È una giornata meravigliosamente romana.
Incontriamo Giovanni Lucchese in una libreria nel pieno centro della capitale.
Il suo libro, “L’uccello padulo”, è veramente irriverente ed apre dubbi e quesiti che volevo eviscerare, appunto, con l’autore stesso.
Giovanni Lucchese è nato e vive a Roma. Ha vissuto diversi anni a Londra. Appassionato di musica, cinema e cultura pop, ha frequentato i corsi di scrittura della Scuola Omero, con la quale collabora scrivendo per la rivista “Mag O”.
Ha pubblicato L’allievo è Il più grande cornuto dell’universo, Racconti, Rivista Carie.
Una raccolta di racconti, Pop Toys , Alter Ego Edizioni e
il romanzo Questo sangue non è mio, Alter Ego Edizioni, vincitore del “Festival Giallo al Centro” di Rieti e finalista al Nobokov (in corso). L’uccello padulo è il suo secondo romanzo.
LA TRAMA
Affascinante, nobile e scandalosamente ricco.
È Gianandrea Ludovisi, detto Billo, un ragazzo che trascorre il tempo tra shopping sfrenato, sesso occasionale, droga e notti brave in giro per la capitale.
Al termine di una di queste serate, ridotto in uno stato pietoso, Billo conosce Mamma Sophie, un’attempata trans che gestisce una piccola masnada di personaggi eccentrici. Tra i due nasce un’amicizia tanto insolita quanto profonda.
Il rapporto di Billo con la nobile famiglia di appartenenza, composta da un padre arrogante e megalomane, una madre stralunata e depressa, e due fratelli completamente privi di carattere, inizierà a sfaldarsi sempre di più, in favore del fascino che il gruppo di Mamma Sophie esercita su di lui.
L’uccello padulo è un romanzo provocatorio e irriverente, una processione di personaggi bizzarri e anomali che si sono inventati un proprio ruolo nel mondo. Ma è anche un affresco nostalgico e tenero di un’età di mezzo, una poesia visionaria sul concetto di appartenenza e di famiglia, un processo di trasformazione di un protagonista che ha, in sé, una buona fetta di tutte le contraddizioni umane.
L’INTERVISTA
L’Uccello Padulo è un romanzo dissacrante che tra le righe scardina ed amplifica gli stereotipi sulla comunità LGBT+. Ad esempio, la tanto proverbiale “sensibilità” dei gay, a tratti, viene scarnificata con il prorompente carattere di Billo. Quali sono , a tuo avviso, gli stereotipi insopportabili sulle persone LGBT+?
Credo che qualsiasi stereotipo, proprio in quanto tale, sia da definire insopportabile. E’ sbagliato attribuire le stesse caratteristiche a una comunità di persone che, pur condividendo esperienze molto simili, non necessariamente deve avere dei tratti in comune.
Siamo stati più o meno tutti emarginati, ma non per forza siamo sensibili allo stesso modo.
Viviamo tutti la difficoltà di un inserimento in una società ancora un po’ chiusa, ma non per questo siamo tutti sognatori incalliti.
Abbiamo tutti un lato femminile più o meno evoluto, ma non vuol dire che piaccia a tutti noi giocare con le barbie o truccare le nostre amiche donne (a me sì, comunque).
Crescendo abbiamo tutti metabolizzato esperienze simili, ma ognuno di noi lo ha fatto a modo suo.
Come è sbagliato definire tutte le donne “deboli”, o dire che tutti gli uomini sono “insensibili”, allo stesso modo non si può dare la stessa definizione a tutti i membri della comunità LGBT+.
La nostra bellezza, così come i nostri lati negativi, sono individuali, a ognuno il suo.
La cosa che mi ha colpito di più nel tuo libro e la miscellanea di personaggi che ruotano attorno a Mamma Sophie. Parlaci un po’ di loro.
E’ una comunità di emarginati che, in quanto tali, si sono cercati e trovati, hanno creato un focolare stringendosi l’uno all’altro e condividendo la loro solitudine e le loro paure. Questo ha permesso loro di rinascere, di trovare il proprio posto in una società che non sa bene dove collocarli, al punto da cambiarsi anche il nome. A ognuno è stato dato un soprannome che definisce in modo scherzoso le sue caratteristiche.
C’è Mimmo, detto il “Colibrì” per la velocità con cui muove le mani. Ines, detta la “Sfinge” per il suo sguardo enigmatico. Gloria, detta “Madame Pompatù” per le sue evidenti doti in ambito di prestazioni orali.
Insieme formano una famiglia unita e indistruttibile capace di sostenersi e proteggersi in ogni momento. La loro forza è proprio la diversità, ognuno porta il suo bagaglio arricchendo la comunità e rendendola unica.
Un tema scottante trattato nel libro è la Famiglia, anzi, le Famiglie. Che architettura ha la Famiglia d’origine del protagonista?
La famiglia di Billo è di stampo tradizionale, molto aristocratica.
Madre contessa, padre architetto di fama mondiale e tre figli di cui Billo è il minore. Vivono in un palazzo ai Parioli stracolmo di servitù e opere d’arte. Ma il tradizionalismo, così come la sconfinata ricchezza, non impediscono loro di sviluppare una disfunzionalità quasi caricaturale.
E’ una famiglia nevrotica, astiosa, indifferente, che va avanti a colpi di Xanax e arma da fuoco, che non perdona nulla e che giudica di continuo. Il mio non è un giudizio sulla famiglia tradizionale, tutt’altro. Semplicemente, in questo caso, di “famiglia” c’è ben poco, a malapena i legami di sangue, a volte incerti anche loro.
L’Italia sta mutando. Era il 2016 quando le prime avvisaglie di diritti LGBT+ sono entrate nella giurisdizione del Bel Paese. Ora, nel 2019, assistiamo all’attacco dei diritti conquistati. Come prevedi evolva la situazione nell’immediato futuro e cosa ti auspichi accada?
Credo che la nostra guerra sia ben lontana dall’essere finita, anzi. Per ogni passo avanti in una direzione se ne fanno due indietro in un’altra, ogni vittoria conquistata comporta una sconfitta da qualche altra parte.
Sono un grande ottimista e credo che alla fine il bene trionfi sempre, che le cose seguano il loro flusso naturale fregandosene degli ostacoli che si trovano di fronte, e che questo flusso sia immancabilmente diretto verso un’uguaglianza universale di etnia, religione e orientamento sessuale. Credo anche, però, che ci sia ancora molto da lottare, non bisogna mai fare l’errore di abbassare la guardia. La nostra è una guerra che va combattuta con l’onestà, a testa alta e dicendo sempre la verità, a qualsiasi costo. L’atmosfera che si respira in questo periodo non è certo rassicurante, ma bisogna tenere duro, è questo il momento di mostrare la nostra forza.
Caro Giovanni. So che stai lavorando ad un nuovo romanzo e sono curioso come una scimmia: potresti anticiparci qualche cosa?
A questa domanda mi riservo di risponderti in privato…..
Scherzi a parte, sono molto attratto dai lati “oscuri” dell’animo umano, da quello che non si dice e che non vogliamo far vedere agli altri. Sto esplorando il percorso di un personaggio che attraversa la sua vita in preda a una rabbia che lo domina in ogni momento e che non si vergogna più di mostrare al mondo le sue perversioni e le sue ossessioni.
E’ presto per dirti altro, non so neanche io cosa ne verrà fuori alla fine.