Dopo anni di campagne da parte dei gruppi per i diritti delle donne, il governo danese ha trovato un accordo per modificare la legge penale sullo stupro.
Secondo la Convenzione di Istanbul, ratificata dalla Danimarca nel 2014, gli atti sessuali non consensuali e lo stupro devono essere classificati come reati. Il codice penale danese, tuttavia, non definisce lo stupro sulla base dell’assenza del consenso ma sull‘evidenza di violenza fisica, minacce, coercizione o sull’impossibilità per la vittima di opporre resistenza.
In altre parole, secondo la legge danese, se non si dimostra la presenza di segni fisici di violenza, la fattispecie non è identificabile come stupro perché si presume che la vittima abbia prestato il suo consenso. Una presunzione ingiusta, problematica e lesiva dei diritti delle donne, dato che un’aggressione può provocare nella donna paralisi involontarie o incapacità di reagire alla violenza.
Le conseguenze di porre il focus sulla resistenza alla violenza, anziché sul consenso, si riflettono su un più difficile onere della prova che la donna dovrà fornire al momento della denuncia alle autorità, sulle politiche di prevenzione dello stupro e sul contrasto all’impunità.
“Non ho denunciato per paura che non mi credessero“: la storia di Isabel, 19 anni
Nel report che Amnesty International ha pubblicato nel marzo del 2019 dedicato al problema degli stupri in Danimarca, leggiamo la storia di Isabel, ragazza danese di 19 anni, che riferisce di non aver denunciato il suo stupro alla polizia per assenza di testimoni, e reputava i suoi segni sul corpo insufficienti a dimostrare la violenza fisica: “Quando mi ha afferrato, non l’ha fatto abbastanza forte da farmi lividi” ha detto ad Amnesty.
Isabel si dice “consapevole di quanto sia difficile ottenere giustizia per stupro” anche nei casi in cui siano presenti prove fisiche o testimoni, così da pensare che “andare a denunciare sarebbe stato solo come spargere sale sulla ferita”.
La paura della reazione della polizia è una delle ragioni principali fornite da Isabel sulla mancata denuncia. Aveva sentito parlare del trattamento negativo subito da altre testimoni ed era preoccupata che, se avesse denunciato, sarebbe stata incolpata. Questo si sarebbe aggiunto al senso di colpa che già allora provava.
Isabel, nella sua intervista, sottolinea l’importanza di sensibilizzare al consenso già da bambini, e di farlo stando attenti agli stereotipi di genere lungo tutto il processo di crescita: “Non bisogna pensare di giustificare qualsiasi tipo di comportamento potenzialmente molesto, come spogliarsi a vicenda, con frasi come “sono bambini, si stanno solo divertendo” o “sono ragazzi”. Non appena imparano a interagire tra loro vanno istruiti su come farlo, e in un modo rispettoso dei limiti di tutti.“.
“Se non si è d’accordo è stupro”
“È una vittoria storica, non solo per gli attivisti che hanno lottato a lungo e duramente per questo giorno, ma per tutti in Danimarca“. ha affermato Anna Błuś, ricercatrice sui diritti delle donne di Amnesty International. “La nuova legislazione deve riconoscere la semplice verità che il sesso senza consenso è uno stupro e rendere assolutamente chiaro che la violenza fisica non è necessaria affinché il crimine sia considerato stupro. Anche nelle relazioni e nei matrimoni a lungo termine, il consenso non può mai essere assunto“.
Il ministro della Giustizia danese Nick Hækkerup si è impegnato in prima persona a “passare da un sistema in cui dovevano esserci coercizione e violenza perché questo crimine fosse considerato stupro a un sistema che mette al centro consenso. È uno stupro se non si è d’accordo. “Un partner sessuale potrebbe esprimere il proprio consenso verbalmente o “indirettamente” a seconda delle circostanze” ha aggiunto il ministro, chiarendo che “il linguaggio sessuale può andare oltre le parole”.
Quando la legge passerà, si spera entro la fine dell’anno, la Danimarca sarà il decimo paese in UE a riconoscere che il sesso senza consenso è uno stupro dopo Regno Unito, Irlanda, Belgio, Cipro, Lussemburgo, Islanda, Finlandia, Germania e Svezia. Le leggi penali dei restanti 23 paesi europei ancora definiscono lo stupro sulla base della forza fisica o della sua minaccia, della coercizione o dell’incapacità di difendersi.
Secondo il report pubblicato da Amnesty International, ogni anno sono circa 5100 le donne in Danimarca che subiscono uno stupro o un tentato stupro, stando ai dati rilevati dal Ministero della giustizia danese. Una ricerca dell’Università della Danimarca meridionale, tuttavia, stima che questa cifra potrebbe aggirarsi intorno ai 24.000 episodi nel 2017. Un preoccupante mondo sommerso di dolore e impunità perché, secondo le statistiche ufficiali dello stesso anno, solo 890 stupri sono stati denunciati alla polizia, e di questi 535 hanno portato a procedimenti giudiziari, con un ridicolo numero di condanne pari a 94.
L’esiguo livello di procedimenti portati a termine è condizionato da un apparato giudiziario dove i pregiudizi sono profondamente radicati, tanto da suscitare una mancanza di fiducia delle donne verso il sistema nel suo complesso. Le donne danesi risultano essere timorose di non essere credute e spesso portate alla auto-colpevolizzazione. Tutto questo stona terribilmente con la cultura gender-equal profondamente radicata in Danimarca, nazione esempio in Europa per le politiche gender-equality in tema di accesso al lavoro e parità salariale.
Uno studio della Commissione europea ha rilevato che più di un cittadino su quattro nell’UE ritiene che un rapporto sessuale senza consenso possa essere giustificato in determinate circostanze, ad esempio se la vittima è ubriaca o sotto l’effetto di droghe, se torna volontariamente a casa con qualcuno, se indossare abiti “provocanti”, se non dire “no” o se non reagisce.
Fonte: Euronews, Amnesty International