In questo secondo appuntamento dell’Inchiesta sull’Omogenitorialità di BL Magazine (cliccate qui per recuperare la prima parte) analizzeremo in che modo in Italia viene disciplinata e gestita l’omogenitorialità.
Come spesso accade quando si parla di tematiche attuali, innovative e scottanti ci troviamo innanzi a due prese di posizione completamente differenti.
Se da un parte il legislatore non va oltre la Legge Cirinnà che, per l’opposizione di molte forze politiche, ha stralciato dalla predetta Legge tutta la parte legata alla stepchild adoptation, dall’altra parte la giurisprudenza, attraverso pronunce sempre maggiori e discusse, torna ad affrontare l’argomento delle adozioni nelle coppie omosessuali sistematicamente.
Le sentenze
Una delle prime pronunce a favore dell’adozione delle coppie omosessuali è stata emessa a Roma dal Tribunale per i Minorenni, l’unico competente in materia: la sentenza n. 299 del 30 Luglio 2014. Questa sentenza è fondamentale perché ha tracciato la strada seguita successivamente da molti altri Tribunali per i Minorenni.
Il predetto Tribunale ha dato il proprio parere favorevole sulla questione, contraddicendo e superando il parere contrario del Pubblico Ministero, che obbligatoriamente deve essere coinvolto in tutti i procedimenti che vedono coinvolti i minori. Il Pm, infatti, a sostegno del proprio parere negativo affermava la mancanza di un “presupposto ineludibile della norma costituito dallo stato di abbandono”.
Il Tribunale per i Minorenni, nel superare il parere contrario del PM, ha evidenziato come l’art.44, lettera d, della Legge 184/83 disciplini l’adozione in casi particolari e come il presupposto per l’applicazione dello stesso sia costituito “dall’impossibilità di un affidamento preadottivo”.
In termini più semplici, il Tribunale per i Minorenni ha dichiarato che non esiste alcuna Legge che vieti l’adozione ad una coppia di genitori omosessuali o ad un single.
Sebbene l’affermazione del Tribunale sia condivisibile e applicabile in diversi casi e contesti, occorre precisare che in tutti i casi analizzati dai Tribunali, uno dei membri della coppia era biologicamente genitore del minore e che, ad oggi, relativamente alle coppie omosessuali che volessero adottare un minore, nulla è stato deciso e pattuito.
Dopo la Legge Cirinnà
Indubbiamente un enorme passo in avanti è stato fatto grazie alla Legge Cirinnà che ha equiparato le coppie dello stesso sesso alla famiglia e che ha consentito al Tribunale di Bologna di emettere la sentenza del 31 Agosto 2017.
Nella predetta sentenza il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha statuito che “ la Legge n. 76 del 2016 ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso, ove sussistenti vincoli affettivi, al rango di famiglia. La stabile relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscono come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione insieme dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una famiglia, luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore omoaffettività possa costituire ostacolo”.
La sentenza è pubblicata su Centro studi giuridici di Mantova, www.ilcaso.it, 2017.
Gli interventi della Cassazione
Infine rileviamo come anche la Corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio in Italia, è intervenuta sul tema dell’omogenitorialità con la sentenza n. 12962 del 22 Giugno 2016, nella quale ha confermato la sentenza impugnata che, a fronte della richiesta di adozione del partner omosessuale del genitore naturale del minore, aveva ritenuto in concreto insussistente il conflitto di interessi tra quest’ultimo e lo stesso genitore-rappresentante legale dell’adottando.
Il caso di cui si è occupata la Corte di Cassazione era quello di due donne romane sposatesi in Spagna, conviventi stabilmente dal 2003 e che avevano realizzato il progetto genitoriale con la procreazione assistita.
In pratica A. (madre biologica) aveva donato i propri ovuli ed E (compagna della madre biologica). aveva portato avanti la gravidanza da cui era nata I.
La Corte per la prima volta si è trovata ad affrontare per la prima volta il caso di una coppia omosessuale che chiedeva la stepchild adoption, ovvero l’adozione coparentale prevista proprio dall’art. 44, lettera d) Legge 184/83.
L’adozione è stata riconosciuta, confermando quanto deciso nei precedenti gradi di giudizio, avendo verificato la sussistenza, in concreto, delle condizioni previste dalla Legge.
La Corte di Cassazione nella propria sentenza ha ricordato che “all’adozione in casi particolari posso accedere sia le persone singole che le coppie di fatto, per cui l’esame dei requisiti e delle condizioni imposte dalla legge, sa in astratto, la constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo, sia in concreto, l’indagine sull’interesse del minore, non può essere svolto, neanche indirettamente, dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione con il proprio partner. Tanto più che non esistono evidenze scientifiche dotate di un adeguato margine di certezza in ordine alla configurabilità di eventuali pregiudizi per il minore derivanti dall’omogenitorialità”.
Quello che colpisce nell’evoluzione giurisprudenziale è la sistematica impugnazione delle sentenze a favore dell’omogenitorialità.
Mentre il legislatore permane in una situazione di silenzio, la giurisprudenza si sta sempre maggiormente orientando a favore di questi nuovi nuclei familiari, pur permanendo alcune decisioni contrarie. Ci auspichiamo che il Parlamento, alla luce delle continue pronunce giurisprudenziali in materia, possa farsi carico di emanare una disciplina capace di riflettere i cambiamenti sociali in tema di diritto di famiglia.