Sono ormai quattro anni che le autorità turche impediscono ai militanti della comunità lgbti di Istanbul di sfilare per il Gay Pride.
Una vera e propria censura per la parata arcobaleno più importante dei paesi musulmani, prevista per domani 1 luiglio, che ancora una volta sarà vietata per far fronte a non meglio precisate “questioni di sicurezza”.
Le reazioni degli organizzatori
La pagina facebook ufficiale dell’evento “Istanbul LGBTI” ha raccontato dei colloqui avuti con il governatore cittadino, che l’anno scorso aveva vietato la sfilata perché in periodo di ramadan, e di come, stando alla legge turca, la decisione di ban nei confronti del Pride sia “discriminatoria e illegittima” e “portatrice di ulteriore odio nei confronti degli omosessuali“. “La sfilata“, aggiunge inoltre la nota, “è fatta per lottare contro ogni forma di violenza e la discriminazione“.
Il diniego delle autorità turche non fermerà però gli attivisti turchi, che hanno deciso comunque di marciare domani per rivendicare il proprio diritto a manifestare. A loro si uniranno anche alcune delle più importanti associazioni europee come All Out,
movimento transnazionale che combatte per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, e Amnesty International che ha assicurato il supporto alla comunità lgbti turca, sfidando così il governo cittadino e le forze dell’ordine.
La storia dell’Istanbul Pride
È dal 1993 che gli attivisti turchi organizzano momenti d’incontro e attività per il Gay Pride di Istanbul, mentre solo dal 2003 si tiene la marcia lungo le vie della città. Dalla prima edizione della sfilata, che ha visto l’intervento di una manciata di manifestanti, si è giunti all’impressionante numero di 100.000 partecipanti nelle ultime edizioni.
Negli ultimi anni, il regime repressivo di Erdogan ha lentamente e inesorabilmente depotenziato la manifestazione vietando agli attivisti di organizzare la parata per questioni politiche. Nel 2012 l’Istanbul Pride ha visto anche la partecipazione dei manifestanti di Gezi Park. Sono stati anni importanti per la sfilata, che ha raggiunto numeri da record e una rilevanza sociale tale da preoccupare le autorità del paese.
Mentre nel 2015 la polizia ha utilizzato cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti, dal 2016 il Pride ha subito l’interdizione governativa.
In Turchia, a differenza che in molti altri paesi musulmani, l’omosessualità non è considerata reato. Gli omosessuali non godono di alcun diritto civile mentre è consentito legalmente alle persone transessuali di operarsi per la riassegnazione del sesso.
Alla luce della triste condizione della comunità LGBTI turca, suona ancora più importante per noi sfilare con le bandiere arcobaleno nelle città investite dall’Onda Pride.
Saremo lì anche per loro, per risvegliare le coscienze, ricordare al mondo che l’amore è l’unica rivoluzione possibile, per colorare il pensiero di chi ci vuole relegare nell’ombra grigia dell’indifferenza.