Zero discriminazioni. Diffondere la cultura dell‘uguaglianza e del rispetto per prevenire la violenza e l’esclusione. È questo lo scopo della Giornata Internazionale contro le discriminazioni promossa da UNAIDS.
Nata nel 2014 sotto l’egida delle Nazioni Unite, e lanciata dal direttore esecutivo di UNAIDS Michel Sidibé , Zero Discrimination Day si propone di promuovere l’uguaglianza davanti alla legge in tutti i paesi dell’ONU, invitando le persone “a parlare e a impedire che la discriminazione possa ostacolare il raggiungimento di ambizioni, obiettivi e sogni“.
UNAIDS sollecita un’azione per modificare le leggi discriminatorie ancora vigenti al fine di ripristinare la dignità e il rispetto, e apportare miglioramenti per garantire la parità dei diritti, l’inclusione e la protezione.
Il comunicato di UNAIDS
Nel comunicato pubblicato sul sito unaids.org, si analizza la mappa delle discriminazioni nel mondo. Il 2018 è stato un anno molto importante in questo senso: la Corte Suprema Indiana ha abrogato la section 377 del Codice Penale, decriminalizzando l’omosessualità, le Filippine hanno abbassato l’età del consenso per i test volontari dell’hiv, in Malawi è stato abbandonato un disegno di legge che avrebbe vietato di fatto ogni tentativo di informazione riguardo l’HIV.
Come ricorda UNAIDS, non si può arretrare su principi non negoziabili come la dignità umana e il valore della vita, come sancito dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani. Le pratiche discriminatorie in tutto il mondo rappresentano una barriera insormontabile per l’accesso alla salute e ad altri servizi essenziali.
“Le violazioni dei diritti umani stanno accadendo in tutto il mondo a causa di leggi e pratiche discriminatorie“, ha affermato Michel Sidibé, patron della “Zero discrimination day” e direttore esecutivo di UNAIDS. “Le leggi devono proteggere, non causare danni. Tutti i paesi devono esaminare attentamente le loro leggi e politiche al fine di garantire l’uguaglianza e la protezione di tutte le persone, senza eccezioni “.
Secondo UNAIDS, le Nazioni devono rendersi disponibili ad agevolare le iniziative di legge popolari e i referendum, attraverso petizioni e consultazioni popolari.
2018: non solo vittorie
Analizzando il report UNAIDS, scopriamo che nel 2018 almeno 20 paesi hanno imposto restrizioni di viaggio di qualche tipo contro le persone sieropositive, mentre circa 29 paesi hanno dichiarato di richiedere il consenso del marito o del partner di una donna per accedere ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.
59 sono i paesi hanno riportato test HIV obbligatori per permessi di matrimonio, lavoro o residenza o per determinati gruppi di persone nella legge, nei regolamenti o nelle politiche, e 17 paesi hanno criminalizzato le persone transgender.
Mentre 45 paesi hanno leggi che impongono il consenso dei genitori per adolescenti e minori per accedere ai servizi di test HIV, 33 paesi hanno imposto la pena di morte per reati legati al mondo della droga.
Le relazioni omosessuali, infine, sono state criminalizzate in almeno 67 paesi e territori in tutto il mondo.
UNAIDS lavora attivamente con i partner delle Nazioni Unite, i governi, le organizzazioni della società civile per modificare tali leggi come parte del Global Partnership for Action per eliminare tutte le forme di stigma e discriminazione correlate all’HIV.
Il report di Save the children: il 45% delle discriminazioni nelle scuole
Sono stati resi noti i risultati di un sondaggio realizzato da SottoSopra, il Movimento Giovani per Save the Children, nell’ambito della campagna “UP-prezzami” per combattere gli stereotipi. L’indagine ha visto protagonisti oltre duemila studenti e studentesse delle scuole superiori di tutta Italia, che hanno risposto a domande inerenti a bullismo e discriminazione.
Ciò che ne è emerso è che tre studenti su cinque hanno subito comportamenti discriminatori e ben nove studenti su dieci sono stati spettatori di discriminazioni verso i propri compagni.
Tra gli studenti vittima di discriminazioni, il 19% ha dichiarato di essere stato emarginato dal gruppo, il 17% è stato oggetto di voci negative sul proprio conto, il 16% è stato vittima di derisioni, furti, minacce o pestaggi.
A chi si rivolgono i ragazzi discriminati? Nella maggior parte dei casi alla famiglia o ad amici (32%), mentre il 31% non si è rivolto a nessuno. Un dato significativo e doloroso che dimostra quanto la cultura del bullismo sia pericolosamente radicata tra gli studenti e dell’assoluta solitudine che vivono i ragazzi bullizzati all’interno di un contesto che dovrebbe proteggerli, formarli ed educarli all’incontro: la scuola è infatti il luogo dove, nella metà dei casi, avvengono questi episodi. Altri luoghi che favoriscono la discriminazione sono la strada (30%) e i social network (21%).
Per quali ragioni si è discriminati? Soprattutto perché vengono affibbiati “dal branco” etichette e stereotipi non graditi. Chi ha assistito ad episodi di discriminazioni ha dimostrato che nella maggioranza dei casi (il 16%) si discrimina chi viene preso di mira perché omosessuale, sovrappeso o di sesso femminile. Il colore della pelle è causa di bullismo nel 9%, mentre poco sotto (8,5%) si afferma come discriminante la condizione di indigenza economica. Al 7% la causa è la disabilità.
Secondo gli intervistati, i soggetti più esposti al rischio sono gli omosessuali, seguiti da persone di origine rom e persone grasse (entrambi all’85%), persone di colore (82%), islamici (76%), poveri (71%), disabili (67%), arabi (67%), asiatici ed ebrei (53% per entrambi).
“La discriminazione esiste. È pericolosa e fa male a tutti, a chi discrimina e a chi è discriminato” hanno scritto i giovani di SottoSopra nel manifesto della campagna UP-prezzami. Aggiungendo: “Ne siamo assuefatti. Non la vediamo, e se la vediamo, la giustifichiamo”. Risulta essere quanto mai indispensabile ridiscutere i doveri della scuola, perché è lì che per la metà dei ragazzi intervistati, ha luogo la discriminazione”.