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Perché alcune donne sono maschiliste?

- 29/12/2019


Durante questo periodo natalizio ci sono state delle vittime nelle montagne della mia regione, in Abruzzo. Tre, nello specifico, di cui una donna che è morta proprio nel giorno di Natale.

Eh si, sono notizie drammatiche.

Dinanzi alla morte bisognerebbe semplicemente rispettare le vittime e le loro famiglie con un decoroso e semplice silenzio.

Anche stavolta, però, alcun* hanno perso l’opportunità di mostrare questo rispetto di fronte a ciò, ma solo ad una tragedia in particolare: guarda caso, la shitstorm di commenti di odio è avvenuta solo ed esclusivamente sotto la notizia della donna morta.

Perché a lei si e ai due uomini no?

Il motivo è semplice: il trekking nel nostro immaginario è ancora uno sport di appannaggio maschile e solo ed esclusivamente il maschio può goderne. La donna invece no, non può perché non è uno sport da femmine, e non può e non deve assolutamente gioirne, soprattutto nel giorno di Natale in cui la donna deve rimanere a casa a cucinare, a servire il resto della famiglia, a fare i dolci, e poi pulire tutto mentre gli uomini guardano la televisione bevendosi un amaro allegramente. (Tradizione? Si, ma tradizione non è sempre sinonimo di giusto.)

Ma oggi non parlerò nello specifico di questi stereotipi di genere con cui tutti noi abbiamo più o meno a che fare: sport maschili versus sport femminili né tanto meno del lavoro di cura imposto alle donne dalla società.

Voglio invece sottolineare che la buona parte dei commenti sessisti e maschilisti letti sotto i post delle testate giornalistiche che riportavano la tragica notizia della morte della donna provengano dalle donne stesse.

Non pubblico i commenti per non dare ancora più visibilità a questo schifo. Ma mi voglio soffermare su un tema molto delicato: donne che supportano il patriarcato.

Donne che odiano le donne.

Spesso lo leggiamo sui social. Ci sono moltissime donne che fanno commenti sessisti, soprattutto contro altre donne. Esistono quindi donne maschiliste?

Purtroppo si, eccome! E a volte sono anche le più feroci. Non serve essere maschi per essere maschilisti. Se il maschilismo fosse un dominio esclusivo degli uomini sono sicura al 100% che non ci troveremmo mai in questa situazione di disparità, anzi: ce ne saremmo liberati anche da un bel po’. Il leitmotiv delle donne che non riescono a supportare altre donne è una narrativa maschilista.

Ma il maschilismo non è “l’uomo che va contro la donna”?

Non è del tutto esatto. Il maschilismo è quel fenomeno che prevede la superiorità del maschio sulla donna, a differenza del femminismo che invece vuole la parità dei sessi. Quindi se una donna fa un commento sessista contro una donna, sminuendola, è di per sé anche maschilista. Come dicevo prima, non serve essere uomini per considerare le donne inferiori.

E perché mai le donne vanno contro ad altre donne, sminuendole? Non converrebbe essere tutte dalla stessa parte, in quanto tutte persone dello stesso genere?

Assolutamente si, certo che converrebbe! Ma ciò non accade per una serie di motivi.

Prima di tutto perché, a differenza di tante altre categorie, noi donne non abbiamo una “Coscienza di genere” forte, come lo è stata, ad esempio, per la coscienza di classe sulla quale si sono basati per secoli le lotte sindacali. La nostra rete in quanto donne non è ben salda ed anzi: credo che l’unione delle donne , soprattutto in paesi come l’Italia, è molto lontana. Manca assolutamente un nucleo compatto e combattivo che riesce ad affrontare di muso il patriarcato presente, ovviamente, anche in Italia.

Altro motivo, certamente correlato all’altro ma anche più complesso, è in un certo senso la “Sindrome di Stoccolma” che molte donne hanno nei confronti degli uomini, sostenendo così il patriarcato. Quando una donna va contro un’altra donna non giudica lei in quanto essere umano di sesso femminile, ma perché non sta rispettando (nel suo comportamento/stile di vita che sta appunto giudicando) i canoni di bellezza o il ruolo della donna imposti dalla società maschilista predominante e quindi va assolutamente ripresa e “sgridata”:

  • Sei una donna che non ama fare le pulizie? Sei una zozzona, nessun uomo vorrà sposarti! Devi amare le pulizie!
  • Sei una donna non magra? Sei una cicciona, nessun uomo vorrà scoparti! Devi assolutamente dimagrire!
  • Sei una donna che a Natale hai preferito fare trekking invece che cucinare per tutta la famiglia? E’ colpa tua se sei morta, dovevi startene a casa come tutte le donne normali!

