Sono trascorsi pochi giorni dalla sentenza della Corte Suprema degli USA che ha, di fatto, posto un veto sull’arruolamento nell’esercito di individui transessuali, ossia di “soggetti che abbiano manifestato l’intenzione di sottoporsi all’intervento di transizione o che l’abbiano già iniziato”.
Una vera e propria norma oscurantista lesiva dei diritti delle persone transessuali, giudicata dai Democratici “espressione di una visione oscurantista e bigotta della realtà“. La norma, approvata a strettissima maggioranza (5 a 4) dalla Corte, espressione del governo repubblicano, varrà solo per il futuro. La decisione rappresenta una chiara regressione dalla revoca del “don’t ask don’t tell“, il divieto al coming out per i membri dell’esercito abrogato dal Barack Obama nel 2016. Ad oggi, l’esercito americano conta quasi novemila transessuali.
“I transgender non esistono”
Il Dipartimento della salute e dei diritti umani del Governo Trump è seriamente intenzionato a modificare la definizione di genere come una “condizione immutabile, determinata dai genitali alla nascita, fondata su basi biologiche chiare, immutabili, oggettive e amministrabili“. Questo eliminerebbe il riconoscimento federale, e quindi i diritti e le protezioni, per coloro che si identificano come genere diverso da quello che sono stati assegnati alla nascita.
Una legge formulata appositamente a danno delle persone affette da disforia di genere, che vedranno assegnarsi il sesso solo in base ai loro organi genitali biologici. Il provvedimento negherebbe non solo l’esistenza dei transessuali, ma anche del diritto alla riassegnazione del sesso finora riconosciuto dallo Stato. Una scelta drastica, illogica e negazionista che graverebbe su un milione di transessuali.
I diritti dei transgender nel resto dell’occidente
La politica di Trump in tema di identità di genere è in netta controtendenza rispetto ai percorsi intrapresi in buona parte dell’occidente.
Nel 2004, l’Inghilterra ha approvato il Gender Recognition Act per consentire alle persone transgender di cambiare legalmente. Ha fatto eco la Spagna nel 2007 e l’Uruguay nel 2009. Nel 2012, l’Argentina ha approvato quella che viene definita come “la più progressiva legge sull’identità di genere nel mondo” (ne abbiamo parlato qui) consentendo alle persone di cambiare il proprio nome o genere nei registri pubblici, senza approvazione del medico o del giudice, e garanzia di libero accesso agli ormoni e alla chirurgia di riassegnazione di genere. Inoltre nel 2015, la Colombia ha approvato una legge simile che ha permesso ai cittadini di cambiare il loro nome legale e il proprio genere di genere semplicemente comparendo davanti a un notaio.
Anche in Italia la giurisprudenza, nel 2017, ha riconosciuto il diritto alla modifica anagrafica senza dover attendere i tempi della sanità, quindi senza la necessità di un intervento chirurgico, in virtù del principio per cui la discrasia tra l’aspetto esteriore e la percezione della propria identità di genere causa un danno al benessere psicologico della persona.
Fa specie, quindi, che un paese da sempre promotore dei diritti individuali come gli Stati Uniti d’America, possa assumere una posizione così netta sul riconoscimento della disforia di genere e dei diritti dei transessuali.
Pakistan, nazione all’avanguardia per i diritti dei transessuali
Sorprendente è invece la posizione del Pakistan, paese fortemente influenzato dalla tradizione musulmana, in tema di diritti dei transgender.
La scorsa primavera, il Parlamento pakistano ha approvato il “Transgender Persons Act (Protection of Rights)“. In tal modo, il Pakistan ha affermato che deve essere riconosciuto “il senso intimo e individuale di sé di una persona come maschio, femmina o una miscela di entrambi, o nessuno dei due, che può corrispondere o meno al sesso assegnato alla nascita“.
La legge, un esempio di avanguardia nel panorama non solo asiatico ma intercontinentale, consente ai cittadini pakistani di riconoscere questa identificazione su tutti i documenti statali, come passaporti e patenti di guida. Inoltre, la legge prevede l’istituzione di centri di protezione e abitazioni per coloro che si sentono a rischio, il diritto all’eredità e alla corsa per le cariche pubbliche.
Il Pakistan ha quindi esteso la piena protezione dei diritti alle persone transgender.
Ancora più stupore suscita il sostegno dei musulmani al Transgender Act. Già in cinquanta, nel 2016, firmarono una fatwa (cioè una dispensa vincolante dell’autorità religiosa sciita) a favore dei trans, dichiarando la legittimità, anche religiosa, del matrimonio fra transgender, purché con “indicazioni sessuali” opposte, e del matrimonio misto tra uomini e donne cisgender e transgender. La fatwa ha inoltre messo al bando la discriminazione e le molestie nei confronti delle persone transessuali come vietate dalla sharia, perché “un tale atto equivale a obiettare a uno delle creazioni di Allah“.
Khwaja sira, il “terzo genere” dal retaggio millenario
Eppure c’è una spiegazione antropologica all’apertura del Pakistan nei confronti dei diritti dei transgender. La risposta affonda le radici molto indietro nel tempo, di diversi millenni, nella cultura dei “Khwaja sira” in Asia meridionale, individui “non binary” e considerati “classe speciale” della società. Erano spesso chiamati a ballare durante le celebrazioni, come degli intrattenitori, fino ad essere ritenuti dotati di qualità “mitiche“, quasi sacre.
Tuttavia, i khwaja sira al giorno d’oggi non hanno una vita facile. Sebbene considerati da una fetta di popolazione creature quasi “mistiche”, sono costretti a prostituirsi e molti vivono in situazioni di indigenza.
L’estensione dei diritti dei transessuali è un piccolo barlume di speranza all’interno del movimento LGBT pakistano. A fronte di una crescente considerazione dei transessuali, restano infatti illegali gli atti di sodomia, l’adulterio e il sesso al di fuori del matrimonio (sebbene siano raramente puniti). E, al di là della legge, la comunità gay e lesbica è spesso oggetto di violenza fisica e psicologica anche all’interno della famiglia.
Bisogna sperare che questo piccolo passo in avanti possa, da un lato, rappresentare l’inizio di un percorso in cui l’omosessualità possa essere infine tollerata, e dall’altro umiliare la politica americana che per la prima volta nella sua storia potrebbe negare dei diritti acquisiti ai propri cittadini.
fonte: CNN