In questa giornata delle memoria affronteremo l’argomento delle negazione delle libertà civili.
Quando si pensa o si parla di Fascismo e Nazismo è naturale far riferimento ai campi di concentramento, alle Leggi Razziali e all’enorme numero di perdite umane.
Altrettanto naturale è pensare alla privazione della libertà e della dignità subita dai cittadini che furono deportati nei campi di concentramento.
La negazione della libertà, ed anche della dignità, tuttavia ha colpito moltissime persone poiché faceva parte della propaganda fascista, e anche nazista.
A partire dal 1925, infatti, in Italia si è assistito ad una sistematica riduzione di tutte le libertà civili che, invece, oggi vengono ad essere tutelate, in maniera rafforzata, dalla nostra Costituzione.
Il Parlamento
Tra il 24 Dicembre 1925 ed il 03 Gennaio 1926 furono promulgate tutta una serie di Leggi che privarono il Parlamento del potere legislativo.
Il risultato ottenuto fu che potere legislativo e potere esecutivo furono entrambi attribuiti al Governo. In pratica, nessuna Legge poteva essere presentata in Parlamento senza la preventiva autorizzazione del Duce.
Le autonomie locali
Con Legge del 04 Febbraio 1926 al fine di centralizzare, ancora maggiormente, il potere nelle mani del Duce venne soppresso il sistema elettivo delle amministrazioni comunali e provinciali.
La conseguenza fu che i sindaci eletti dal popolo vennero sostituiti dai podestà nominati dal Governo.
La libertà politica e sindacali
Sempre nel 1926, dopo aver eliminato le autonomie locali, vennero sciolti i partiti e rimase in essere solo il Partito Nazionale Fascista.
Sempre nello stesso anno fu proibito, tramite l’emanazione di un’apposita Legge, il diritto allo sciopero, e gli unici sindacati, autorizzati e legalmente riconosciuti, erano quelli fascisti che erano controllati dal Governo e da Mussolini.
La stampa
Nel medesimo anno vennero soppressi tutti i giornali di opposizione. Alcuni giornali cambiarono, invece, proprietari e si adeguarono alle direttive fasciste.
La conseguenza inevitabile fu che venne definitivamente eliminata qualunque libertà di critica.
Pena di morte
Il 25 Novembre 1926 venne reintrodotta in Italia la pena di morte per i reati contro la sicurezza dello Stato.
Venne, inoltre, istituito il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato.
Tra il 1918 ed il 1943 il Tribunale Speciale condannò 5155 persone ad un numero complessivo di anni di prigione pari a 27.735. A ciò si aggiunga che ben 15.000 italiani furono inviati al confino.
Il voto
Nel maggio del 1928 le Autorità fasciste, Gran Consiglio del Fascismo, si attribuirono il potere di predisporre la lista dei candidati alle elezioni della Camera.
Gli elettori potevano soltanto approvarla o respingerla in blocco, ovviamente in maniera pubblica. La scheda del sì era rappresentata dal tricolore mentre quella del no era bianca.
Censura
Uno degli strumenti maggiormente utilizzati per negare la libertà era, infine, la censura.
Pertanto il Governo dell’epoca procedette alla cancellazione immediata di qualsiasi contenuto che potesse suscitare opposizione, sospetto, o dubbi sul fascismo nonché alla schedatura dei singoli cittadini ritenuti sospetti dal governo con la creazione di archivi nazionali e locali.
Chi veniva schedato?
Era sottoposto alla schedatura chiunque poteva divulgare e far conoscere, anche sfruttando la propria posizione e il proprio onore, una ideologia diversa da quella fascista. Oppure chi poteva criticare, avendo credibilità, l’ideologia stessa.
Vennero sottoposti a sorveglianza, pertanto, chiunque avesse una grande levatura morale, tutta la magistratura, in ogni suo ruolo e declinazione, la casa reale ed alcuni appartenenti alle forze armate.
Cosa veniva censurato?
Vari furono gli argomenti sottoposti a censura e che vennero, di volta in volta, veicolati.
Per prima cosa venne radicalmente eliminata qualunque cosa che venisse ritenuta lesiva del regime, poi tutto ciò che venisse ritenuto contrario ai principi cardini del fascismo come ad esempio la maternità, la demografia, la patria, la guerra o il sentimento nazionale.
Particolarmente rilevante appare sia la censura teatrale che quella militare.
Censura teatrale
Dapprima solo il cinema fu oggetto della censura, ma nel 1922 il regime fascista realizzò che le opere teatrali stavano assumendo sempre maggiore importanza.
Venne deciso che le Prefetture avrebbero dovuto controllare cosa accadeva nei teatri e, nel caso, poteva decidere di intervenire.
La censura, tuttavia, non ebbe i risultati sperati e cosi, nel 1931, fu creato un organo di controllo.
Venne così istituito un apposito ufficio prima all’interno del Ministero dell’Interno, poi al Ministero della Stampa e successivamente al Ministero della Cultura Popolare.
Censura militare
I soldati al fronte inviavano quasi quotidianamente lettere ai propri cari.
Il contenuto di tutte queste lettere veniva controllato, e laddove fossero state rinvenute delle frasi ritenute contrarie all’ideologia fascista o idonea a creare sospetti o semplicemente astrattamente idonee a dare un’immagine della guerra differente da quella fornita dal Regime.
Le commissioni militari per la censura quotidianamente componevano in una nota, che veniva ricevuta giornalmente da Mussolini o dal suo apparato, le opinioni e i sentimenti dei soldati al fronte.