“Ciò che reclamo è vivere la piena contraddizione del mio tempo, che mai così bene ha reso al sarcasmo la condizione della verità.” scriveva Roland Barthes. E di contraddizioni e sarcasmo è pregno questo appuntamento domenicale con #Le5, dedicato al mese del Pride. Abbiamo preso 5 stereotipi sul Pride e gli abbiamo dato una chiave di lettura piuttosto insolita.
Buon divertimento!
#1 – Il Pride è un’oscenità
Terribile. Un’indecente fiumana di persone che marciano sotto il sole, a 40° gradi all’ombra e con tutte le pudenda coperte. Non ci sarà alcuna lezione di kamasutra sul carro della CGIL davanti a Susanna Camusso, nessun fallo di gomma da adorare mentre le persone guardano dai balconi. Ma che senso ha sfilare se non si può svoltare il Pride ad orgia a cielo aperto? È mai possibile che ci si è imborghesiti al punto dallo sfilare senza dare scandalo? Uff. E io che pretendevo di rivendicare i miei diritti nel furore di un amplesso su via Merulana. Se volete sbirciare qualche pacco consigliamo Capocotta, dove almeno qualche slippino succinto lo trovate.
#2 – Il Pride turba i bambini
Rischiamo di traumatizzare intere generazioni di bambini con la nostra condotta arcobaleno e i nostri unicorni volanti. Mica come quando, da piccolo, ci costringevano a vedere Marcellino Pane e Vino che ci ha procurato la fobia dei crocifissi. Mica come quando, durante le processioni del venerdì santo, vedevamo penitenti vestiti come quelli del Ku Klux Klan frustarsi la schiena. O come mia nonna, che mi costringeva ad aspettare la notte di Natale per mangiare il panettone perché altrimenti Gesù Bambino sarebbe nato cieco per colpa mia. No, se avessimo visto due uomini baciarsi saremmo stati sicuramente peggio.
#3 – I gay seri non si riconoscono nel Pride
Il gay serio non si sente rappresentato dal Pride, perché non ha nulla da condividere con tutte quelle persone risolte, consapevoli, che marciano mano nella mano con i propri compagni o ballano Toxic di Britney Spears con i propri amici. Il gay serio manda foto “solo in pvt” e chiede “massima riservatezza“. Solo MxM, bono per pari, fuori dai giri. L’unico carosello che lo gratifica è quello all’ingresso del battuage. Unione civile? Piuttosto la morte. Quindi sì, se siete gay seri effettivamente fate bene a restare a casa.
#4 – Non è giusto che al Pride si ostenti il proprio orientamento sessuale
I gay e le lesbiche non devono ostentare il proprio orientamento sessuale, esattamente come non lo ostentano mai gli eterosessuali, che non lo sbattono in faccia in maniera provocatoria perché sanno che potrebbero irritarci. Il mio collega non mi ha mai parlato della tinta mogano un po’ scarica di sua moglie o della sua mancata propensione alla cucina, né mi ha mai descritto in maniera puntuale la prima comunione di sua figlia, cintura gialla di karate. E che dire di quelle coppiette di ventenni in spiaggia con gli ormoni a palla? Mai un bacio, mai una palpatina in pubblico. Perché anche gli eterosessuali, così come i gay, sono liberi di fare ciò che vogliono ma a casa loro.
#5 – Il Pride è una carnevalata
Dai su, basta. A cosa servono i carri, la musica, i ballerini, le magliette arcobaleno, le drag queen? Il Pride deve essere sobrio. Sobrio come una puntata di Ciao Darwin, dove non si vedono donne scosciate e soprattutto non si indugia sulle espressioni imbarazzanti del pubblico in preda al delirium hormones. Sobrio come un editoriale di Vittorio Feltri. Sobrio come gli outfit delle signore di mezza età quando vanno a fare zumba. Sobrio come Paolo Brosio prima della conversione. Insomma, dobbiamo marciare dimessi come Claudia Koll redenta. Nota di biasimo per chi si presenta in gonna o bermuda. Come colonna sonora credo che Madonna, Cher, Gloria Gaynor, Lady Gaga e Paola e Chiara abbiano fatto il loro tempo. D’ora in poi solo Michele Zarrillo.