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Il Femminismo fa bene anche agli uomini: la Mascolinità Tossica

- 21/06/2020


Tempo fa sono stata invitata ad un’intervista in diretta Instagram con un ragazzo che mi aveva chiesto di parlare di femminismo.

Lui, in quanto fotografo, voleva approfondire nello specifico la relazione obesità/anoressia e femminismo, quindi sulla Body Positivity e il Fat Shaming, di cui avevo già scritto qualcosa nei precedenti articoli, ed accettai con molto entusiasmo.

Purtroppo l’intervista si rivelò tutt’altro che un approfondimento alla tematica accordata: in maniera passiva aggressiva il ragazzo ha fatto sfociare il discorso nella discriminazione maschile da parte delle donne, sulla questione che noi femministe parliamo tanto di parità dimenticandoci però di quello subiscono gli uomini e così via.

Quindi, in soldoni, mi sono ritrovata a discutere con un MRA.

“Perché non parlate degli uomini bassi?!? Anche loro sono discriminati (dalle donne)!!!

Più volte ho cercato di rispondere, di argomentare, ma quando l’obiettivo di chi hai di fronte è semplicemente quello di vomitare il proprio pensiero senza ascoltare l’altro, il dibattito diventa nullo. Ma nonostante questo, il messaggio è arrivato a tantissime persone che ad oggi continuano a scrivermi per sapere di più sul femminismo. L’obiettivo è stato dunque ampiamente raggiunto, in una maniera del tutto inaspettata.

Con calma ho deciso quindi oggi di fare una breve riflessione su come il femminismo in realtà parla pure agli uomini (anche in previsione dell’incontro che terrò la prossima settimana a Pescara per la Week Pride Abruzzo in cui si parlerà della mascolinità tossica la quale, come vedremo, è strettamente collegata con il femminismo).

Se il Femminismo parla anche agli uomini, perché non si chiama, chennesò, Umanesimo?

Perché viviamo una società che, in quanto patriarcale, ha dei problemi con il femminile. E’ lapalissiano dire, e i dati statistici non mentono, che la donna, in quanto donna, viene discriminata di più rispetto all’uomo.

L’uomo a volte viene discriminato, non possiamo certamente negarlo, ma solo quando ha degli atteggiamenti prettamente femminili o una conformazione fisica femminile. Se un uomo avesse dei comportamento da “Vero Uomo” e se avesse una corporatura robusta, alta, possente… non verrebbe discriminato perché rappresenterebbe la categoria perfetta di uomo bianco etero che si trova alla cima della gerarchia di potere creata dal patriarcato.

Una donna che si comporta da “Vera Donna” ed ha un corpo sexy e femminile, verrà sicuramente più accettata dalla società, ma avrà comunque più possibilità di avere uno stipendio più basso, di subire cat calling, di subire molestie, dovrà pagare gli assorbenti con il 22% di Iva in più… e così via.

Capirete dunque che mantenere la parola Femminismo è importante finché il maschile e il femminile non saranno considerati in egual modo.

Che si intende con “Vero Uomo” e “Vera Donna”?

Prima di tutto, sono termini che detesto, ma serve per capire il concetto. Quindi seguitemi…

Si intendono, in sintesi, gli stereotipi imposti dal patriarcato creando quindi dei costrutti, prettamente mentali, fondati sul binarismo maschio/femmina: il “Vero Uomo”, infatti, non piange, deve essere forte, sicuro di se, competitivo e vincente; la “Vera Donna” deve essere pacata, accomodante, che non occupi spazio (sia fisico che nelle discussioni), silenziosa e comprensiva.

Il patriarcato dice alle donne come devono essere, e la pressione che sentiamo è enorme e maggiore. Ma impone degli atteggiamenti anche agli uomini, atteggiamenti machisti che non sempre rispecchiano la natura dell’uomo stesso, creando un conflitto e uno sforzo nell’apparire ciò che non si è con il solo fine di essere accettati.

Un uomo che piange, in questa società, viene visto come un uomo di SERIE B.

Il dover rimanere nel proprio stereotipo è una delle “regole” del patriarcato, che non accetta tutto ciò che va oltre questo limitante binarismo. Un binarismo in cui il femminile è visto come sbagliato e subordinato.

E lo vediamo tutti i giorni.

Mascolinità Tossica

La mascolinità tossica è dunque uno dei modi in cui la società patriarcale danneggia gli uomini. Si riferisce alle attitudini costruite socialmente che descrivono il ruolo di genere mascolino come violento, non emotivo, sessualmente aggressivo, e così via. E il femminismo si occupa anche di questo, perché vuole abbattere gli stereotipi patriarcali. Tutti, non solo quelli delle donne.

E’ chiaro che non solo la donna deve rimanere in uno standard imposto per sentirsi parte della società (e quindi socialmente accettata) ma anche l’uomo, che deve mantenere un’atteggiamento mascolino a tutti i costi, anche se quella mascolinità non gli appartiene.

