micro jetlag marzolino di solito tira brutti scherzi.
Mi addormento profondamente e faccio un sogno di fantozzana memoria.
Ero a Gessopalena, d’estate, con la mia amica Cecilia. Camminavamo frettolosamente nella via di casa mia che conduce verso la strada principale. Veniamo fermati dal suono del turbinio di una mini tromba d’aria apparsa vicino casa. Ai piedi del microtornado un uomo vestito di bianco. Avvicinandoci capiamo essere un prete ortodosso barbuto. Il vicinato si affaccia dalle finestre e dai balconi. Dalla colonna di vento appare la sagoma giunonica di una donna dai capelli neri di bianco vestita che allarga le mani. Maria, la mia vicina di casa urla “La Madonna!”. Tutti si prostrano alla mariofania. Io mangio una mela e Cecilia stappa una bottiglia di birra. Brindiamo al miracolo e ridiamo. Ad un certo punto si levano voci all’unisono. Da Maria a Za Carmela intonano un mantra buddista: “Nam myoho renge kyo!” allibiti io e la mia amica assistiamo a questo incredibile siparietto sincretico che mi irride e mi spaventa. Mi sveglio di soprassalto.
Forse ho sbagliato lettura serale. Avrei dovuto vedere Maria de Filippi per far sogni meno complessi.
Questo mio sogno però mi ha dato il La ad un ragionamento fatto di sincretismi storici e di cambiamenti di paradigma. – Personalmente convivo da spettatore nell’assistere agli eventi religiosi apprezzandone sempre il lato folkloristico e meno quello metafisico-
Pensando agli ultimi avvenimenti diplomatici mi sono accorto che stiamo tentando di curare questo nuovo male, non mi riferisco al coronavirus, con metodologie vecchie ed inefficaci per quello che sicuramente avverrà.
Mi spiego meglio. La pandemia ha accellerato rapidamente il decadentismo del sistema neoliberista di questi ultimi ventanni spolpando i sistemi nazionali, privatizzando qualunque servizio statale (dall’acqua alla sanità, dal Manzanarre al Reno) tutti gli stati del vecchio continente. Alla crisi economica “virulenta” del 2008 abbiamo risposto americanizzandoci sempre di più.
In Italia è sorto il governo dei Professori con Mario Monti come portabandiera del risanamento dei conti e con la tessera del gruppo Bilkembergs in tasca. Allo stesso modo tutti gli stati dell’unione hanno adottato misure austere di contenimento del debito mandando in allo sfacelo la Grecia, attuale schiava economica dei “fratelli europei”, e tutto il welfare di qualunque stato.
Insomma, la cittadinanza tutta ha dovuto rimediare alle volperie dei cervelli finanziari americani che hanno messo in caduta libera l’economia globale.
I cittadini hanno mandato giù il rospo senza troppe smancerie. Qualche gilet giallo e solo qualche cretino che tuonava sui social la gravità della cosa , ma che in parlamento votava, senza troppi indugi, a favore delle misure tecnocratiche.
Nel 2008 la medicina utilizzata per curare il male economico era vecchia, come la mentalità e le idee di mondo dei loro illustri ed eruditi pensatori.
Oggi lo scenario e simile, ma l’anomalia, apparentemente, è naturale che non guarda in faccia il Pil.
I governanti attuali stanno cercando soluzioni con vecchi standards cercando inutilmente di continuare a contare sulle sole alleanze economiche tra i mercati nazionali. Sembre di assistere alle diatribe di pescivendoli in Vucciria sul prezzo al chilo delle alici.
Non è possibile trovare soluzioni nuove a scenari mai vissuti prima.
L’umanità ha vissuto già questo tipo di colpi sanitari. Basterebbe ripassare alcune lezioni di storia per rendersene conto. Nel 1300 con la peste che a macchia di leopardo ha folgorato città e comunità intere lungo tutto il secolo, l’Europa ha risposto cambiando totalmente paradigma. Il territorio continentale era spartito praticamente in tre porzioni gestite similmente: Impero Bizantino, Sacro Romano Impero e Califfato di Cordoba che ruotava il suo assetto al mondo arabo. Tutti gli altri stati erano satelliti di questi tre poli d’attrazione di potere. Con le pestilenze in casa, i cittadini Europei hanno riscoperto il senso di comunità ed hanno creato un nuovo paridigma per reagire alle assenze dei governi centrali ridimensionando di gran lunga le estenzioni territoriali degli Imperi.
Anche oggi, tutti noi, siamo coinvolti e dipendenti da questa grande macchina burocratica e sovra nazionale che è la comunità europea che, solo a pezzettini, ha unito gli stati. L’unione europea è una comunità economica, una unione fatta di scambi commerciali che solo in maniera molto piccola ha unito de facto i popoli europei dotandoli di un unico senso civico. Nel 1300 ciò che il regnante diceva era legge. Oggi nel vecchio continente ogni stato può promulgare leggi a suo piacimento ma rispettando le quote degli export in un complesso meccanismo che fa un baffo alle regole del Monopoli.
