La ricorderete cantare l’amore di due donne a Sanremo 2008 con l’intensa “Ore ed ore“. Mancò la finale delle nuove proposte per poco, ma non sfuggì agli ascoltatori più attenti e alla comunità lgbt che cominciò a seguirla. La voce calda e profonda che scandiva parole delicate di un sentimento nuovo, la tenerezza di uno struggimento saffico: fu questo l’esordio di Valeria Vaglio, una carezza in musica.
Da allora sono trascorsi undici anni e tre album: Stato innaturale (2008), Uscita di insicurezza (2010) e Il mio vizio migliore (2014). A questi, oggi si aggiunge “Mia“, disponibile nelle piattaforme streaming e sui digital store, e si tratta di un progetto molto distante dalle atmosfere acustiche dei suoi album precedenti. Il disco è prodotto da Vittorio Giannelli e Giampaolo Cantini.
“Mia” è “La rabbia, la fine, l’inizio“, è il tormento di un amore, anche in questo caso per una donna, la rincorsa eterna sul “chi meno ama è più forte“. Un concept album lungo 6 tracce, ognuna delle quali mette a nudo il cuore e le sue fragilità, le sue ferite profonde, ma anche le sue virtù. Proprio per questo, i suoni si sono fatti più duri e le parole più prepotenti, dirette. Chitarra acustica e pianoforte hanno lasciato il campo all’elettronica e lo struggimento alla rabbia e alla passione.
Abbiamo voluto farcelo raccontare direttamente da Valeria in un’intervista.
Prima di “Mia”, il tuo penultimo album di inediti risale al 2014. Sono passati quindi cinque anni: cosa cambia nella vita di una cantautrice in tutto questo tempo?
Nel mio caso, molto. Ho fatto esperienze che mi hanno portato anche più lontano rispetto alla musica, perché avevo bisogno di stimoli diversi. Dopo aver esercitato le orecchie per 15 anni avevo bisogno di esercitare gli occhi. Qualche anno fa il mio amico regista Lorenzo Corvino regista mi ha chiesto di scrivere la colonna sonora per un film, WAX, e lì ho capito che c’era tantissimo in comune tra il video e la musica, le due arti andavano di pari passo. Mi sono poi iscritta allo IED e laureata in video design. Ciò mi ha permesso di approcciarmi al mondo visual, che mi è servito moltissimo in questo ultimo album elettronico.
Com’è stato allontanarsi dalla musica?
Non ho avuto difficoltà. Quando poi ho sentito la necessità di tornare a fare quello che mi riesce meglio in assoluto, scrivere, sono venute fuori cose che magari cinque anni non avrei mai scritto, e mi hanno colpito molto.
Parliamo proprio di questo nuovo stile e dell’evoluzione dei tuoi brani. La tua scrittura è più vivida che mai, spesso rabbiosa, ma ricca di immagini autentiche e immediate. L’elettronica calza alla perfezione. Forse non poteva accadere altrimenti?
Beh sì, ero un po’ stanca, forse, delle sonorità acustiche. Mi annoiavano e sicuramente avrebbero annoiato anche chi ascolta le cose che scrivo. Ho sempre puntato ad essere molto diretta. Sai, l’idea del cantautore ripiegato sulla sua chitarra che canta cose incomprensibili mi ha sempre fatto inorridire. L’idea di utilizzare tante immagini è fondamentale anzitutto come ascoltatrice, per me è naturale raccontare una storia vedendola. L’elettronica spinge tutto questo perché non ha bisogno di infrastrutture, arriva dritta, senza filtri. Perfetta per me, che scrivo “di pancia”.
Mi ha incuriosito la tua idea di associare un colore alle canzoni. Come mai?
È un altro modo di percepire i pezzi, molto personale. Un blu elettrico, un rosso o un color oro associati ai brani completano quello che la musica, essendo magari solo un ascolto, non riesce a dare.
“Mia” è un concept album in cui, fondamentalmente, ci sei tu che rincorri e insegui questa donna senza sosta. Sei davvero così tormentata quando scrivi?
Io non sono affatto una persona tranquilla! (ride) In realtà sono molto tormentata ed è quello il mio motore. La verità è che quando uno è felice non ha tempo di scrivere canzoni, ha molto più tempo quando c’è lo struggimento, che mi ispira molto di più di un amore sereno.
Dopo cinque brani dalle sonorità molto dure, chiudi con la dolcissima “Le cose che dicono”, un bellissimo reading con una base di pianoforte. Hai voluto un lieto fine.
Sì, quel pezzo faceva molto fine album. Volevo chiudere con un’accezione positiva, nessuna storia deve essere chiusa con questo fare rabbioso lasciando situazioni sospese, che in generale ti tengono legato a qualcosa. Chiudere qualcosa con tutto risolto aiuta a ripartire. “Le cose che dicono” è stata una cosa estemporanea, fatta in un’ora a casa mia, registrata lì, riportata in studio e sistemata. Un “buona la prima” fatto di getto.
In “Mia”, che dà il titolo all’album, dici “l’amore ad ogni costo non è che solitudine“. A cosa ci si aggrappa in questi casi?
