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“Diritto allo Svago” (art. 24 Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo). Un diritto esistente solo sulla carta.

- 04/12/2019
diritto alle ferie


In questa settimana dedicata agli Human Rights, la rubrica BL Legalità sarà dedicata all’articolo 24 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ovvero a quell’articolo, che almeno sulla carta, tutela il diritto allo svago.

Nonostante il diritto allo svago sia stato inserito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è forse tra i diritti meno conosciuti ed applicati ivi contenuti e purtroppo la scelta di non applicarlo è del tutto legittima!

Ricordiamo, infatti, che la dichiarazione universale dei diritti umani è un documento sui diritti della persona adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, e sebbene la dichiarazione fosse stata concepita come vincolante per tutti gli Stati Membri, in assenza di dispozione specifica non lo è.

Si può, quindi, sperare ed auspicare che venga applicata nel modo e nella maniera più completa possibile ma non lo si può pretendere.

Cosa prevede l’articolo 24?


Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite

Il contenuto di questo articolo ha un potenziale enorme, perché in una semplice frase viene letteralmente racchiuso un mondo e una interpretazione estensiva, a mio avviso corretta, andrebbe a coinvolgere sicuramente il mondo del lavoro ma anche i diritti dei bambini, non solo in ambito scolastico.

Proprio partendo dal concetto di interpretazione estensiva, il contenuto dell’articolo 24 ben si collega all’art. 36 della Costituzione che della Dichirazione Universale dei Diritti dell’Uomo è più vecchia di un annetto all’incirca.

L’articolo 36 della Costituzione Italiana stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il Lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite , e non può rinunziarvi”.

La correlazione tra i due articoli è semplice: visto che ho diritto di divertirmi e di svagarmi, articolo 24, devo avere anche il tempo ed il modo di farlo, articolo 36.

diritto allo svago

Sul piano teorico sembra tutto bellissimo e soprattutto immediato, ed invece sul piano pratico le cose cambiano.

Lo sanno bene i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi, che ottenere le ferie diventa un problema e che le stesse molte volte, soprattutto se si è agli inizi, vengono negate, oppure che bisogna aspettare che gli altri scelgano sperando di poter comunque andare in ferie in un periodo che sia agevole.

Appare lecito domandarsi perché, se il diritto allo svago è stabilito tanto dalla nostra Costituzione quanto dalla Dichirazione dei diritti dell’Uomo è possibile che venga negato?

Abbiamo già chiarito prima che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo era stata pensata come vincolante, ma che non lo è, ed aggiungiamo ora che l’attuazione dell’articolo 36 della nostra Costituzione è sancita dall’articolo 2109 cc, codice civile.

Cosa prevede l’articolo 2109 cc?

Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica. Ha anche diritto, dopo un anno d’ininterrotto servizio, ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. […]”.

La domanda successiva è semplice: a quanto ammonta il periodo? La risposta, piuttosto vaga, è almeno due settimane l’anno.

Il datore di lavoro è, quindi, obbligato a:

1. concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell’anno di maturazione;

2. concedere due settimane consecutive se richiesto dal lavoratore

3. la fruizione del restante periodo minimo di due settimane nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione.

Concludendo, a parere di chi scrive, il diritto allo svago poteva e doveva essere applicato meglio ma il problema in questo caso specifico non è un errore del Legislatore ma la violazione dell’articolo 1 della nostra Costituzione ovvero L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”

La carenza di lavoro, la precarietà dello stesso determinano non solo l’impossibilità di maturare il proprio diritto ma anche che un lavoratore, contrariamente a quanto sancito costituzionalmente, vi rinunci.

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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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