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Obiezione di coscienza: quando l’etica nega l’esercizio di un diritto altrui

- 02/10/2019


E’ capitato a tutti, soprattutto quando si parla di argomenti delicati come l’aborto, di sentire parlare di obiezione di coscienza. Così come sarà capitato a molti di chiedersi come si possa conciliare il diritto costituzionalmente garantito dell’obiezione di coscienza con il diritto, anche questo tutelato, della donna di procedere all’interruzione della gravidanza.

L’obiezione di coscienza, inoltre, avrà particolare risalto anche a seguito della decisione della consulta relativamente al Caso Cappato. Anche in questo caso, infatti, si procederà all’interruzione di una vita.

Quando si parla di obiezione di coscienza a cosa effettivamente si fa riferimento?

Si parla della possibilità di rifiutare di eseguire una prestazione, imposta dall’ordinamento giuridico, che è contraria alle convinzioni di una persona per ragioni  etiche, morali o religiose.

Disciplina dell’obiezione di coscienza

L’obiezione di coscienza fu disciplinata in Italia per la prima volta con la Legge 15 dicembre 1972, n. 772 che introdusse il beneficio all’obiezione contro il servizio militare di leva.

Tale scelta poteva essere effettuata per motivi morali, religiosi e filosofici: chi effettuava la scelta, piuttosto che svolgere il servizio militare effettuava un servizio non armato.

obiettore di coscienza soldati

Va tuttavia precisato che la suddetta Legge prevedeva pesanti limitazioni agli obiettori. Queste limitazioni furono superate dalla Legge 8 luglio 1998, n. 230 che sancì il pieno riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza inteso.

Successivamente l’obiezione di coscienza fu introdotta anche nella Legge 194/78 ovvero la Legge che disciplina l’aborto.

Più precisamente la previsione è disciplinata dall’art. 9, comma 5, che prevede “Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell’ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 57 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.”

Leggendo il testo dell’articolo è evidente come sia stata prevista una tutela per le donne e come non ci si possa definire obiettori di coscienza d’improvviso.

La dichiarazione deve essere immediatamente fatta in modo da consentire al Servizio Sanitario Nazionale di garantire la presenza di un medico non obiettore nel caso un medico obiettore rifiuti l’assistenza ad un donna che vuole abortire. Questa previsione serve proprio a garantire l’equilibrio tra due diversi diritti.

medici obiettori di coscienza
(Credit Image: © Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)

Non bisogna però pensare che l’obiezione possa essere esercitata senza limiti.

Questi limiti sono stati definiti dalla Corte di Cassazione con la sentenza 02 Aprile 2013, n. 14979, Sesta Sezione Penale, che ha evidenziato che “ la Legge 194, pur riconoscendo al medico obiettore il diritto di rifiutare di determinare l’aborto (chirurgicamente o farmacologicamente), tuttavia non lo autorizza ad omettere di prestare l’assistenza prima ovvero successivamente ai fatti causativi dell’aborto, in quanto deve comunque assicurare la tutela della salute e della vita della donna, anche nel corso dell’intervento di interruzione della gravidanza“.

La sentenza è particolarmente importante perché per la prima volta affronta i limiti dell’obiezione di coscienza che il medico può opporre per rifiutarsi dall’intervenire nel procedimento di interruzione volontaria della gravidanza: l’obiezione può essere invocata solo con riguardo alla fase propriamente causativa dell’aborto –  e sempre che la partoriente non corra pericolo di vita – ma non nelle fasi che precedono e seguono l’intervento di interruzione della gravidanza; diversamente, il medico incorre – come nella specie – nel delitto di rifiuto d’atti d’ufficio.

Da un punto di vista pratico, se un medico obiettore rifiuta di prestare assistenza ad una donna nelle fasi precedenti e successive all’aborto, commette un reato e va denunciato prima presso la struttura ospedaliera, poi all’Ordine dei Medici e successivamente anche innanzi all’Autorità Giudiziaria.

Nel caso in cui, invece, si sia in procinto di effettuare l’interruzione occorre che presso la struttura vi sia personale che effettui l’interruzione, se così non fosse allora la denuncia dovrà essere rivolta nei confronti della struttura.

Diritti contrapposti possono coesistere, gli strumenti esistono e se vi è negazione di un diritto siamo semplicemente innanzi ad un abuso che deve essere punito così come espressamente previsto.

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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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