In attesa dell’evento Bearslicious di Catania, che prevederà anche un momento di confronto con un laboratorio esperienziale, continua l’approfondimento delle realtà associative locali dopo l’intervista al rappresentante di Arcigay Catania Giovanni Caloggero (se l’avete persa potete cliccare qui)
Abbiamo contattato Maria Grazia Di Benedetto, vicepresidente di LILA Catania (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS), per parlare delle attività di associazioni di volontariato che si battono quotidianamente per la prevenzione e la salute.
Quando nasce LILA Catania e come ha cominciato ad agire sul territorio?
LILA Catania nasce nel 1991, in un periodo in cui c’era forte necessità di un’associazione che si occupasse di ciò che stava accadendo, ossia la diffusione rapida dell’HIV. Buona parte delle infezioni si verificavano tra le persone che facevano uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa, e quindi una grossa percentuale dei contagi avveniva attraverso l’uso in comune di siringhe.
LILA Catania cercò di fronteggiare questo fenomeno intervenendo con una politica incisiva di “riduzione del danno”, distribuendo siringhe pulite. Andavamo in giro in città con un camper, concentrandoci in quei luoghi dove era noto che ci fosse una concentrazione di persone che facevano uso di sostanze per via endovenosa. Loro ci restituivano la siringa usata e noi gliene davamo una nuova, e informavamo sul “farsi pulito” per evitare di acquisire il virus. Evitando di usare siringhe contaminate in comune si evita di diffondere il virus HIV e anche il virus HCV.
Immagino fosse molto difficile porsi diversamente con chi avesse problemi di tossicodipendenza.
Esatto, molto difficile. Noi non abbiamo mai preteso l’uscita dalla dipendenza come elemento essenziale per usufruire del nostro intervento, cercavamo di stimolare le risorse interne delle persone e quando rilevavamo richieste per intraprendere nuovi percorsi di vita attivavamo l’accompagnamento ai servizi. Per noi rimaneva fondamentale limitare il danno da contagio: ridurre il danno da uso di sostanze. Il successo dell’intervento era raggiunto quando le persone che facevano uso di sostanze prendevano coscienza del problema e agivano in maniera autodeterminata.
Per quanto riguarda invece l’HIV come virus sessualmente trasmissibile qual è la politica di LILA Catania?
Sicuramente una corretta informazione. Facendo un excursus storico, ai tempi della costituzione dell’associazione si era davvero in uno stato di emergenza e avevamo più possibilità di andare nelle scuole, ci chiamavano spesso per intervenire, organizzare momenti di condivisione e progetti con singole classi.
Ora non è più semplicissimo perché parlare di HIV significa anche parlare di sesso, sessualità, preservativo, e non è semplicissimo perché molti genitori ma anche insegnanti si oppongono. Tuttavia continuiamo a partecipare ad incontri con gli studenti quando ci chiamano nelle assemblee di classe o di istituto.
Quindi fare informazione di prevenzione all’AIDS nelle scuole era più semplice vent’anni fa che oggi?
Sì, parlo di interventi specifici rivolti ai ragazzi. È vero che alle assemblee noi partecipiamo e cerchiamo di fare informazione in generale sulle malattie sessualmente trasmesse, sui comportamenti da adottare per vivere una sessualità serena, ma sempre in modo molto generalizzato. Sarebbe meglio intervenire, come una volta, nelle attività delle scuole e seguire percorsi scolastici e attività mirate. Questo non ci capita più tanto stesso.
A questo proposito, come si attesta il livello di informazione sulla trasmissione e prevenzione dell’HIV secondo la vostra esperienza?
Ci sono evidenti criticità. I ragazzi hanno poche consapevolezze e tanta disinformazione, soprattutto sui metodi anticoncezionali. Alcuni, addirittura, pensano che la pillola possa proteggere dalle infezioni sessualmente trasmissibili, è ancora diffusa la convinzione che la saliva trasmetta l’HIV.
Oggi i ragazzi iniziano ad avere una vita sessuale attiva precoce e con scarse informazioni. Le ragazze, nel rapporto eterosessuale, sono i soggetti più fragili perché sono più esposte a rischi nel rapporto vaginale e anale, e in generale la persona ricettiva è sempre più a rischio perché le mucose sono più soggette a rotture e lacerazioni. Inoltre la donna ha una minore capacità di coinvolgere il partner all’uso del preservativo: non è semplice ritrovare in una ragazza questa intraprendenza per una questione culturale e sociale, e spesso si delega tutto all’uomo.
