Questa settimana, per la rubrica BL Legalità, parleremo della possibilità, al momento negata, per le coppie omosessuali di adottare dei bambini, ed in particolar modo di poter trascrivere in Italia le adozioni effettuate all’estero e /o i certificati di nascita dei propri figli nati da maternità surrogata o utero in affitto.
In verità si tratta di un argomento che diverse volte è stato citato nella rubrica legalità, si pensi agli articoli sulle unioni civili oppure all’articolo sull’ordinanza della Corte di Cassazione che consentiva una maggiore apertura nei casi di adozione speciale e non solo.
Adozioni e genitorialità same – sex, un argomento controverso
La trascrizione delle adozioni, utero in affitto, maternità surrogata ed anche la stepchild adoption sono argomenti che agitano gli animi e spesso ci si trova innanzi a posizioni nettamente contrapposte che sino ad oggi non hanno consentito nessuna soluzione conciliativa, anche avente carattere meramente temporaneo.
Questa conflittualità ha generato, come spesso succede su argomenti riguardanti le politiche sociali, una differenza di comportamento tra il Legislatore e la Giurisprudenza, poiché sono stati nuovamente i Giudici a compiere scelte che sarebbero spettate al Legislatore.
Decisioni, come ad esempio quella presa dal Tribunale di Firenze che acconsentì alla trascrizione di una stepchild adoption e quella della Corte d’Appello di Milano che ha acconsentito all’adozione di un minore da parte di partner dello stesso sesso, che non sono state accettate dai sindaci che hanno impugnato la sentenza e si sono rifiutati di procedere alla suddetta trascrizione.
Il ricorso alla Cassazione: l’unica strada percorribile
Nella giornata di lunedì è comparsa la notizia che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione saranno chiamate a decidere sulla possibilità che gli Uffici dell’Anagrafe comunale possano legittimamente o meno trascrivere e recepire l’adozione di un minore, derivante naturalmente da un provvedimento emesso da un Giudice straniero, da parte di una coppia di persone dello stesso sesso.
La scelta di deferire la decisione alle Sezioni Unite è stata criticata ma, ad avviso di chi scrive, era l’unica strada percorribile.
Per capire le ragioni delle mie affermazioni occorre procedere ad un reminder.
Come accennato in precedenza, vi sono stati alcuni Giudici che, nonostante il vuoto normativo, hanno autorizzato la trascrizione delle adozioni e dei certificati di nascita da parte di coppie aventi lo stesso sesso.
Queste decisioni, sempre in virtù del conflitto sociale alimentato da una politica cieca e propagandistica, sono state impugnate e contestate con la conseguenza che i provvedimenti emessi sono passati al vaglio delle Corti d’Appello prima e successivamente sono arrivate alla Corte di Cassazione.
Il deferimento alle Sezioni Unite deriva dal fatto che nel 2017 la Corte d’Appello di Milano aveva accolta la richiesta di una coppia ritenendo che “l’adozione di un minore da parte di partner dello stesso sesso, pronunciata in altro stato, non fosse contraria all’ordine pubblico internazionale”, tenuto conto dell’interesse superiore del minore.
Tralasciando ogni commento su come una decisione di questo tipo sia idonea a turbare l’ordine pubblico internazionale, la suddetta decisione è stata impugnata dal Sindaco di Samarate che, pare evidente, a differenza della sottoscritta ha compreso (forse in maniera un po’ tendenziosa) la contrarietà all’ordine pubblico internazionale e la pericolosità sociale sottesa ad una decisione di tale tipo.
Il pomo della discordia è, quindi, passato alla Corte di Cassazione che, mutando quello che aveva fatto in precedenza – con grande sollievo di chi scrive – ha rimesso il caso alle Sezioni Unite.
Le Sezioni Unite non solo sono le uniche che possano dare un indirizzo tendenzialmente univoco su quelle che saranno le future decisioni sull’argomento, ma che già in passato, in tema di adozioni da parte di coppie omosessuali o same sex, ha promulgato una bellissima sentenza.
