La scorsa settimana, mentre il Parlamento italiano sceglieva il Presidente della Repubblica, in Francia l’Assemblea Nazionale ha adottato all’unanimità il disegno di legge contro le terapie di conversione, già adottato in prima lettura lo scorso ottobre.
Il testo, proposto dal partito del Presidente Macron En Marche (LRM), vieta su tutto il territorio nazionale Le terapie riparative che pretendono di “curare” lesbiche, gay, bisessuali e le persone transgender (LGBT), ossia proporre qualsiasi forma di trattamento o psicoterapia che mira a cambiare l’orientamento sessuale di una persona o a reprimere l’identità di genere di una persona.
La nuova legge introduce un nuovo reato nel codice penale, che punisce queste pratiche con due anni di reclusione e una multa di 30.000 euro. La pena può aumentare a tre anni di reclusione e alla multa di 45.000 euro in caso di circostanze aggravanti, come “i fatti sono commessi in danno di un minore o quando un minore era presente e ha assistito“.
Si prevede inoltre che “Quando il reato è commesso da persona che esercita la potestà sul minore, il tribunale di primo grado decide sulla revoca totale o parziale della potestà genitoriale o sulla revoca dell’esercizio di tale potestà“.
La Francia diventa così il terzo paese in Europa a vietare questo tipo di terapia dopo Germania (che però prevede il divieto solo per i cittadini minorenni) e Malta.
“Queste pratiche vergognose non hanno posto nella Repubblica. Perché essere se stessi non è un crimine, perché non c’è niente da curare ” , ha twittato il presidente Emmanuel Macron.
Potete leggere il testo completo della legge a questo link.
La loi interdisant les thérapies de conversion est adoptée à l'unanimité !
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) January 25, 2022
Soyons-en fiers, ces pratiques indignes n'ont pas leur place en République. Parce qu’être soi n’est pas un crime, parce qu’il n’y a rien à guérir.
In cosa consistono le terapie di conversione?
Provenienti dagli Stati Uniti, queste pratiche che pretendono di “curare” gli omosessuali sono poco conosciute in Francia e difficili da quantificare
Il quotidiano Le Monde ha sintetizzato le modalità d’azione di questi percorsi di conversione in tre tipologie:
- biologico: i seguaci delle terapie di conversione assimilano la diversità sessuale a una malattia che dovrebbe essere curata somministrando farmaci, ormoni o trattamenti steroidei;
- psicoterapeutico: le persone sono costrette a essere seguite psicologicamente per arrivare alla radice del “problema” che in passato le ha fatte “ammalare”
- confessionale: la “guarigione” è auspicata dall’astinenza, dal celibato e dal perseguimenti di alcuni precetti spirituali.
In Francia, queste terapie di conversione assumono generalmente la forma di gruppi di discussione, seminari o confessioni, spesso (ma non solo) in un contesto religioso.
Le associazioni Courage France o Torrents de vie organizzano così dei seminari di “sostegno” per i reduci dalle terapie di conversione. Coloro che si sottopongono a queste terapie spesso subiscono diverse ripercussioni sulla salute psicofisica, come la depressione, arrivando talvolta a togliersi la vita.
Già nel 2019, sempre secondo Le Monde, la deputata Vanceunebrock aveva denunciato all’Assemblea un aumento nelle segnalazioni delle terapie riparative, fino a “un centinaio di casi recenti” nei quali erano emersi trattamenti ormonali coatti, ipnosi, elettroshock, fino a inviti all’astinenza, sessioni di esorcismo e l’organizzazione di matrimoni forzati tra uomini gay e donne lesbiche.
Negli ultimi anni, sempre in Francia, diverse inchieste giornalistiche hanno fatto luce su queste “terapie” praticate in ambito religioso. In Francia, i due principali gruppi religiosi interessati sono i protestanti evangelici e i cattolici carismatici, ma si sarebbero registrati abusi anche nelle comunità ebraiche e musulmane.
Il 1 marzo 2018 il Parlamento Europeo ha votato, nel 2018, un testo che “accoglie con favore le iniziative che vietano le terapie di conversione LGBTI e bandiscono la patologizzazione delle identità transgender“, esortando tutti gli Stati membri “ad adottare misure analoghe che rispettino e difendano il diritto all’identità e all’espressione di genere”.