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Il madamato: quando l’Italia rese legale lo stupro delle bambine


La Guerra ha sempre portato con sé, come orrendo corredo, non solo la distruzione di villaggi, paesi e città, ma anche le esistenze personali di popoli, comunità ed individui. Con la sua subdola presenza ha da sempre reso gli uomini oscuri mostri capaci di ogni efferato crimine che l’umano ingegno stenta, a tratti, ad immaginare.

Ogni guerra, ogni conflitto ha avuto barbarie simili. Ricordiamo, ad esempio, negli anni novanta, gli stupri dei miliziani serbi in Kosovo, oppure i selvaggi rapimenti delle ragazzine Nigeriane da parte di Boko Haram.

Sebbene esista una risoluzione ONU sul tema, il problema ahimè continua ad essere materia viva di denuncia.

Ma vogliamo raccontarvi una storia nostrana che ha macchiato indelebilmente il Paese dei Santi e dei Navigatori.

Ahimè, le pagine di Storia sono rimaste orfane di questa parentesi lunga di orrore promulgato a scapito di innocenti bambine.

Colonialismo italiano e Madamato

Infatti, dal 1870, anno d’invasione del Corno d’Africa, sino al 1941, anno della fine ufficiale del colonialismo italiano (anche se, de facto, è il 1960 l’anno in cui cessa qualunque predominio italiano nelle colonie) fu reso legale in Italia il Madamato.

colonialismo italiano

Il Madamato è un alibi orrendo che i soldati italiani utilizzarono per poter stuprare bambine abissine, libiche e, secondo alcune testimonianze, anche in Grecia.

Il madamato designava una relazione temporanea more uxorio tra un cittadino ed una donna nativa delle terre colonizzate, chiamata in questo caso madama.

Il fenomeno da più parti venne giustificato come rispondente alla tradizione locale del dämòz o “nozze per mercede, una forma di contratto matrimoniale che vincola i coniugi ad una reciprocità di obblighi, che includono per l’uomo quello di provvedere alla prole anche dopo la risoluzione del contratto. Molto spesso, però, gli italiani intendevano il madamato come libero accesso a prestazioni domestiche e sessuali, senza curarsi troppo dei doveri che l’unione prevedeva.

I soldati italiani e le spose bambine

I soldati erano spinti a scegliere spose bambine vergini anche per arginare la possibilità che essi frequentassero bordelli o case di tolleranza e quindi avere la possibilità di contrarre malattie veneree.

Le bambine venivano strappate alle famiglie. Molto spesso si trattava di giovani che non avevano ancora raggiunto il menarca e lo sviluppo fisico sarebbe comparso anni dopo.

Si, avete capito bene, stiamo parlando di pedofilia.

Questa pratica barbara ben presto riempì di bimbi meticci gli orfanotrofi gestiti da religiosi.

A partire dai primi decenni del Novecento, la politica coloniale delle grandi potenze rispetto alle relazioni interrazziali mutò decisamente.

Quando le gerarchie europee cominciarono a percepire più vulnerabile la propria supremazia intervennero dall’alto per modificare anche le forme della sessualità, proibendo il concubinaggio e sostituendolo da una parte dalla prostituzione organizzata e controllata pubblicamente dall’istituzione. Inoltre, si favorì l’afflusso in colonia delle mogli dei coloni.

In questo modo le élites coloniali cercarono di rafforzare la propria identità di dominatori, in sinergia con la diffusione delle teorie biologiche della «razza», sottolineando le ragioni culturali del loro predominio e i confini anche sessuali con la comunità dei sudditi.

Il madamato e il suprematismo bianco

Quando i fasci presero il potere, in virtù delle leggi razziali, il madamato venne mal visto ma comunque praticato.

Spesso e volentieri, le aule dei tribunali coloniali si riempirono di uomini intenti nel riconoscimento della propria Madama o per poterla legalmente abbandonare.

Nelle parole dei giudici che stilavano i dispositivi di sentenza si può cogliere bene dove si assestava il confine tra il comportamento lecito e quello illecito prescritto ai coloni maschi in quanto rappresentanti della «razza bianca».

Inoltre, emergono chiaramente le caratteristiche ideologiche che contraddistinsero il razzismo coloniale fascista nella sua fase imperiale: netta gerarchia biologica tra bianchi e africani, ossessione del prestigio di chi appartiene alla «razza» reputata superiore, disprezzo per le donne africane.

Anche il sessismo di cui era intrisa la società italiana appare in maniera evidente sia nei comportamenti descritti dei coloni che si percepivano come padroni e superiori alla popolazione locale, sia nelle riflessioni dei giudici che intrecciavano il disprezzo per le bambine africane con la considerazione generale di subalternità della donna rispetto all’uomo.

Dove non poté l’umanità s’impose il regime a bloccare il madamato.

fascismo madamato

Infatti nel 1937, solo con la promulgazione delle leggi razziali , e solo in virtù della protezione della razza italiana, il fenomeno si arrestò.

RdL n. 880 del 19 aprile 1937, Sanzioni per i rapporti di indole coniugale tra cittadini e sudditi.

Il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.

Sicuramente il pretesto dell’interruzione del Madamato non fu nobile, anzi.

Vi riportiamo la testimonianza diretta di un illustre Italiano che possedeva la sua Madama: Indro Montanelli alle prese in un dibattito Tv con la femminista Elvira Banotti.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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