Oggi ho letto sull’Internazionale una frase dell’ex presidente cilena Michelle Bachelet: “Quando una donna fa politica, cambia la donna. Ma quando tante donne fanno politica, cambia la politica”. Mai frase più vera ed azzeccata in questo momento storico, colpito si da un emergenza sanitaria a causa di una pandemia, ma anche da un ondata di volti nuovi, di donne, nel campo politico e nell’attivismo.
Nonostante tutto sono fiduciosa, ottimista. Mi rendo conto che le cose stanno mutando, lentamente. Ma come ogni grande cambiamento, soprattutto di quelli stabili e duraturi, il tutto avviene gradualmente.
Oggi mi va di raccontarvi perché sono ottimista:
USA.
Sono le 6 donne rielette al Congresso due anni fa che stanno facendo la storia. Nell’ordine: Alexandria Ocasio Cortez, la più giovane di sempre, con una carica di grinta e desiderio di cambiamento che sta spazzolando l’America, Ayanna Pressley, la prima afroamericana eletta in Massachussetts, Stato notoriamente ‘bianco’, Ilhan Omar prima rifugiata e musulmana, Deb Haaland, la prima Nativa Americana eletta, cosa incredibile a dirsi e che ha reso il Congresso non più un luogo di soli colonizzatori, poi Veronika Escobar, una delle due donne latinoamericane elette in uno stato, il Texas, dove la popolazione latinoamericana è al 40%. poi Sharice Davids, Nativa Americana anche lei e, come non bastasse, lesbica dichiarata.
Sarah McBride è stata eletta con l’86% dei voti nel Delaware: diventa la politica trans di più alto profilo negli Usa poiché è diventata la prima senatrice apertamente transgender nella storia degli Stati Uniti soprattutto grazie ai voti a distanza. “Chiunque si preoccupi che la propria realtà e i propri sogni si escludano a vicenda, sappia che il cambiamento è possibile. Sappia che la sua voce è importante. Sappi che puoi farlo anche tu”, ha scritto la neo-senatrice sul suo account Twitter.
Senza parlare della neo vice presidentessa degli Stati Uniti, Kamala Harris, la prima donna a rivestire una carica così importante in tutta la storia USA. Ma su questo ne abbiamo già parlato.
Nuova Zelanda.
Per la prima volta la Nuova Zelanda ha nominato una donna indigena Māori ministra degli Esteri. Nanaia Mahuta è stata scelta dalla prima ministra Jacinda Ardern, del partito laburista, rieletta il mese scorso con il 49,1% dei voti. L’esecutivo sarà il più inclusivo della storia della Nuova Zelanda, con un quarto dei ministri appartenenti a comunità indigene, otto donne su venti e un vice primo ministro – e ministro delle Finanze – apertamente omosessuale. Secondo Ardern, il gabinetto è composto da persone con grandi meriti e talento, ed è anche “incredibilmente inclusivo. Ne sono orgogliosa. Riflette la Nuova Zelanda che l’ha eletto”.
Il nuovo parlamento è composto quasi per metà da donne – contro la media globale del 25% – e circa il 10% dei membri appartiene alla comunità LGBTQ+. Mahuta è stata eletta la prima volta nel 1996 e negli anni ha rivestito diverse cariche, spendendosi sempre per la sua comunità. Quattro anni fa, nel 2016, era stata la prima parlamentare donna a portare sul mento il moko kauae, un tatuaggio tradizionale Māori che contiene informazioni sulla propria storia e i propri antenati. Mahuta è imparentata con esponenti del Movimento Reale Māori, che esiste da oltre 160 anni in Nuova Zelanda. Secondo Rukuwai Tipene-Allen, giornalista politica della TV Māori, la nomina di Mahuta è molto significativa: “La faccia che la gente vede a livello internazionale è quella di qualcuno che parla come una Māori e ha l’aspetto di una Māori”. Il fatto che la ministra abbia il moko – che anche la giornalista porta sul mento – “mostra che la nostra cultura trova posto a livello internazionale, che le persone possono vederne l’importanza”, ha aggiunto ancora Tipene-Allen, secondo cui “indossare i segni dei suoi antenati mostra alla gente che non ci sono confini per i Māori”.
Mahuta ha ricevuto congratulazioni da tutto l’arco parlamentare per il suo nuovo ruolo. Simon Bridges, ex leader del partito di centro destra – ha dichiarato che si tratta di “un momento importante a livello internazionale”, mentre il membro dei Verdi Golriz Ghahraman ha mostrato soddisfazione per il fatto che il paese stia “decolonizzando” la sua voce per quanto riguarda gli affari esteri.
Polonia.
Sono giorni ormai che le proteste in Polonia continuano e tendono ad aumentare dopo il divieto assoluto di abortire nel paese.
In precedenza l’IVG era consentito in alcuni casi, ma l’assoluto divieto alla pratica, anche in situazioni di gravi malformazioni del feto, ha scatenato una reazione mai vista prima in Polonia portando al blocco della mozione (eh si, la lotta a volte paga!).
Ne ho parlato meglio qui, intervistando un’attivista polacca.
Cile.
Il 25 ottobre il Cile ha deciso di sostituire la sua costituzione, ultima eredità della dittatura del generale Augusto Pinochet, con la prima costituzione al mondo che sarà scritta in forma paritaria, cioè da un’assemblea costituente formata per metà da uomini e per metà da donne. La nuova assemblea, composta da 155 persone, sarà eletta l’11 aprile 2021 e avrà un anno per presentare il nuovo testo. Sembra assurdo che nel 2020 non ci sia una costituzione paritaria al mondo. Per questo motivo è un passo avanti enorme per le cilene, che oggi rappresentano solo il 20 per cento del parlamento, e per le donne di tutto il mondo.
Brasile.
Monica Benicio è stata eletta al Consiglio Municipale di Rio de Janeiro. Raccoglie l’eredità di Marielle Franco, attivista per i diritti umani e compagna di Monica, assassinata nel 2018 in circostanze non ancora chiarite, e viene eletta con il Partito Socialista e un programma femminista, antirazzista, attento alle tematiche ambientali, LGBTI+ e ai diritti delle persone delle favelas.
E questi sono solo degli esempi di cambiamento radicale nel mondo, che stanno portando vero la parità di genere.
Fondamentale la rappresentanza femminile nei luoghi di potere, perché consentirà la rottura di quel circolo vizioso in cui le donne vengono invisibilizzate e tenute fuori nei campi dirigenziali, riservati da sempre agli uomini. Senza punti di riferimento di donne non si entrerà mai nell’ottica che la parità sia un qualcosa di tangibile e reale, e che può e deve essere messo in atto anche nella scelta di persone competenti senza tener conto del genere.
E poi già me lo immagino: le bambine di oggi guarderanno queste donne meravigliose, queste punte di diamante e di riferimento nella politica mondiale e potranno concretamente pensare che da grandi, anche loro, possono seguire le loro orme.