Lo scenario post 2008 vede nel nostro vecchio continente Francia, Germania e Benelux a far la voce grossa con chiunque nell’unione. Il bilanciamento di forze e poteri è direttamente proporzionale al proprio portafoglio: chi è più ricco comanda. E quindi assistiamo all’impossibilità di qualunque svolta umana ed umanitaria nei confronti di questa tragedia sanitaria ed economica.
Sarà impossibile per Conte, Sanchez e Paco e lo stesso Macron pretendere tutele in questo stagno di squali.
Occore fare due cose. La prima è iniziare ad usare un lessico appropriato.
Non siamo in Crisi. Quello che stiamo vivendo non può essere un momentateo lasso di tempo, visto i danni immediati che ogni singola nazione sta subendo. Ci troviamo in un epoca di Collasso: il sitema che fino a gennaio ha retto non regge più. Il tetto che copriva le nostre teste si è distrutto e non possiamo pretendere di contenere le intemperie puntellando di secchi i buchi del solaio o utilizzando la stessa malta per ripararlo ex novo.
Sui libri di storia dei nostri nipoti sono convinto che il 2020 verrà ricordato come il tramonto del neo liberismo. Cosa verrà dopo spetterà ad ognuno di noi stabilirlo, e, mi auguro, in maniera pacifica.
Ammesso che a livello planetario stiamo vivendo il Collasso di Sistema, probabilmente sarebbe più saggio ricorrere finalmente a nuovi paradigmi e percorrere strade inesplorate. Mi rendo conto che è difficile pretendere che interi popoli decidano presto di cambiare rotta, ma sono sicuro che se gli antichi romani avessero avuto modo di poter utilizzare gli accendini comprendendone la loro meccanica e potendoli replicare, il corso della storia avrebbe preso un’altra strada.
Attualmente l’accendino per i romani lo possediamo già. Abbiamo tutte le risorse per comprendere che una strada nuova sia percorribile. Proprio come le città del Trecento che , da membri dell’impero, di trasformarono in signorie e principati. L’umanità dovrebbe cogliere questa grande chance per meditare profondamente su quale modello applicare. Io sono convinto che sia giunto il momento di dare credito alle teorie dell” Economista Francese Serge La Touche: il teorico della Decrescita felice. Un sistema economico paragonabile alla vita delle testuggini di terra: la casa sulle spalle, passo lento e la spensieratezza di essere praticamente inattaccabili da cataclismi e predatori.
Nel 2019, grazie ad una ragazzina svedese, tutti hanno preso coscienza dell’insostenibilità futura del nostro modello di vita. Continuamente assistiamo agli sbarchi di popoli in fuga per fattori economici e climatici. Noi, piccolo popolo d’europei ma anche del resto del mondo, rischiamo quotidianamente grosso a causa degli avvoltoi della finanza e dai giochi in borsa: abbiamo così bisogno di tornare a vivere in quel mondo fatto di costanti ansie nel vedere accrescere punti del Pil?
Ma poi che Pil ci frega se ora probabilmente non avremo più pane da mangiare?
Questa che abbiamo davanti è un’occasione prospera per riscrivere le società, le economie e la sostenibilità della presenza dell’essere umano sulla terra. Il Capitalismo che ha fagocitato anche Cina e Russia, con le sue smanie e i suoi appetiti, sta consumando le risorse del mondo fregandosene degli ultimi e creando un divario tra Nord e Sud del Mondo. L’anomalia coronavirus farà in modo che il panciuto Nord del mondo si affami e se perpetreremo di nuovo il modello del neoliberismo il collasso si propagherà in qualcosa di più terribile di una pandemia.
Abbiamo bisogno di una cesura netta col passato. Nella storia abbiamo degli esempi di cambiamento radicale in positivo: malvisti all’inizio che poi sono diventati “scuola” per le generazioni future. Basta pensare a quando Umberto I, secondo Re d’Italia, con la dilagante campagna anti savoia, avendo annesso Roma ed il Vaticano con briganti, cardinali e moti milanesi che fecero tremare la corona sabauda, ratificò il Codice Penale Zanardelli che aboliva la pena di morte. Le corti europee si beffarono di Umberto I prevedendo catastrofi nelle carceri italiane. Per quanto non sia assolutamente difensore della monarchia, il Codice Zanardelli poco dopo divenne metro per tutti gli stati Nazionali e dimostrò il grado evoluto delle società.
Abbiamo bisogno di un “Codice Zanardelli” che cambi totalmente paradigma e riveda le soluzioni possibili.
Il ritorno ad un controllo ed ad una partecipazione territoriale di tutti i cittadini, invece, potrebbe essere la soluzione gradita per eliminare i confini economici, cancellare i problemi di sostenibilità e sicuramente andrebbe a garantire ad ogni singolo cittadino la possibilità di una occupazione e soprattutto di una posizione sociale all’interno del tessuto delle comunità stesse. Tanto dovremmo apprendere dai territori interni d’Italia. Penso ai paesini appenninici. A quei comuni incastonati tra chili di curve e sconfinati boschi e di come, placidamente stanno resistendo agli effetti della globalizzazione.
Solo un nuovo paradigma ci salverà. Menti fresche, coraggiose e capaci, degne di poter essere i nuovi architetti del mondo che verrà.