Come si potrebbe ovviare a questi problemi?
Dovrebbe essere inserito un serio programma di educazione sessuale, o dell’affettività, nei programmi delle scuole. Il MIUR dovrebbe assumere una consapevolezza in tal senso, e come ho già detto questo è molto osteggiato da parte di genitori e non solo. Bisogna lavorare sulla consapevolezza dei ragazzi. Ad esempio, noi come LILA promuoviamo l’adozione del “femidom”, ossia il preservativo femminile. Purtroppo è uno strumento non ancora molto conosciuto, in Italia è acquistabile solo su internet ma in alcuni paesi lo si può procurare direttamente in farmacia. Ha anche un costo maggiore rispetto al profilattico. È importante che i ragazzi siano consapevoli che si possono utilizzare entrambi.
Come funziona il femidom?
È una guaina in poliuretano, quindi un materiale diverso rispetto al profilattico maschile che è perlopiù in lattice. Alle due estremità della guaina ci sono due anelli, uno più piccolo chiuso che va inserito in vagina e uno aperto che protegge anche la zona dei genitali esterni e quindi con una protezione più ampia verso le altre IST rispetto al preservativo maschile ; è possibile inoltre, rispetto a quest’ultimo, indossarlo prima del rapporto sessuale perché non è necessaria l’erezione
Parliamo adesso di persone già affette da HIV che seguono la cosiddetta TASP, Treatment as Prevention, ossia le terapie antiretrovirali. Qual è la qualità della vita registrata oggi da LILA nei soggetti che seguono questo protocollo?
Le nuove terapie hanno fatto passi da gigante. Sono terapie sempre più facili e semplici da gestire, hanno ridotto notevolmente gli effetti collaterali e permettono una qualità della vita assolutamente sovrapponibile a quella delle altre persone. In linea di massima sono persone che lavorano e hanno una vita normale. Con la terapia come prevenzione la persona affetta da HIV sta bene, si protegge da complicazioni e allo stesso modo protegge gli altri, riducendo la presenza di virus nell’organismo. Una minore viremia equivale a una più bassa portata infettiva, e una persona con viremia non rilevabile non trasmette il virus.
Bisogna considerare anche un altro aspetto: le persone con HIV, grazie alle terapie antiretrovirali invecchiano tranquillamente, e si stima che nel 2030 oltre il 70% di loro avrà più di cinquant’anni. A questo bisognerà porre attenzione per garantire una buona qualità della vita. Sarà necessario un approccio medico interdisciplinare che tenga conto della salute sociale e del benessere psicologico dei soggetti coinvolti, e il nostro timore è che i continui tagli alla spesa sanitaria nazionale possano essere un ostacolo al raggiungimento di questo fine.
Una buona terapia permette anche di abbattere le diagnosi più pericolose, quelle da AIDS. Quali sono gli ultimi dati in possesso di LILA?
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel 2016 l’incidenza di nuovi casi di AIDS è calata, attestandosi a 1,3 casi ogni 100.000 residenti. Tuttavia, tra queste è aumentata la quota di pazienti a cui è stata diagnosticata la sindrome che presentavano tumori o infezioni virali. Continuiamo ad assistere ad una diminuzione costante dell’incidenza di AIDS negli ultimi tre anni, ma resta il fatto che l’Italia è il secondo paese dell’Europa occidentale dopo il Portogallo in quanto a diagnosi.
A questo dobbiamo incrociare un altro dato: vi è un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Questo colloca l’Italia al 13° posto, al pari della Grecia, nell’Unione Europea. Per completezza, possiamo dire che le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia.
L’analisi dei dati può essere letta in questo modo: è importantissimo fare il test HIV. In questo caso si evita di trasmettere inconsapevolmente il virus a tante persone, e una diagnosi immediata evita l’incubazione del virus che può attaccare il sistema immunitario e far insorgere una serie di patologie dovute all’immunodepressione. Purtroppo buona parte delle diagnosi di AIDS si registrano a seguito di controlli fatti per ricoveri di vario tipo: febbri, polmoniti, malesseri. Ricorrere ai controlli di routine per le persone con una vita sessualmente attiva potrebbe essere un modo di prevenire diagnosi tardive che sono spesso causa di AIDS.