La bellissima sentenza della Cassazione 10101/2017 UP 6/11/2018 a favore della genitorialità same-sex
Una sentenza lunga 49 pagine dove il fenomeno viene analizzato sotto tutte le sfaccettature, dove vengono fatti tantissimi riferimenti a varie ipotesi che potrebbero verificarsi come la stepchild adoptation, la madre surrogata ed anche la fecondazione eterologa assistita.
Si fa riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Unite, RGN. 10101/2017, UP 6/11/2018 avente ad oggetto il riconoscimento di un provvedimento straniero dove, a pagina 24 al punto 12, viene spiegato in maniera molto dettagliata come deve essere interpretato il concetto di ordine pubblico.
Questa chiave di lettura così dettagliata, precisa ed attenta a mille sfaccettature, consente di bypassare tantissime obiezioni che potrebbero essere avanzante sulle trascrizioni dei provvedimenti stranieri, e veramente potrebbero essere di aiuto a tutte quelle coppie che hanno scelto, non potendolo fare in Italia, di andare all’estero per adottare un bambino.
“Nell’escludere la contrarietà all’ordine pubblico del provvedimento con cui il Giudice canadese ha riconosciuto a Xx ed Xy AA, già dichiarati figli di AA AA, il medesimo status nei confronti di BB BB, con il quale i minori non hanno alcun legame biologico, l’ordinanza impugnata ha richiamato una recente pronuncia di legittimità, che identifica la predetta nozione con il «complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati ad un livello sovraordinato rispetto alla legisla- zione ordinaria» (cfr. Cass., Sez. I, 30/09/2016, n. 19599).
Premesso che, a differenza di quanto previsto dalla legge canadese, che ammette il ricorso alla maternità surrogata, purché a titolo gratuito, la disciplina della procreazione medicalmente assistita vigente nel nostro ordinamento non lo consente, la Corte di merito ha ritenuto che il divieto posto dalla legge n. 40 del 2004 non precluda il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra i minori generati attraverso la suddetta pratica ed il genitore intenzionale, trattandosi di disposizioni che non costituiscono espressione di principi vincolanti per il legislatore ordinario, ma dell’ampio margine di apprezzamento di cui quest’ultimo gode nella regolamentazione di una materia in ordine alla quale non vi è consenso a livello europeo, per i delicati interrogativi di ordine etico che la stessa suscita.
Precisato inoltre che il nostro ordinamento non prevede un modello di genitorialità fondato esclusivamente sul legame biologico tra il genitore ed il nato, ha conferito rilievo da un lato all’interesse superiore dei minori, identificato nel diritto a conservare lo status di figli loro riconosciuto dall’atto validamente formato all’estero, dall’altro alla consapevole decisione di accudirli ed allevarli, nell’ambito del progetto familiare avviato con l’altro genitore.”
Ed ancora si legge sempre in riferimento all’ordine pubblico
“L’apertura di quest’ultimo al diritto sovranazionale ed il recepimento dei principi introdotti dalle convenzioni internazionali cui il nostro Paese ha prestato adesione, oltre ad influire sull’interpretazione della normativa interna, ha peraltro determinato una modificazione del concetto di ordine pubblico internazionale, caratterizzato, nelle formulazioni più recenti, da un sempre più marcato riferimento ai valori giuridici condivisi dalla comunità internazionale ed alla tutela dei diritti fondamentali, al quale fa inevitabilmente riscontro un affievolimento dell’attenzione verso quei profili della disciplina interna che, pur previsti da norme imperative, non rispondono ai predetti canoni. Emblematica di tale evoluzione è l’affermazione di ordine generale secondo cui i principi di ordine pubblico vanno individuati in quelli fondamentali della nostra Costituzione o in quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo, o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti dell’intero assetto ordinamentale (cfr. Cass., Sez. lav., 26/05/2008, n. 13547; 23/02/2006, n. 4040; 26/11/2004, n. 22332).