Ci sono delle persone che si ostinano a portare avanti un rapporto anche quando uno dei due non è più coinvolto. Per comodità, perché tutto quello che va a rompere un equilibrio genera dei conflitti interiori e diventa sempre più difficile rimettersi in gioco. Ho visto tanti rapporti sfociare in questo tipo di solitudine.
Il singolo apripista dell’album, per il quale hai girato il video a Parigi, si intitola “Mi faccio un regalo”. Scrivi “Oggi è il mio compleanno e mi faccio un regalo, non dimentico tutto ma riparto da zero”. Che regalo si farebbe oggi Valeria?
Credo di essermelo già fatto. Ho tanto indagato me stessa, mi sono aperta delle porte, non ho avuto paura di affrontare delle cose che comunque in questo momento sono una persona serena. La mia serenità credo sia il regalo in assoluto più grande che potessi farmi. Mi è costata tanto, e ogni giorno è una conquista. Dopo tutto questo struggimento alla fine sono riuscita a tirare fuori tutti i lati positivi che il mio mettermi in gioco potesse darmi.
Nel 2008 hai partecipato a Sanremo tra le nuove proposte, con “Ore ed ore”. Che voto daresti a quest’esperienza? Hai più provato a tornarci… o ci torneresti?
A dire il vero ho provato a tornarci qualche anno dopo, con “Torno presto”, lettera di soldato dal fronte ispirata dai fatti di Nassirya. Di Sanremo ho un ricordo meraviglioso, mi sono divertita tantissimo e oltretutto ho vissuto le emozioni senza l’ansia della prestazione, anche perché “Ore ed ore” non è mai stato un pezzo particolarmente difficile nell’esecuzione. Sono felice di averla fatta a quell’età e con quella maturità, perché probabilmente se fossi stata più giovane non me la sarei goduta. Ci tornerei? Credo che nessun artista a Sanremo non ci voglia andare, mi sa tanto di “non arrivo all’uva quindi dico che non mi interessa”. Io lo auguro a tutti. È una parentesi, perché sì, è una parentesi, che ti plasma e ti permette di confrontarti con professionisti a tutti i livelli. Una settimana che ti apre un mondo. Assolutamente 10 come esperienza.
Le tue canzoni d’amore parlano di donne. Come mai in Italia, secondo te, si canta così poco dell’amore tra due donne, nonostante alcune cantanti o cantautrici abbiano anche molto seguito tra le lesbiche?
Credo che il discorso sia quello che presti un po’ il fianco ad affrontare discorsi in modo pruriginoso. È una patata bollente non è facile affrontarla, c’è sempre chi scrive una parola sbagliata o si rischia magari di ritrovarsi un marchio addosso. Io però sono convinta che la buona fede premi sempre, e che che ci siano delle forme di scrittura assolutamente disarmanti. Poi oggi magari non fa neanche più notizia perché certi temi sono stati sdoganati. Non so, bisognerebbe chiederlo ai miei colleghi.
Quest’anno ricorrono i 50 anni dai Moti di Stonewall e l’Italia si prepara ad un vero e proprio tsunami arcobaleno da nord a sud, che attraverserà l’Italia da aprile a settembre. Parteciperai al Pride?
Sicuramente sì! Saremo un po’ in giro per l’Italia quest’estate, quindi si tratta solo di far coincidere gli impegni, ma senz’altro parteciperò!
Ci sarà un tour?
Stiamo decidendo le date,promuoveremo l’album e non solo. Trattandosi di un album elettronico sarà suonato con l’ausilio – anche – di un dj set. Ai miei pezzi unirò altre cose un po’ più ballabili. Sarà ogni volta una festa diversa.
Sono previsti nuovi singoli?
“Mia” sarà il singolo estivo, adesso capiremo se fare un video promozionale, ma penso di sì.
Adesso ti propongo un “pistola alla tempia” musicale. Ti propongo due coppie di cantautrici a te molto affini e devi dirmi chi scegli. Sei pronta?
Vai!
Ani di Franco o Pj Harvey?
Ani di franco, sicuramente.
Carmen Consoli o Paola Turci?
Non posso risponderti. Mi piacciono tutti e due. Farei un torto a me stessa prima di tutto.
Dai, te la faccio più semplice: “L’ultimo bacio” o “Ti amerò lo stesso”?
Ti amerò lo stesso.
Immaginavo!
Però sono due brani composti in due frangenti diversi, magari uno ha delle sonorità che mi riportano più a me, sono comunque due capolavori.
Valeria, non ti rimane che salutare i nostri lettori.
Un saluto ai lettori di BL Magazine, che sono felice di invitare stasera a Roma, presso “L’asino che vola” (Via Antonio Coppi, 12 – ore 22:00 – ingresso libero), dove sarà presentato “Mia”. Insieme a me suoneranno sul palco Vittorio Giannelli (arrangiamenti e chitarre), Andrea Carta (pianoforte e tastiere), Paolo Fabbrocino (batteria), Fabio Greco (chitarre) e Menotti Minervini (basso). L’apertura del concerto è affidata a Miss Poetrix, che presenta “Transfert”, un progetto di poesia e musica elettronica di cui ho curato l’aspetto musicale. Vi aspetto!