La data del 13 Maggio 2021 assume particolare importanza poiché in quella data, e senza che sia stato stabilito un tetto massimo al numero degli incontri, è stato fissato il termine per presentare proposte di audizione legate alla presentazione del DDL che il centrodestra ha predisposto per combattere l’omofobia.
La presentazione del DDL è molto particolare poiché da una parte si afferma che il testo “aumenta le pene in caso di discriminazione e violenza” e dall’altra si sostiene che, tramite lo stesso, si punta a superare “le battaglie ideologiche e i pregiudizi”.
Che rapporto c’è tra il DDL del centro destra e il DDL Zan?
Apparentemente nessuno, ma in realtà quando il DDL del centroddestra verrà assegnato alla Commissione Giustizia questa dovrà decide se approvare o rifiutare l’abbinamento dei due testi.
Ovviamente questa attività, indipendentemente dall’esito, comporterà sicuramente un allungamento dei termini per l’approvazione di un testo, che sia o meno il DDL Zan (del quale QUI ieri abbiamo smontato tutte le bufale e le fake news) o una nuova versione del DDL Zan, che si occupi di arginare il fenomeno dell’omofobia.
Chi ha presentato il DDL?
Lo stesso è stato presentato da Lega, Forza Italia, Udc e Cambiamo, ovvero da tutti i partiti di centrodestra all’interno della maggioranza Draghi.
Quali sono le differenze tra i due testi?
Nonostante, come detto, nella presentazione del DDL si parli di aumentare le pene e di superare le battaglie ideologiche, lo stesso si compone di soli 3 (tre) articoli ovvero 7 (sette) in meno del DDL Zan.
Questo è possibile poiché il testo del centro destra si limita a modificare l’articolo 61 del codice penale.
Cosa prevede l’articolo 61 del codice penale?
L’articolo 61 cp è denominato “aggravanti comuni”. Lo stesso prevede che “aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1) l’avere agito per motivi abietti o futili;
2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro [12c c.p.p.], ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;
3) l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;
4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;
10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di ospitalità;
11-bis) l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale;
11-ter) l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione;
11-quater) l’avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere;
11-quinquies) l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza;
11-sexies) l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative;
11-septies) l’avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni;
11-octies) l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività.
Con il primo articolo, il DDL introduce fra le aggravanti comuni, ovvero quelle che sono applicabili a qualsiasi reato, quella di «aver agito in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, disabilità nonché nei confronti dei soggetti» in condizione di particolare vulnerabilità.
Che risultato pratico avrebbe l’applicazione di questo articolo?
Il Giudice potrebbe prevedere un aumento della pena una volta commesso il reato.
Cosa comporterebbe l’approvazione degli ulteriori due articoli previsti dal DDL?
Occorre precisare che l’applicazione ed i cambiamenti connessi a questi due ulteriori articoli dipendo dall’approvazione dell’articolo 1.
L’articolo 2 e 3 del DDL, infatti, comporterebbero la modifica dell’art. 69 del codice di procedura penale, cpp.
L’articolo 69 cpp denominato “concorso di circostanze aggravanti e attenuanti” prevede “quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti. Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti. Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”.
Cosa significa in termini pratici?
La nuova aggravante, legata all’omofobia, al pari delle altre, annullerebbe l’effetto delle attenuanti, che al contrario permetterebbero uno sconto di pena.
Perché il DDL Zan è diverso se anche esso interviene sul codice penale?
È diverso perché ad essere modificato non sarebbe l’articolo 61 cpc ma l’articolo 2 del DDL Zan modificherebbe gli articoli 604 bis e 604 ter cp.
Il 604 bis cp, denominato “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, prevede “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito 1.a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; 2. b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale”
L’art. 604 ter, denominato “ circostanza aggravante”, prevede “Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità la pena è aumentata fino alla metà.Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante”
La differenza è chiara.
Nel DDL del centrodestra si andrebbe semplicemente ad aggiungere un aggravante.
Nel DDL Zan si parla di un vero e proprio reato cui sarebbe applicabile un aggravante specifica.
E ancora, tramite il DDL Zan, verrebbe estesa anche la porta dell’art. 5 della Legge Mancino poiché verrebbero aggiunte alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi nello specifico anche gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».
Inoltre anche il ddl Zan, all’articolo 3, aggiunge all’aggravante di discriminazione i motivi fondati sul sesso, genere, identità di genere, orientamento sessuale e disabilità.
Osservazioni sul DDL centro destra
L’aver ridotto il numero di articoli, 3 invece che 10, ha determinato ogni specificazione su cosa si intenda per «sesso», «genere», «orientamento sessuale» e «identità di genere». Nel testo del DDL viene semplicemente specificato che i termini siano da intendere «ai fini della presente legge», quindi per individuare a quali motivazioni possano essere ricondotti gli atti discriminatori.
Nel DDL Zan, all’articolo 1, si spiega che «per sesso» si intende il «sesso biologico o anagrafico».
Per «genere» si fa riferimento a «qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso».
Per «orientamento sessuale» si parla dell’«attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi».
Si parla, inoltre, di identità di genere su cui si è aprto il dibattito più ampio ed aspro.
Per «identità di genere» si intende «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione», ovvero che ci sia stato un cambiamento del sesso biologico.
Che fine ha fatto la sensibilizzazione?
Nel DDL del centro destra non vi è traccia della sensibilizzazione, il che comporta che non è stata prevista alcuna norma finalizzata a prevenire il fenomeno. Nel DDL Zan, di converso, la sensibilizzazione è affrontata dagli articoli 7, 8, 9 e 10.
Secondo l’articolo 7 del DDL Zan il 17 Maggio dovrebbe divenire la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.
L’articolo 8 del DDL Zan prevede che l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di Palazzo Chigi, istituito nel 2003 con lo scopo di occuparsi di razzismo e disparità basate sull’origine etnica, elabori «con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere».
L’articolo 9, almeno sulla carta (ma la mancata approvazione ha reso impossibile la sua attuazione che dal 2020), prevede che 4 milioni di euro vengano utilizzati dal Fondo pari opportunità, indirizzandoli, nello specifico, alla prevenzione e al contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime.
Da ultimo, l’articolo 10 richiede all’Istat di svolgere indagini, almeno ogni tre anni, sulle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere con lo scopo di fornire al legislatore elementi utili a capire come migliorare le politiche anti-discriminatorie.