Riferirsi a qualcuno con l’epiteto di “froci0“, per la stragrande maggioranza degli italiani, equivale a diffamazione. Non si può, quindi, sostenere che la “coscienza sociale” sia cambiata e accetti questa definizione alleggerendola del suo carattere ingiurioso.
Così si è espressa la Cassazione, che ha confermato la condanna per diffamazione per la modella transessuale Efe Bal nei confronti di un politico dell’area leghista, che aveva apostrofato in rete come “fr0cio” e “schifoso” dopo aver avuto con lui un rapporto sessuale.
Il destinatario di queste offese era passato a vie legali. Dopo le sentenze di primo e secondo grado che l’hanno vista soccombere in giudizio, la modella ha ritenuto opportuno ricorrere in Cassazione sostenendo che le parole usate “avrebbero ormai perso, per l’evoluzione della coscienza sociale, il carattere dispregiativo“.
Purtroppo per lei, i giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte con sentenza 19350 hanno evidenziato il carattere lesivo dell’identità personale delle suddette espressioni, in quanto “veicolo di avvilimento”, come dimostrato “dalle liti furibonde innescate, in ogni dove, dall’attribuzione delle qualità sottese alle espressioni di cui si discute e dal fatto che, nella prassi, molti ricorrono, per recare offesa alla persona, proprio ai termini utilizzati dall’imputato“.
La difesa dell’imputata è stata quindi dichiarata inammissibile e la modella è stata condannata a risarcire quanto dovuto, come da sentenza di secondo grado.
La speranza è che questa sentenza sia utile per tutti coloro i quali sono soliti usare questa parola con leggerezza, con il pretesto di fare della goliardia una cifra stilistica senza preoccuparsi di ledere la sensibilità del prossimo (ogni riferimento a Pio e Amedeo non è puramente casuale).
Fonti: ADNKronos, Leggo e Gay.it