Da tempo Lila chiede una maggiore attenzione nei dati che ogni anno vengono forniti perché c’è molta confusione, ad esempio, non possiamo dire se le nuove infezioni sono aumentate o diminuite realmente rispetto agli anni precedenti perché non si sa il totale dei test effettuati ma solo quelli risultati positivi. (Vedi editoriale lila )
In che modo LILA promuove il test HIV?
Presso la nostra sede di Catania, ogni terzo giovedì di ogni mese, è possibile far il test rapido salivare. Sul sito della LILA tuttavia ci sono tutte le informazioni di tutte le sedi in Italia, non solo a Catania. Inoltre domani si chiude la settimana europea del test, quest’anno eccezionalmente realizzata anche in primavera. Si tratta di un’iniziativa a livello europeo che coinvolge tante associazioni e promuove il test HIV, che è il miglior modo per rilevare le infezioni consapevoli.
Si sente ultimamente parlare molto di PEP e di PrEP. Possiamo considerarli metodi di prevenzione complementari a quelli già conosciuti?
Va fatto un distinguo ovviamente, perché nascono per finalità differenti.
La profilassi post-esposizione (PEP) c’è già da un bel po’ di tempo.
Da molti anni si ricorre alla PEP nel caso che operatori sanitari si feriscano con strumenti contaminati, in seguito è stata estesa a chi, per un motivo o per un altro, si è esposto al virus attraverso un rapporto sessuale non protetto. In questi casi, entro 48 ore, si può fare richiesta al pronto soccorso, il medico valuta la situazione e se lo ritiene opportuno prescrive la profilassi post esposizione, un farmaco usato per la cura dell’infezione da HIV, che assunto per 4 settimane dopo un comportamento a rischio, riduce significativamente la possibilità che il virus venga trasmesso.
La PrEP invece è la profilassi pre-esposizione.
È certamente uno strumento in più per ridurre le nuove infezioni e, insieme alla TasP e al’uso del condom può essere determinante nel fermare l’infezione. A differenza della PEP non è così semplice accedervi e in Italia, anche se di fatto può essere venduta nelle farmacie, non è semplice trovare un medico che la prescriva se non in qualche centro in via sperimentale. Devono essere, inoltre, effettuati test per l’Hiv e controlli periodici, questo comporta costi che al momento restano a carico della persona che vuole usare la PrEP. Dovrebbero essere il Servizio Sanitario Nazionale ad assumersi l’onere di attivare questa procedura, ma purtroppo resistenze di varia natura ostacolano oggi quello che, nei paesi dove è stato adottato, si è mostrato uno strumento efficace nel ridurre le nuove infezioni. Questa difficoltà porta le persone che vogliono assumerla ad acquistarla online con i possibili rischi che ne conseguono Sarebbe meglio avere centri fisici dove i soggetti interessati possano informarsi e avere accesso alla PrEP, meglio se community based.
Quanto è importante per voi di LILA fare rete con altre associazioni che sensibilizzano sul tema della prevenzione e della salute?
Molto. Lavoriamo spesso con le associazioni e del territorio ad esempio con “Rete Antirazzista Catanese, con QUEERS, Stonewall, Thamaia, Città Felice e stiamo nelle reti di movimenti femministi quali Non Una Di Meno e La Ragna-Tela perché Lila ha sempre posto attenzione alle tematiche di genere, inoltre a Catania collaboriamo spesso con Enti internazionali quali OXFAM, INTERSOS, Medici senza Frontiere, Emergency e UNHCR.
Anche a livello nazionale riconosciamo la forza del fare rete e lo abbiamo dimostrato proprio in questi giorni in occasione del X Convegno ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research) conclusosi proprio ieri a Roma, dove insieme ad ANLAIDS, Arcigay, Circolo Mario Mieli, Nadis ONLUS, NPS Italia ONLUS, abbiamo portato avanti due proteste interrompendo i lavori di apertura e di chiusura della Conferenza: la prima contro i tagli al sistema socio-sanitario che mettono a rischio gli standard di cura e assistenza necessari a garantire il diritto alla salute delle persone con HIV e la seconda per fare pressione per introdurre al più presto la PrEP anche in Italia
I momenti delle due proteste su facebook: primo momento, secondo momento
Per tutte le informazioni e i contatti www.lilacatania.it
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/LILA.Catania/