Non per tutt* “stare a casa” è un invito rassicurante.
Sono giorni ormai che il governo italiano invita giustamente l’intera popolazione a non uscire, creando anche l’hashtag #iorestoacasa, chiudendo negozi e servizi non necessari sul territorio.
E’ chiaro che i divieti sono necessari per impedire ai minimi livelli il contagio, ma queste restrizioni non mettono al sicuro tuttx, creando dei veri e propri effetti collaterali “secondari” ma comunque molto importanti e degni di nota.
Ci sono infatti dei casi in cui la convivenza forzata, a volte in spazi anche ristretti, diventa una vera e propria gabbia per quelle donne il cui marito o compagno è violento, aumentando quindi il rischio di violenza domestica e femminicidio.
In Cina questi effetti “secondari” hanno avuto luogo ad una vera e propria impennata di denunce di violenza domestica (e di divorzi). Basti pensare che nel febbraio 2020 le denunce sono state il triplo rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Può una quarantena alzare dunque un velo sulla questione?
Una cosa è certa: la probabilità che la stessa cosa possa accadere in Italia è molto alta, visto il crescente numero di vittime nel nostro paese.
Infatti, l’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato Questo non è amore, con i dati aggiornati al 2019, parla di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti.
Entriamo nel dettaglio:
Ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione.
Il 24,7% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner: il 13,2% da estranei e il 13% da persone conosciute. In particolare, il 6,3% da conoscenti, il 3% da amici, il 2,6% da parenti e il 2,5% da colleghi di lavoro.
Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti).
I dati in Italia parlano di 95 donne uccise nel 2019, quasi una ogni quattro giorni. Oltre l’85% dei casi di femminicidio avviene tra le mura domestiche o per mano di un ex compagno. Dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono state 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio compagno o ex partner.
Non è difficile pensare che questi dati allarmanti e in continua crescita possano subire un drastico aumento, incentivato dalla convivenza forzata delle donne a rischio con il proprio aggressore, esattamente come è successo in Cina.
Nonostante l’emergenza sanitaria non possiamo mettere in secondo piano le altre battaglie e le altre criticità. Anzi: di fronte ad un periodo così delicato è strettamente necessario non abbassare mai la guardia.
Anche perché il Coronavirus e la violenza di genere hanno molto in comune: entrambi sono epidemici, globali, trasmissibili, contagiosi, possono essere letali, sono dei morbi (culturali) che infettano i luoghi, le menti e i corpi di tant*, adult* e minori. Vale la pena combattere le due lotte insieme.
Mi unisco anche io insieme alle altre compagne diffondendo il numero nazionale di emergenza dei centri antiviolenza: 1522.
Diffondetelo.
Non dimentichiamoci le donne per cui la casa è ogni giorno il luogo della violenza.