Si celebra oggi la Giornata Internazionale contro l’omotransfobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia, un’occasione per riflettere sulla realtà delle persone lgbt di oggi e levare alto il nostro monito contro ogni forma di violenza e discriminazione.
Una ricorrenza che quest’anno è fortemente significativa per via del famoso art. 7 del ddl Zan, che ne richiede il riconoscimento formale dal Parlamento, disponendo attività di promozione della cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché di contrasto a pregiudizi, discriminazioni e violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere coinvolgendo le scuole e altre amministrazioni pubbliche.
Non abbasseremo mai la guardia per rivendicare i diritti e le tutele che ci spettano: l’Italia si pone solo 35° posto della classifica dei Paesi Europei per politiche a tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza delle persone LGBT+ (Lesbiche, Gay, Bisex e Trans), una posizione inaccettabile in un contesto europeo in cui le nazioni più socialmente avanzate raggiungono nuovi livelli di parità e uguaglianza mentre l’est Europa, con Polonia e Ungheria capofila, legittimano una pericolosa omotransfobia di Stato ai danni delle persone non eterosessuali.
Nonostante la Giornata non sia ancora istituzionalizzata non è mancato neanche quest’anno il sostegno da parte del Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha ribadito “il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza“. “Le attitudini personali e l’orientamento sessuale – ha affermato il presidente della Repubblica in una nota ripresa dal quotidiano La Stampa – non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica. La società viene arricchita dal contributo delle diversità. Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé, rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili“.
La data del 17 maggio è stata scelta per ricordare la cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali dell’OMS nel 1990.
I dati di Gay Help Line
Sono stati resi noti per l’occasione i dati di Gay Help Line, contact center nazionale antiomofobia e antitransfobia per persone gay, lesbiche, bisex e trans gestito dal Gay Center, fondato nel 2005 come punto di ascolto e supporto per chiunque subisca casi di discriminazione, violenze e di bullismo di matrice omotransfobica.
Gay Help Line segnala oltre 50 contatti al giorno, tra linea telefonica e chat, per una media di 20.000 segnalazioni all’anno. L’età media è decisamente bassa: il 60% degli utenti appartengono alla fascia d’età che va dai 13 ai 27 anni, e coincide con il periodo in cui i ragazzi decidono di dichiararsi in famiglia: è qui che un giovane LGB su 2 segnala problemi gravi o moderati in seguito al coming out, mentre la percentuale sale al 70% nel caso delle persone trans che annunciano di voler cominciare un percorso di transizione.
Al rifiuto da parte dei familiari o “dei propri pari“, segue per il 36% dei minori la repressione della propria sessualità o della propria identità di genere, che si manifesta attraverso l’isolamento, la reclusione e l’abbandono scolastico.
Cosa comporta per i ragazzi maggiorenni il coming out in famiglie ostili? Per il 17% di loro la perdita del sostegno economico. Alcuni di questi ragazzi, abbandonati a loro stessi, vengono accolti nelle case rifugio LGBT+ messe a disposizione dalle associazioni arcobaleno, supportati a livello psicologico per superare il trauma subito e aiutati per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro.
I dati della Gay Help Line sottolineano inoltre come, nell’ultimo anno di pandemia, i ricatti e le minacce subiti dalle persone lgbt sono passati dall’11% al 28%. I casi di mobbing e discriminazioni sul lavoro, invece, sarebbero saliti dal 3 al 15%, mentre il 30% degli studenti lgbt+ che hanno contattato la help line ha riportato episodi di cyberbullismo e hate speech online.
Cosa dovremo fare per convincere una parte della politica che il ddl Zan porrebbe rimedio a una parte consistente di questi problemi ancora non ci è chiaro. I dati reali sono sotto gli occhi di tutti, e chi si volta dall’altra parte è semplicemente in malafede. Rivendicare una libertà di opinione viziata da odio e pregiudizi e scevra da ogni responsabilità è oggi un atteggiamento spregiudicatamente ostile ai danni di cittadini e cittadine che cercano solo parità e diritti, in un mondo in cui chiedono solamente di essere liberi di essere/amare chi desiderano.