È arrivata poche ore fa la replica di Mario Draghi al question time al Senato riguardante la nota informale che ieri la Segreteria di Stato della Santa Sede ha fatto pervenire all’Ambasciata Italiana.
La nota, come già approfondito in questo editoriale, esprimeva preoccupazione sulle determinazioni di legge previste dal Ddl Zan che metterebbero in pericolo la libertà di pensiero della Chiesa e dei fedeli cattolici su questioni di fede, e quindi violerebbero alcuni articoli del Concordato.
Siamo oggi in grado di fornirvi la versione integrale della lettera, pubblicata su ANSA e la replica del Primo Ministro Mario Draghi.
La nota del Vaticano sul ddl Zan
La Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati, porge distinti ossequi all’Ecc.ma Ambasciata d’Italia e ha l’onore di fare riferimento al disegno di legge N. 2005, recante “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, il cui testo è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 ed è attualmente all’esame del Senato della Repubblica.
Al riguardo, la Segreteria di Stato rileva che alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa – particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere” avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario. Diverse espressioni della Sacra Scrittura, della Tradizione ecclesiale e del Magistero autentico dei Papi e dei Vescovi considerano, a molteplici effetti, la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina.
Tale prospettiva è infatti garantita dall’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana di revisione del Concordato lateranense, sottoscritto il 18 febbraio 1984. Nello specifico, all’articolo 2, comma 1, si afferma che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. All’articolo 2, comma 3, si afferma ancora che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
La Segreteria di Stato auspica pertanto che la Parte italiana possa tenere in debita considerazione le suddette argomentazioni e trovare una diversa modulazione del testo normativo, continuando a garantire il rispetto dei Patti Laternanensi […].
La segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati, si avvale della circostanza per rinnovare all’Ecc.ma Ambasciata d’Italia i sensi della sua alta considerazione.
Dal Vaticano, 17 giugno 2021
Dalla nota emerge la preoccupazione della Santa Sede sulla questione della “differenza sessuale“, argomento che parrebbe “indisponibile” e quindi impossibile da assoggettare a diverse interpretazioni, non solo dalle Sacre Scritture ma anche dalla prassi ecclesiale e dalle pronunce di Papi e Vescovi. La ragione, in questo caso, risiederebbe nella natura divina della “rivelazione” sulla creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio come raccontato nell’Antico Testamento.
In altre parole: se le sacre scritture considerano un abominio l’omosessualità, è nel potere di chiunque manifestarlo senza che da ciò derivi un effetto penale perché è scritto nella Bibbia.
Parole che suonano ingenerose e del tutto prive di considerazione per quelle centinaia di cittadini italiani esposti quotidianamente a episodi di discriminazione, violenza e a crimini d’odio, a giovani allontanati da casa da genitori cattolici e a quei tanti che vengono sottoposti a percorsi religiosi di “conversione”, costretti a castrare la propria sessualità perché non accettati nelle loro famiglie. Espressioni lesive, da qualunque parti le si guardi, della dignità stessa delle persone lgbt.
La nota, infatti, non contiene alcun riferimento, neanche indiretto, ai potenziali destinatari della legge (né si interessa di ribadire l’accoglienza della chiesa verso le persone omosessuali) ma si limita a chiedere formalmente una “rimodulazione” del ddl. A tal proposito, è bene ricordare che il ddl Zan contiene già gli anticorpi necessari per garantire a tutti il libero esercizio della libertà di pensiero, attraverso la clausola “salva idee” (art. 4) che mette al riparo “opinioni, convincimenti e condotte legittime” nel rispetto del pluralismo delle idee, “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti“.
Va inoltre ribadito che già un anno fa, in occasione della calendarizzazione del ddl Zan alla Camera, la CEI – Conferenza Episcopale Italiana, in una nota, esprimeva dubbi sulla deriva liberticida del disegno di legge contro l’omotransfobia. Lascia sconcertati come l’esistenza stessa delle persone lgbt+ e la libertà sessuale rappresentino ancora una minaccia costante alle alte sfere ecclesiastiche le quali, se da un lato esprimono episodicamente la volontà di accogliere tutti i figli di Dio nella casa del Padre, dall’altro non perdono occasione di insinuare un irritante senso di vergogna e disagio in coloro che si rispecchiano in una sessualità non conforme ai dogmi religiosi. E di ribadirlo senza curarsi delle pesanti conseguenze sociali che queste determinazioni hanno nelle vite delle persone lgbt+.
Tutto appare come l’ennesimo, disperato tentativo di esprimere un parere prettamente politico sulla questione, cercando di smuovere le sensibilità dei parlamentari cattolici e assicurarsi un ruolo di rilievo nel dibattito sociale, parlamentare ed extraparlamentare della vicenda. In qualsiasi modo la si pensi è mortificante che nel 2021 ci si debba assicurare di poter stigmatizzare le libere determinazioni individuali in fatto di sesso, affettività e genitorialità se non corrispondenti ai vetusti dogmi della Chiesa.
La replica del Primo Ministro Mario Draghi
Interrogato oggi al Senato il Presidente il Consiglio Mario Draghi, andando a braccio, ha commentato la nota con piglio cauto, rispedendo al mittente le accuse mosse dalla Santa Sede ma rimanendo al di fuori del dibattito parlamentare, rimarcando l’estraneità del Governo all’iter legislativo.
“Senza voler entrare nel merito della questione rispetto agli ultimi sviluppi: il nostro è uno stato laico, non è uno stato confessionale. il Parlamento è libero di discutere, di legiferare e non solo. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le Leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la chiesa. Vi sono i controlli preventivi di costituzionalità nelle competenti commissioni parlamentari e poi ci sono i controlli successivi della Corte Costituzionale”.
Citando una pronuncia proprio della Consulta del 1989, Draghi ha aggiunto: “La laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso ma tutela del pluralismo e delle diversità culturali“. Il premier ha poi ricordato che ieri l’Italia, insieme ad altri 16 paesi europei, ha sottoscritto una dichiarazione congiunta nella quale si esprime preoccupazioni sugli articoli di legge in Ungheria che discriminano in base all’orientamento sessuale. “Queste sono le dich che oggi mi sento di fare senza entrare nel merito della discussione parlamentare” ha infine concluso Draghi. “Il governo la sta seguendo ma questo non è il momento del governo, bensì del Parlamento“.