Cinque giorni fa, grazie alle proteste di Amnesty International, dei movimenti femministi e delle parlamentari appartenenti al partito del Primo Ministro, è stato accolto un emendamento da inserire nella Proposta di Legge, aspramente criticata, che si occupava di violenza contro le donne e di stupro.
La prima versione della Legge non considerava il sesso senza consenso come stupro e, pertanto, limitava ulteriormente la definizione del reato che, in Grecia, per configurarsi aveva bisogno della violenza fisica!
Affermazione questa, che da Donna e da Avvocato trovo aberrante. Oltre alla violenza sessuale sarebbero occorse anche le botte, come se la prima non fosse abbastanza!
Venute a conoscenza del testo della Legge, gruppi di donne e molte associazioni a supporto dei diritti umani hanno fatto partire la protesta che in meno di 24 ore ha portato il ministro della Giustizia Michalis Kalogirou a chiarire che il sesso senza consenso sarebbe stato considerato stupro e, in quanto tale, punito per legge.
Legge antistupro in Grecia: una vittoria dell’attivismo
La decisione della Grecia deve essere apprezzata poiché è l’esempio lampante di cosa può fare l’attivismo, dell’importanza di unirsi per lottare per la difesa di qualcosa in cui si crede.
Ma a tale decisione non deve essere attribuito un significato che non ha.
La Grecia si è semplicemente adeguata alla Convenzione di Istanbul, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo di BL Legalità, che prevede, tra l’altro, che le nazioni firmatarie debbano considerare illegale qualsiasi forma di atto sessuale che non preveda il consenso dei partecipanti.
Convenzione che, si ricorda con forte rammarico, nonostante sia stata firmata dalla maggior parte dei paesi europei, è stata attuata solo da pochi.
La Legge sullo stupro in Italia
In Italia l’attuale Legge sulla violenza sessuale è un’offesa alle donne.
Esistono, infatti, tre modelli, basati sull’importanza attribuita al consenso, che consentono di determinare le pene, e la normativa, che sarà applicata in caso di stupro o violenza.
Indovinate un po’ quale si applica in Italia? Quello consensualistico, ovvero quello che dà rilevanza massima al consenso?
Il principio di base di questo modello è che un rapporto sessuale legale deve essere accettato da entrambe le parti, e non che da un rapporto indesiderato una persona debba dissentire o si debba difendere.
Naturalmente no, questo non è il modello seguito in Italia.
Sarà forse il modello consensuale limitato?
Il modello dà importanza non tanto al consenso ma al dissenso: è cioè necessaria una effettiva e manifesta volontà contraria (dissenso) della persona che ha subìto una violenza e si può sintetizzare nella frase “No significa No”. Questo modello non offre però una protezione adeguata a quelle donne che non sono in grado di esprimere chiaramente la loro mancanza di consenso: e moltissime donne stuprate hanno raccontato di aver scelto di non reagire alla violenza per paura che la loro resistenza potesse peggiorare la situazione, senza però che questo rendesse lo stupro meno stupro.
Il terzo modello è quello vincolato: è il più diffuso e antico, ed è valido anche in Italia. Il nostro codice penale ha mantenuto uno dei principi fondamentali del codice Rocco del ventennio fascista: la necessaria presenza della violenza e della minaccia quali mezzi di aggressione per il riconoscimento del reato.
L’art. 609 bis cp prevede che “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni“. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
- abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
- traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Tale articolo punisce il colpevole con la reclusione da 5 a 10 anni. La stessa pena si applica a chi costringe taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
L’opinione
Da Avvocato dico che una Legge come quella attuale in alcun modo può definirsi tutelativa della donna, anche alla luce delle numerose sentenze emesse dalla Corte di Cassazione.
Parlo di sentenze come quella per cui non poteva configurarsi stupro se la donna indossava i jeans, così come quella in cui si giudicava l’abbigliamento della donna.
Da Donna fa veramente raggelare il dover ribadire, ancora e ancora, che io sono libera di indossare ciò che voglio, la mia mini gonna o i miei shorts, la mia maglietta non sono un semaforo verde, non significa che io ci stia, non fanno di me una “facile”.
Se io voglio dire si dico si, se io voglio dire no dico NO.
Una cosa deve essere ben chiara.
SE UNA DONNA DICE NO SIGNIFICA NO.