Significativa è anche la precisazione, conforme alle critiche mosse al precedente orientamento, che l‘ordine pubblico internazionale non è identificabile con quello interno, perché altrimenti le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all’applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, con la conseguenza che resterebbe cancellata la diversità tra sistemi giuridici e diverrebbero sostanzialmente inutili le stesse regole del diritto internazionale privato (cfr. Cass., Sez. lav., 4/05/2007, n. 10215).
La conclusione che se ne trae è che non vi è coincidenza tra le norme inderogabili dell’ordinamento italiano ed i principi di ordine pubblico rilevanti come limitazione all’applicazione di leggi straniere, dal momento che questi ultimi non vanno enucleati soltanto dal quadro normativa interno, ma devono essere ricavati da esigenze (comuni ai diversi ordinamenti statali) di garanzia e tutela dei diritti fondamentali, o da valori fondanti dell’intero assetto ordinamentale (cfr. Cass., Sez. III, 22/08/2013, n. 19405; Cass., Sez. lav., 19/ 07/2007, n. 16017).
In tale mutato contesto s’inserisce anche il precedente richiamato dalla ordinanza impugnata, avente ad oggetto il riconoscimento dell’atto straniero di nascita di un minore generato da due donne, una delle quali aveva fornito l’ovulo necessario al concepimento mediante procreazione medicalmente assistita, mentre l’altra lo aveva partorito: tale pronuncia, nel ribadire la nozione di ordine pubblico dianzi riportata, si pone in rapporto di continuità con il nuovo orientamento, affermando a chiare lettere che «il legame, pur sempre necessario con l’ordinamento nazionale, è da intendersi limitato ai principi fondamentali desumibili, in primo luogo, dalla Costituzione, ma anche, laddove compatibili con essa, dai trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo»; essa precisa che «un contrasto con l’ordine pubblico non è ravvisabile per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente da una o più disposizioni del diritto nazionale, perché il parametro di riferimento non è costituito (o non è costituito più) dalle norme con le quali il legislatore ordinario eserciti (o abbia esercitato) la propria discrezionalità in una determinata materia, ma esclusivamente dai principi fondamentali vincolanti per lo stesso legislatore ordinario», e conclude pertanto che «il giudice, al quale è affidato il compito di verificare preventivamente la compatibilità della norma straniera con tali principi, dovrà negare il contrasto con l’ordine pubblico in presenza di una mera incompatibilità (temporanea) della norma straniera con la legislazione nazionale vigente, quando questa rappresenti una delle possibili modalità di espressione della discrezionalità del legislatore ordinario in un determinato momento storico» (cfr. Cass., Sez. I, 30/09/2016, n. 19599, cit.) .
Dopo una lunga ed attenta analisi, che si cita solo in parte, le Sezioni Unite concludono che “In tema di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l’ordine pubblico, richiesta dagli artt. 64 e ss. della legge n. 218 del 1995, dev’essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente dal quale non può prescindersi nella ricostruzione delle nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico” e che “ Il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d’intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude peraltro la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma primo, lett. d), della legge n. 184 del 1983”.
L’analisi
Quanto dedotto dalle Sezioni ha una potenzialità enorme, consente di interpretare in una maniera nuova e più ampia un concetto stringente come quello di ordine pubblico e così facendo contente di limitare anche le contestazioni mosse alla trascrizione dei provvedimenti emessi da Giudici esteri in tema di adozioni.
La strada tracciata è un fondamentale riconoscimento dei diritti, un’estensione della Legge basata sull’interpretazione delle norme e questa circostanza si evidenzia soprattutto nell’ultimo passaggio ove le Sezioni Unite riconoscono che in caso di maternità surrogata non si può procedere alla trascrizione ma forniscono una soluzione alternativa.
Si tratta di una grande proiezione verso la tutela completa dei diritti ed è l’ennesima riprova che il cambiamento non verrò tanto dal Legislatore quanto dalla Giustizia.