Non è punibile chi agevola il suicidio nei casi come quelli del Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale e attaccato ad un sondino per sopravvivere, sottoposto a sofferenze insostenibili per la sua patologia ma tuttavia pienamente consapevole di considerare incompatibili per la sua dignità personale le sue condizioni.
È una sentenza storica quella della Corte Costituzionale, che dopo lunghissima analisi ha deciso sulla legittimità dell’art. 580 del codice penale, norma che pone sullo stesso piano istigazione e aiuto al suicidio con pena di reclusione fino a 12 anni.
In attesa dell’intervento del legislatore, la Corte ha tuttavia “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017). Non solo: la verifica delle condizioni richieste (come la irreversibilità della patologia e la natura intollerabile delle sofferenze) e delle modalità di esecuzione deve essere compiuta da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. Si tratta di cautele adottate “per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili”, un’esigenza già sottolineata nell’ordinanza 207 con cui un anno fa aveva sospeso la sua decisione.” (da: Ansa)
La Consulta, inoltre, dopo aver concesso undici mesi al Parlamento per intervenire, ha insistito sulla necessità di rivedere la legge sul fine vita colmando un vuoto normativo.
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Le reazioni
Alla luce di questo Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione pro-eutanasia legale Luca Coscioni, non sarà punibile per aver aiutato Dj Fabo a recarsi in Svizzera e porre fine alla sua vita legata ad una macchina.
“Da oggi in Italia siamo tutti più liberi anche quelli che non sono d’accordo” ha commentato emozionato Cappato – Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci”.
Se però la sentenza ottiene plausi dai diretti interessati di casi di cronaca che negli ultimi anni hanno acceso i riflettori sul tema fine vita, come Mina Welby (moglie di Piergiorgio Welby) e Beppino Englaro (papà di Eluana Englaro), il mondo cattolico si ritiene “sconcertato” dalla decisione della corte e invoca l’obiezione di coscienza dei medici.
Il Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli, pone come condizione che ad avviare la procedura del suicidio assistito sia un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato e non un medico.