Molte donne diventano così delle “poliziotte del patriarcato”, che con il loro operato cercano di far rispettare il copione di donne belle, curate, eterosessuali, magre, eleganti, silenziose ecc… a tutte.

Cosa ci guadagnano?

Queste donne si comportano da poliziotte con il solo scopo di essere accettate ed amate dall’uomo (visto che noi siamo tante e il principe azzurro è solo uno…) creando quindi complicità con l’oppressore (Sindrome di Stoccolma, appunto!) che in cambio da loro protezione e concede del potere.

Stare dalla parte del privilegiato ti fa avere dei piccoli privilegi in più rispetto a chi invece lo contrasta, anche se minori di quelli che lui ha in quanto uomo e sempre in maniera prevalentemente parassitaria.

Il patriarcato punisce le dissidenti, ma premia di più (ma con delle briciole!) le collaborazioniste che potranno esercitare il loro scarso potere sulle altre e gioire della gloria che l’uomo le darà in quanto “esempio da seguire”.

Fichissimo, vero?

E non solo: la donna maschilista si sente libera e liberata perché il suo modo di pensare non le è stato imposto con violenze, ma con la sua educazione quotidiana che è appunto, maschilista. Il patriarcato è un sistema complesso in cui veniamo al mondo, che ci insegna tutti i giorni e ovunque come dobbiamo o non dobbiamo essere. Manda continue spinte sin dalla nostra nascita che ci fa allineare allo standard imposto.

Se non sei in linea con questo standard, vieni sanzionata (esattamente come da dei poliziott*) o con il ridicolo o con la violenza.

Le donne nello specifico puntano più sul ridicolo. La violenza è una pratica tipicamente del genere maschile: l’aggressività che può sfociare in femminicidio o stupro è riconducibile più alla mascolinità (tossica) che alla femminilità. (ciò non significa che tutti gli uomini siano violenti, ovviamente!).

Il ridicolizzare una donna femminista e il movimento femminista di per se, (soprattutto da parte di una donna) sminuisce la nostra lotta con il fine di esaltare l’uomo: il risultato è quindi rendere l’uomo superiore alla donna e meno appetibile il femminismo, anche eventualmente a delle nuove reclute, e quindi a forze nuove che potrebbero potenziare il movimento per contrastare il sessismo.

Il risultato è quindi avere sempre meno persone che contrastano la discriminazione di genere, rendendo meno credibile la voce del movimento femminista. Delle voci isolate hanno purtroppo meno impatto rispetto a una voce forte e comune. E’ ovvio che più siamo e più ci ascoltano, ed è proprio per questo che spesso veniamo sminuite e messe contro.

La mancanza di una sollevazione femminista compatta, di massa e ben direzionata è insieme causa e conseguenza del patriarcato.

Ecco perché credo proprio che ci sarà un periodo, iniziato da poco in realtà (soprattutto qui in Italia dove manca un nucleo compatto femminista,) in cui ci saranno alcune donne pioniere, non tantissime, che nonostante tutto questo continueranno a lottare, a far presente che la discriminazione di genere esiste, che è lampante ed è pressoché ovunque. Per fortuna alcune donne lo stanno già facendo (basta pensare a Giulia Blasi, Michela Murgia, Irene Facheris ed altre, che con il loro impagabile lavoro il femminismo viene sdoganato sempre di più) e sono certa che a poco a poco, seguendole, ne verranno tante altre. E più ne siamo e più ci supporteremo a vicenda.

Le chiameranno rompi palle, nazi-femministe (anche quando non lo sono!”) e “cesse inscopabili” da uomini e dalle donne ( e soprattutto da loro, che farà molto più male…).

Ma romperanno questo circolo vizioso, e lì sarà rivoluzione.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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