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Perché esiste un Femminismo Trans-escludente?

- 07/06/2020


Ho voluto aspettare un po’ prima di scrivere questo articolo.

Tempo fa è scoppiata una polemica, nata da un post dell’associazione Arcilesbica, che ha portato in auge uno dei dibattiti più sentiti dal movimento femminista: il trans-esclusivismo.

https://www.facebook.com/Arcilesbica/posts/2763905890384528

Da questa ferma posizione dell’associazione molte femministe, per lo più radicali, si sono schierate a favore: per loro le trans non sono delle “vere donne” e quindi non “degne” di partecipare attivamente al movimento femminista. Queste femministe vengono denominate TERF (Trans-exclusionary radical feminism).

La questione del Trans-esclusivismo, insieme a l’esclusivismo degli uomini (le due cose sono correlate, come vedremo), la GPA, il Velo e il Sex Works, è una tematica molto delicata e scottante del movimento femminista ed ha reso possibile la divisione di gruppi e associazioni, come sta succedendo in questo periodo tra le femministe radicali esclusiviste e le femministe intersezionali.

L’altra volta ho cercato di raccontare della questione del velo e della libertà che ogni donna debba avere per indossarlo o meno.

Oggi colgo la palla di Arcilesbica al balzo e provo a sviscerare anche questo argomento, molto delicato, nella maniera più semplice e breve possibile, anche perché penso che non si possa combattere ciò che non si capisce.

La prima domanda che mi viene in mente è:

Perché esistono sottogruppi del femminismo che escludono le donne trans nel movimento?

Mi rimane molto difficile rispondere a questa domanda, poiché da sempre mi sono battuta per un femminismo molto inclusivo quale quello Intersezionale (vi consiglio la lettura del mio articolo a riguardo), ma soprattutto parto sempre dall’idea (per la maggior parte delle persone assolutamente lapalissiana) che l’identità di genere prescinde dal sesso biologico di una persona e viceversa.

Per me il femminismo o è inclusivo o non è.

E’ assolutamente scontato che le donne trans, come anche gli uomini trans e gli uomini cis possano ed anzi debbano partecipare attivamente al movimento femminista.

Ma credo sia necessario fare un passo indietro e cercare di confutare non solo la mia tesi, ma anche l’antitesi, guardando al passato ed alla storia del movimento.

In principio, nella primissima ondata del femminismo, le donne non erano libere di lavorare, di essere se stesse, né di decidere per se stesse senza un uomo. Un clima ben diverso da quella in cui ci troviamo ora, da cui son passate ormai quasi quattro ondate.

Questo femminismo era focalizzato proprio nell’acquisizione dei diritti fondamentali della donna come quello di lavorare, votare, divorziare o vestirsi come volevano senza che un uomo decidesse per loro. La presenza dell’uomo nelle loro vite era invadente e onnipresente: la necessità di creare luoghi sicuri di sole donne fu per loro quindi un primo passo verso l’emancipazione femminile, perché libere dal costante controllo e sguardo maschile.

Pensare a questo ci fa forse in parte comprendere come alcune donne siano estremamente gelose e protettive verso i propri spazi (politici e non) femminili e femministi, escludendo quindi non solo gli uomini ma anche quegli uomini che , secondo loro, dicono di essere donne (rabbrividisco).

In sintesi, se sei nato con un pene ma ti senti donna, non puoi essere considerata una “vera donna”, all’altezza delle altre perché nate donne (cisgender).

Per questo le “false donne”, uomini che dicono di essere donne ma non hanno la vagina, sono escluse dagli spazi femminili e nel loro dibattito femminista. Io questa roba la chiamo transfobia, soprattutto quando questo concetto viene ribadito con violenza, cosa successa in passato.

E non solo: il creare una gerarchia fra persone è una dinamica di stampo patriarcale. Il sistema piramidale è tutto fuorché femminista.

Ma andiamo avanti.

La concezione che abbiamo oggi dell’identità di genere che prescinde dal sesso biologico della persona è nettamente diverso rispetto al passato, ed è un argomento in costante evoluzione. Infatti non è difficile pensare che il concetto futuro di identità di genere sarà ben diverso da quello che abbiamo oggi.

Ma ciò non giustifica il rimanere ancorati, a mio avviso, da un pensiero arcaico e obsoleto, soprattutto quando si parla di persone e della libertà di queste.

E’ innegabile che dalle primissime battaglie sulla parità di genere i passi che sono stati fatti sono enormi ed anzi, è proprio grazie alle attiviste prima di me che oggi sono qui a poter dire la mia su internet, libera di esprimermi come voglio e senza chiedere il permesso a nessuno.

La parità è certamente ancora molto lontana, ma come ogni movimento filosofico e politico che si perpetua negli anni vi è una costante evoluzione che va capita, accolta ma soprattutto accettata. Le situazioni sociali e politiche mutano e cambiano nel corso del tempo, e con essa anche le nostre rivendicazioni, il modo di approcciarsi alle battaglie e alle esigenze delle donne (e di tutt*). E’ chiaro quindi che gli obiettivi che si avevano in principio siano completamente diversi da quelli di oggi come anche la comprensione della realtà che ci circonda.

Lo scontro generazionale è poi costante e, anche su questa tematica, presente e vivace.

Come ogni filosofia, anche il femminismo nella sua vastità ha delle correnti interne più o meno diverse ma nessuna di esse è più femminista dell’altra. Bisognerebbe in effetti utilizzare la parola “femminismi“, al plurale, per spiegare la pluralità di questo movimento, con due secoli di storia e con molte declinazioni al suo interno.

Ma credo davvero che per combattere definitivamente il patriarcato bisogni unire e interconnettere tutte le oppressioni e cercare finalmente di creare un mondo fatto semplicemente di persone, tutt* degn* di godere dei diritti umani fondamentali e tutt* degn* di partecipare alla lotta.

Credo che nessun* sia più vero di qualcun’altr*.

Come dice Amnesty International in uno dei suoi slogan: “To change everything we need everyone”.

Per cambiare tutto c’è bisogno di tutt*.

Nessun* escluso.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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