Tra i tanti orrori che si stanno consumando nella guerra in Ucraina, che si protrae ormai da un mese e ha distrutto intere città come Mariupol’ e innescato uno degli esodi di profughi di più vaste proporzioni del dopoguerra, ci sono le storie di chi, all’incubo dei bombardamenti e delle violenze, aggiunge le difficoltà di essere cittadini transgender e non binary.
Una categoria sociale che in Ucraina non gode di diritti pari a tutti gli altri e che oggi si ritrova a fronteggiare numerose difficoltà per riuscire a fuggire dall’invasione russa in corso nel paese. Alla violenza perpetuata dalle forze armate ai danni di un’intera nazione, infatti, si aggiunge il dramma di chi viene fermato al confine perché non è titolare di documenti che riportano il sesso di elezione ma solo quello biologico.
Il problema, pur riguardando tutti indistintamente, è particolarmente sensibile per le donne transgender, perché l’Ucraina ha vietato a tutti i cittadini dai 18 ai 60 anni di lasciare il paese, come da legge marziale. Moltissime donne transgender hanno ancora documenti che contrassegnano il genere come maschile, pertanto sono costrette a rimanere in Ucraina subendo le umiliazioni del misgendering e dell‘utilizzo del deadname. La stessa sorte spetta agli uomini trans che possiedono documenti rettificati.
Igor Medvid, coordinatore di HELPLGBT, ha riferito a Euronews: «La situazione è molto difficile perché la comunità LGBTQ+ si sentiva emarginata e discriminata prima dell’inizio della guerra. Molte persone affermano che quando hanno tentato di attraversare il confine, ma la polizia di frontiera e le guardie di frontiera stanno prendendo la loro decisione in base all’indicazione del sul passaporto… e lo consideriamo un altro esempio di transfobia legale».
Diritti delle persone trans in Ucraina
Gli attivisti LGBTQ+ in Ucraina hanno fatto passi avanti negli ultimi due anni, ma persistono ancora molte barriere sociali per le persone trans*. La disforia di genere viene infatti classificata come un disturbo psichiatrico in Ucraina.
Da dicembre 2016 possono essere rilasciati nuovi documenti d’identità prima dell’esecuzione dell’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, che è consentito solo per le persone di età superiore a 25 anni. Ciò ha fatto seguito a una sentenza dell’agosto 2016 basata sul ricorso di due persone transgender per la rettifica del sesso sui loro passaporti e su tutti gli altri documenti senza richiedere loro di sottoporsi a un intervento chirurgico.
Precedentemente, tutti i richiedenti avevano bisogno dell’autorizzazione di una commissione speciale del Ministero della Sanità, dopo aver trascorso 30 giorni sotto la supervisione di un team specializzato in un ospedale psichiatrico (di solito collocati negli stessi reparti con pazienti con malattie mentali). Tuttavia, mentre tale requisito è stato eliminato, è richiesto sottoporsi a una visita psichiatrica ambulatoriale per cominciare la transizione.
Le raccomandazioni delle ONG
Per sfuggire al controllo alla frontiera, c’è chi ha fatto ricorso a misure estreme come la perdita dei documenti. Gli attivisti, tuttavia, sconsigliano alle persone trans di ricorrere a espedienti di questo tipo o alla corruzione, perché si rischia la cattura e l’incarcerazione.
La raccomandazione è di trasferirsi nelle zone più occidentali del paese per aspettare la fine dei combattimenti. Qui operano diverse ONG come la Cohort, che si occupano di rifornire di ormoni le persone che ne hanno bisogno.
La richiesta di altri attivisti è invece l’apertura di un corridoio umanitario dedicato per aiutare a portare i membri della comunità trans fuori dal paese.
Le storie
La storia di Johanne è raccontata da Euronews: arrivata per la prima volta a Leopoli non si aspettava di attraversare il confine polacco come molti altri sfollati, perché temeva che senza documenti aggiornati, recanti il sesso femminile, avesse perso l’occasione di fuggire dall’Ucraina. Prima di arrivare nella città dell’Ucraina occidentale, infatti, aveva avuto solo il tempo di aggiornare il suo certificato di nascita.
