L’articolo riportato è un’inchiesta svolta da Reuters che denuncia un meccanismo di violenze sessuali, e di aborti forzati, in Nigeria.
L’articolo originale lo potete recuperare qui, scritto da Reuters.
Si stima che dal 2013, l’esercito nigeriano abbia condotto una campagna segreta di aborti forzati e illegali nella parte nord-est del paese, ponendo fine a circa 10.000 gravidanze.
Secondo un’indagine della Reuters, molte donne e ragazze sono state rapite e stuprate da estremisti islamici. Coloro che hanno opposto resistenza sono state picchiate, tenute in ostaggio e drogate per obbedire, secondo le testimonianze riportate. Noi vi riportiamo quella di Fati.
La testimonianza di Fati
FATI, giovane ragazza, venne fatta prigioniera in un villaggio dell’isola del Lago Ciad, dove gli estremisti insorti controllavano lei e altre donne.
Quando l’esercito nigeriano arrivò per liberarle, ci furono spari ed esplosioni, tanto che Fati svenne dal terrore.
Quando si svegliò in un campo militare, Fati si sentì “felice come mai prima d’ora!”, grata ai soldati che l’avevano salvata.
Una settimana dopo però, lei e altre donne vennero visitate, e l’esercito nigeriano praticò su di loro alcune iniezioni o fecero loro ingerire delle pillole.
Poche ore più tardi, Fati sentì un dolore lancinante allo stomaco e iniziò a perdere sangue nero. “i soldati vogliono ucciderci!” pensò.
Fati era incinta di quattro mesi, e altre donne come lei, tutti figli degli islamici che le avevano tenute prigioniere, torturandole e violentandole.
I soldati avevano interrotto le loro gravidanze senza chiedere, e senza nemmeno dirlo, e una volta tentato di protestare vennero minacciate dai soldati nigeriani: “se lo dici a qualcuno, verrai picchiata seriamente”.
L’indagine di Reuters
Come riportato da Reuters, gli aborti non consensuali sono stati molti, se non tutti, praticati a donne in gravidanza (da un minimo di 12 anni e più) incinte sia da poche settimane che dopo aver quasi completato il ciclo della gravidanza.
L’indagine si basa su interviste a 33 donne e ragazze, che affermano tutte di aver subito aborti mentre erano sotto la custodia dell’esercito nigeriano.
Su 33, solo una ha avuto la possibilità di esprimere il suo consenso.
I giornalisti hanno anche intervistato cinque operatori sanitari civili e nove membri del personale di sicurezza coinvolti nel programma, inclusi soldati e altri dipendenti del governo come guardie armate, impegnate a scortare le donne incinte ai siti di aborto. Inoltre, Reuters ha esaminato copie di documenti militari e cartelle cliniche civili che descrivono o registrano migliaia di procedure di aborto.
L’indagine prosegue presso questo articolo, in inglese.