“I genitori che non hanno alcun rapporto biologico con i minori non possono essere trascritti nel registro di Stato Civile, se questi hanno fatto ricorso alla maternità surrogata“.
È questa la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che oggi hanno reso nota la sentenza 12193, attraverso la quale si notifica che “non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico, il cosiddetto genitore d’intenzione“, rigettando la domanda di accoglimento della trascrizione di due minori concepiti da un componente di una coppia omosessuale attraverso il ricorso alla procreazione assistita con la collaborazione di due donne: la donatrice dell’ovocita e la gestante.
La sentenza si intende posta “a tutela della gestante e dell’istituto dell’adozione“, sottolineando che per le coppie omosessuali è lecito ricorrere alla cosiddetta “adozione particolare“.
Il commento alla sentenza
Non bisogna però pensare che la sentenza risulti sfavorevole solo a causa dell’orientamento sessuale dei ricorrenti: la Cassazione si è riferita alla legge n. 40/2004, che nello specifico vieta la “realizzazione o l’organizzazione della maternità surrogata” come principio di ordine pubblico.
Anche l’avvocato della coppia, Alexander Schuster, ha commentato specificando come “il problema è stato inquadrato prescindendo da sesso e orientamento sessuale”, e aggiungendo che “da una parte questa sentenza mette finalmente fine al dibattito sull’utilizzabilità dell’art. 44 per le adozioni nelle coppie conviventi, anche dello stesso sesso; e dall’altra neutralizza la questione parificando il caso del secondo padre a quello della madre intenzionale, parlando genericamente di ‘genitore intenzionale’”.
Tuttavia, per la coppia ci sono buone possibilità di ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell’uomo in quanto pare non rendere conto “della tutela dell’interesse dei minori, perché non pone il minore nella stessa posizione in cui si trova un figlio riconosciuto o trascritto”.