Ed è qui che questa mascolinità diventa tossica, perché è talmente tanto radicata nella mente di tutt* che condiziona i nostri comportamenti: la donna è indotta a scegliere l’uomo alto, deciso, forte e sicuro di se, economicamente benestante. L’uomo invece deve sforzarsi a non entrare in contatto con le proprie emozioni al fine di non sembrare debole ed emotivo, che sono invece caratteristiche del femminile.

Deve sembrare costantemente invincibile, altrimenti sarebbe considerato una “femminuccia”.

E facile non è.

Alcuni esempi di mascolinità tossica ripresi da Wikisessualità:

  • L’idea pervasiva secondo cui gli uomini non possono veramente comprendere le donne, e vice versa. E come ne segue, nessuna vera amicizia si possa sviluppare tra sessi differenti.
  • L’aspettativa che i Veri Uomini™ siano forti, e che mostrare emozioni sia incompatibile con l’essere forti. La rabbia viene inquadrata o come l’eccezione alla regola, o non come un’emozione.
  • Similmente, l’idea che un Vero Uomo™ non può essere vittima di abuso, o che parlarne sia qualcosa di cui vergognarsi.
  • Gli uomini sono fatti così: l’aspettativa secondo cui i Veri Uomini™ siano sempre e comunque interessati al sesso, al fare sesso, e pronti a fare sesso la maggior parte delle volte se non sempre.
  • L’idea che i Veri Uomini™ debbano essere preparati ad essere violenti, anche quando la situazione non lo richiede.
    • Ad esempio, una risposta comune alle esperienze raccontate dalle donne su molestie in luoghi pubblici è, per un uomo, di dire: “Se ci fossi stato lì io, gli avrei tirato un pugno.” Questo è problematico.
  • Anche se non è reinforzato in film e serie TV, nella vita vera ci si aspetta che un uomo possa abbandonare la sua compagna incinta, e che sia incapace e/o non voglia prendersi la responsabilità
  • Il mito che gli uomini non sono interessati nella genitorialità, e che siano intrinsecamente mal-predisposti per fare i padri single.
    • Scoraggia gli uomini dall’essere parte integrante della vita dei figli.
    • Incoraggia l’ineguaglianza nelle faccende domestiche, che danneggia tutti gli interessati.
    • Assume che in caso di divorzio, i figli vadano con la madre, invece di esaminare ogni situazione individualmente.
  • La demascolizzazione è l’idea che esista un grande range di interessi o attività femminili che un Vero Uomo™ non dovrebbe seguire, e che confutano la mascolinità di un uomo indipendentemente dalle sue altre azioni:
    • Interessi nell’aspetto esterno, cosmetica, abbigliamento, moda.
    • Essere persone emotive, mostrare emozione, piangere.
    • Fare cose “da donne” come lavare i piatti o le faccende di casa.
    • Apprezzare cose “frivole” come i drink zuccherati “da ragazze”, gli stili romantici, i video di animali carini, le commedie romantiche.
    • Capire le donne, esservi empatici.
    • Avere bisogno di aiuto, non sapere qualcosa.

E così via.

Ma con tutti i problemi che hanno le donne, perché pensare anche agli uomini?

Questo articolo infatti non vuole sminuire i problemi che noi donne abbiamo, anzi.

Come detto in principio, il genere femminile subisce insistentemente e maggiormente discriminazioni e ingiustizie su più fronti ed è inutile dire che è molto più urgente occuparsi di donne, proprio per ripristinare la parità fra i sessi.

Ma bisogna ammettere che le discriminazioni sono sempre e comunque correlate, ed è proprio uno dei principi dell’intersezionalità: bisogna unire tutte le oppressioni per una lotta unica ed efficace. Il considerare la diversità come un qualcosa di negativo e non come ricchezza è lontano anni luce dal femminismo della quarta ondata, ed è per questo che bisogna allearsi per la lotta comune.

Il problema non è una categoria, ma la discriminazione stessa.

La società patriarcale verrà abbattuta solo se tutt* facciano la propria parte, perché è un sistema che può essere smantellato solo dall’interno, ed è portato avanti non solo dal femminicidio e dallo stupro, ma anche dal commento maschilista, dalla battutina… ma anche e soprattutto dal silenzio. Troppo a lungo siamo stati in silenzio, e gli uomini soprattutto.

Ma non è una loro colpa: il “nemico” non è il maschio bianco etero, ma la società che ha dato loro il massimo privilegio. Ma ciò non toglie che loro siano responsabili del cambiamento, che sia in positivo o in negativo.

In conclusione, non possiamo certo escludere gli uomini dal discorso femminista, perché la loro voce potrebbe davvero fare la differenza e perché anche loro sono vittime del maschilismo.

Basta però rispettare le parti: gli uomini devono essere degli alleati del femminismo, perché conviene anche a loro. Ma non devono toglierci la parola.

Perché l’ultima parola, finalmente, spetta a noi.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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