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Con il ritiro delle Ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova, ieri Matteo Renzi, segretario di Italia Viva, ha ufficializzato la crisi di governo, l’ennesima di questa legislatura, mettendo in serio pericolo la tenuta dell’esecutivo Conte Bis.
L’addio alla compagine di governo dei renziani, che giunge lo stesso giorno della proroga dello stato di emergenza fino al 30 aprile, non lascia presagire nulla di buono sul futuro dei diritti LGBT+ in questo paese, e rischia di compromettere per sempre l’iter parlamentare dell’agognata legge Zan.
L’approvazione, lo scorso 3 novembre, del disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo in prima lettura alla Camera, potrebbe infatti seguire le stesse, sfortunate sorti dell’antenato ddl Scalfarotto, passato a Montecitorio durante la XVII legislatura e finito su un binario morto.
La calendarizzazione della legge Zan al Senato era infatti attesa per queste settimane, ma l’incertezza creata da questo stallo istituzionale ci pone davanti a scenari nei quali il voto finale del testo contro l’omotransfobia potrebbe, se non tardare, addirittura sparire dall’agenda parlamentare, qualora assieme al governo Conte saltasse il banco dell’intera legislatura.
Gli scenari possibili
Ballano al Senato ben undici seggi, necessari perché il premier Giuseppe Conte possa assicurarsi un terzo atto del suo governo. Se, infatti, da parte di M5S e PD c’è la volontà di proseguire la legislatura con un gruppo di “responsabili“, magari di ala centrista (si dice con Sandra Lonardo del gruppo misto, moglie di Clemente Mastella o addirittura Denis Verdini, tutti ex berlusconiani), non è detto che questo gruppo di responsabili sia disposto ad appoggiare la maggioranza sul testo Zan. Certo, si potrebbe fare affidamento sempre sui voti di Italia Viva (che ha lavorato alla stesura del testo) e sull’ala più liberale di Forza Italia (con Anna Maria Bernini capofila), ma parliamoci chiaro: quanto il governo sarebbe disposto a rischiare ancora di saltare se i responsabili centristi non concedessero alcuna apertura in merito?
Da parte sua, il relatore della legge Alessandro Zan, intervistato da gay.it, ha manifestato tutto il suo rammarico ma anche di avere le idee chiare sul passaggio a Palazzo Madama del testo: Se dovesse proseguire la legislatura, anche con un nuovo governo dovrà essere chiaro che la legge dovrà rimanere una legge di iniziativa parlamentare anche in Senato, senza che vi siano delle posizioni di veto o tentativi di cambiamento dovute all’arrivo di un nuovo Governo. Quello che si è ottenuto alla Camera, deve essere approvato così com’è anche al Senato.“
C’è però un elefante nella stanza, che tutti vedono e di cui nessuno, in ciò che resta della maggioranza, sembra voler parlare: lo scioglimento delle Camere, che equivarrebbe a intonare il de profundis su una legge necessaria attesa da 25 anni: “Se si dovesse scivolare verso il voto anticipato, questi ragionamenti sarebbero vani perché la legge approvata alla Camera cadrebbe.“ ha detto Zan su questo punto. “Questa sarebbe una responsabilità di Italia Viva e di Renzi, che ha portato avanti un’azione spregiudicata il cui significato è assolutamente incomprensibile per tutti gli italiani.“.
Non c’è solo dispiacere, ma anche amarezza e un irritante senso di rassegnazione che credo sia comune ai tanti cittadini lgbt che, ancora una volta, si ritrovano ad un passo dal traguardo ma con un pugno di mosche in mano, per via dell’instabilità parlamentare dovuta a piccoli ricatti e ciechi egoismi di una classe dirigente senza visione, quando non fastidiosamente conservatrice.
Basta guardare indietro, neanche di troppi anni, per ricostruire i fallimenti ciclici dei molti tentativi di introdurre leggi a favore delle persone LGBT+. Nel 2006, con la caduta del Prodi bis, si disse addio a una prima, embrionale forma di riconoscimento delle unioni omosessuali, e dieci anni più tardi a causa le beghe parlamentari tra Renzi e i 5S si dovette fare a meno della stepchild adoption. E poi ancora, quante altre volte abbiamo visto naufragare malamente i lavori parlamentari sulla legge contro l’omofobia?
Dire addio alla legge Zan significherà mettere in cantina l’agenda lgbt+ in Italia per molto tempo. Numerosi provvedimenti attendono di essere discussi in Parlamento, altri addirittura di essere proposti: pensiamo ad un aggiornamento della l. 164/82 sulla riattribuzione di sesso (un complesso di norme sicuramente all’avanguardia quarant’anni fa ma che oggi, anche alla luce delle direttive dell’aifa sulla gratuità delle terapie ormonali, non è più adeguato a soddisfare le esigenze della comunità trans), il divieto alle terapie di conversione, il matrimonio egualitario, la stepchild adoption e nuove norme per l’adozione, una migliore educazione sessuale nelle scuole.
E se davvero si andasse al voto? L’esito delle nuove elezioni, con il previsto exploit della coalizione di centrodestra, contribuirebbe a porre la pietra tombale sui diritti civili in questo paese per molto, molto tempo. Prima di gettare al vento quest’opportunità, vediamo di portare a casa almeno la tanto necessaria legge Zan.