“Pensavo che un certificato di nascita non fosse sufficiente per attraversare il confine“, ha detto a Euronews. “Pensavo avessi bisogno di un documento d’identità, che io non ho. Quindi, la mia preoccupazione era che sarei stata respinta.
Johanne infine è riuscita ad attraversare il confine con l’aiuto di alcuni attivisti e ora è a Varsavia, dove sta riposando prima di pensare di trasferirsi in un altro paese europeo. Quella di Johanne è una storia a lieto fine, ma altre persone trans* in situazioni simili non sono state così fortunate: dopo essere entrata in Polonia, Joanne ha aspettato al confine che un gruppo di donne transgender venisse aiutato dagli stessi attivisti, ma a differenza di Joanne, sono state tutte respinte perché sprovviste di documenti.
Tra loro c’è Zi Faámelu è una donna trans di 31 anni di Kiev (foto in evidenza in alto). È una musicista ed è apparsa in TV nella sua nazione d’origine. Faámelu ha detto che non può lasciare il Paese e la sua vita è in pericolo.
“Come centinaia di persone trans in Ucraina, sono una donna, ma ho un ‘maschio’ nel mio passaporto e su tutta la mia carta d’identità, quindi questa è una guerra nella guerra. Le persone trans ucraine stavano già combattendo per la propria vita, vivendo esistenze miserabili”. L’unica speranza è ricevere una mano da enti di beneficenza esteri “Abiamo bisogno di un po’ di aiuto dall’estero. Abbiamo bisogno che le persone scrivano ai loro politici e alle ONG per aiutarci”.
A Odessa c’è Nick, che ha 18 anni e si definisce non binary. Il documento riporta il sesso maschile, e per questo si nasconde perché le autorità militari ucraine hanno la facoltà di costringere Nick ad armarsi e a combattere sul campo. L’ipotesi di combattere, però, non è un’opzione al momento. “Tutto questo è sbagliato – dice Nick a Reuters – “Tutti i civili vogliono scappare dagli incubi della guerra, non solo le femmine biologiche… Voglio scappare da questo incubo e ricominciare la mia vita da zero“.
C’è poi Robert, uomo trans iracheno residente in Ucraina da 13 anni. Lui è riuscito a scappare, ma la sua esperienza al confine è stata umiliante. La cura ormonale di testosterone ha consentito a Robert di nascondere il suo sesso biologico, ma la carta di identità mostra ancora il suo deadname e il sesso femminile.
La vita di Robert in Ucraina è fortemente influenzata dalla sua condizione: “Non posso lavorare, non posso avere un conto in banca, non posso avere la patente. Non posso continuare l’università perché l’università non può approvare i miei documenti. Ho fatto il parrucchiere, le pulizie di bagni e appartamenti solo per poter comprare qualcosa da mangiare. Questo è solo esistere, non vivere“.
Robert ha viaggiato in treno per tre giorni, dalla città orientale di Kharkiv in Slovacchia, fino a Praga, dove ha trovato ad accoglierlo gli attivisti di Queer Spaces Network. Ha raccontato le umiliazioni subite dalla polizia di controllo al confine slovacco, che ha riso e ha urlato contro di lui, lo ha ridicolizzato e per due volte ha gettato via i suoi documenti di identità. Un incubo durato due ore, al termine delle quali fortunatamente è stato fatto entrare.
Come racconta a VICE l’attivista Rain Dove, che ha recentemente creato un gruppo e un fondo per aiutare direttamente persone LGBTQ, persone disabili e famiglie bloccate in Ucraina “Se sei un uomo trans con una ‘F’ sul tuo documento d’identità, preparati a essere vessato dalle autorità ucraine. Diranno “se sei davvero un uomo, allora combatti per il tuo paese”. Sfortunatamente questa è una cosa molto comune“.
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Altre fonti: The Guardian