La “Ace Week” (fondata come Asexual Awareness Week nel 2010, ossia settimana della consapevolezza asessuale) è un evento annuale che ha il proposito di porre l’asessualità e il mondo asessuale sotto i riflettori, non solo della comunità lgbtqia+ di cui è parte integrante, ma anche al di fuori di essa.
Una settimana che non è solo una celebrazione dei progressi ottenuti come comunità, ma anche una campagna per favorire una maggiore comprensione e accettazione delle identità dello spettro asessuale.
La comunità “ace” ha fatto progressi significativi nel corso degli anni. La rappresentanza asessuale nei media (anche italiani!) migliora, il movimento asessuale è riconosciuto e incluso nella comunità LGBTQIA+, e gruppi di comunità asessuali avanzano nelle città di tutto il mondo.
La lotta per la visibilità e l’accettazione, tuttavia, è solo all’inizio: le identità delle persone asessuali sono spesso trascurate o fraintese, e molte persone ace vivono la loro vita senza sapere che l’asessualità sia un’opzione, soprattutto se il loro orientamento sessuale si interseca con altri fattori di emarginazione come la disforia di genere o la disabilità, innalzando barriere significative all’uguaglianza e all’accettazione.
Al mondo asessuale si contrappone, per definizione, quello “allosessuale“, ossia l’insieme delle persone che provano attrazione sessuale (verso uno o più generi). Allo stesso modo per quanto riguarda l’attrazione romantica esistono persone aromantico o alloromantico, ossia le persone che, rispettivamente, non provano attrazione romantica verso nessun genere e quelle che invece sentono quest’ultima parte come integrante nella propria sfera affettiva. Tale aspetto può declinarsi verso uno o più generi esattamente come la sfera sessuale (eteroromantico, omoromantico, biromantico, panromantico e così via).
In occasione della Ace Week noi di BL Magazine vogliamo dare un contributo dando la parola ad S., un membro della comunità ace che da tempo si occupa di attivismo e divulgazione nella pagina facebook Giovanni dell’Orto cazzo vuoi non sei mia madre e Rete Lettera A.
S. si definisce asessuale biromantica, e con lei cercheremo di fare un po’ di chiarezza attorno alla comunità asessuale e aromantica, cogliendo le mille sfumature di un mondo davvero poco conosciuto.
Se dovessi spiegare a qualcuno che cos’è la asessualità in poche semplici parole, come la definiresti?
L’asessualità è l’orientamento sessuale di chi non prova attrazione sessuale per persone di nessun genere, come l’omosessualità è l’orientamento di chi prova attrazione per persone del proprio genere. Rientrano nell’ambito dello spettro asessuale anche persone che provano attrazione sessuale in alcune rare o specifiche circostanze, e vengono chiamate persone graysessuali o demisessuali (che possono provare attrazione sessuale solo dopo aver instaurato un legame emotivo profondo).
Tu ti definisci asessuale biromantica. Concentrandoci sulla prima parte, quindi sulla sola asessualità, quando ti sei resa conto di esserlo?
Il mio processo di presa di coscienza di essere asessuale è stato un po’ particolare, perché in un certo senso ho realizzato compiutamente di esserlo quando ho provato attrazione sessuale per la prima volta! Io faccio parte della comunità asessuale, ma più nello specifico sono gray, come dicevo prima, ossia una persona che molto raramente prova attrazione sessuale.
Da parecchi anni avevo la percezione che qualcosa, nella mia esperienza, fosse diverso. Quando le persone mi parlavano di sperimentare l’attrazione sessuale io percepivo che ci fosse una differenza, ma non capivo bene quale. Essendo abituata a dare per scontato che la allosessualità fosse la norma, davo per scontato che quelle fossero anche le mie esperienze, anche se in realtà me ne sentivo piuttosto distante. Poi un giorno, due anni fa, per la prima volta e per un tempo abbastanza breve, ho provato attrazione sessuale. Il mio primo pensiero è stato: ok, quindi è questa l’attrazione sessuale di cui si parla sempre! E subito dopo ho realizzato che quella era la prima e unica volta che la provavo, a 23 anni… e ho pensato che fosse proprio arrivata l’ora di informarmi finalmente sull’asessualità.
Come è avvenuto il tuo coming out come asessuale?
Ho fatto coming out in primis con alcuni miei amici, e non sempre è andata bene. In un caso in particolare, il mio primissimo coming out, mi sono sentita estremamente invalidata perché la mia identità è stata dipinta come un modo per “appropriarmi di spazi che non erano miei“. Per molto tempo ho avuto difficoltà a fare coming out come asessuale anche per questo, perché avevo una forte afobia interiorizzata, sentivo io stessa di non meritarmi di dire di essere parte di questa comunità, né di quella lgbtqia+, non mi sentivo di essere “abbastanza asessuale”. In un certo senso mi sentivo in colpa e quindi sopportavo, anzi giustificavo chi mi aveva fatta sentire male e invalidata.
Col tempo sei riuscita a gestire meglio questo aspetto legato al coming out?
È accaduto che, col tempo, ho preso coscienza della mia afobia interiorizzata e in un certo senso ho colto anche l’incoerenza di alcune reazioni. Tra i miei amici c’era chi, bonariamente eh, s’intende, mi prendeva in giro dicendo ad esempio “non ti piace nessuno, ti revoco la tua tessera dell’eterosessualità“, perché capitava che anche quando un amico mi mostrava, che so, foto di ragazzi carini, a me non dicevano nulla. È capitato che si scherzasse sul fatto che “a S. non piacciono davvero gli uomini!” Nel momento in cui sono stata io a dire “ok, non è esattamente così, ma in un certo senso avevate ragione: semplicemente non provo attrazione di quel tipo, sono asessuale“, improvvisamente questa cosa è stata recepita male. Allora mi viene da dire scusate, ma che modi sono? (ride, ndr). Nel momento in cui ho rivendicato il mio essere asessuale, queste persone non sono state più tanto bonarie e accoglienti, ma piuttosto aggressive.
E adesso?
Ora riesco a sentirmi meglio con me stessa, a dichiararmi più naturalmente e a rendermi conto che posso definirmi asessuale e non mi sto appropriando di nessuno spazio che non è mio! E trovo bello che questo sia avvenuto grazie soprattutto a delle persone che ho incontrato e con le quali ho condiviso molto in questi ultimi anni, persone asessuali e aromantiche e persone lgbtqi+ senza le quali, se posso aggiungere, non sarei in grado di fare questa intervista.
Per le persone omosessuali, eterosessuali e bisessuali l’attrazione romantica e quella sessuale hanno un’espressione paritaria, convivono il più delle volte sullo stesso piano relazionale. Tu ti definisci biromantica, ossia provi attrazione romantica per entrambi i generi, pertanto ti chiedo: in che modo si manifesta l’attrazione romantica per una persona asessuale?
Faccio una premessa sul concetto di “attrazione romantica” in seno alla comunità asessuale. A partire dalle esperienze delle persone asessuali, ci si è resi conto che l’attrazione effettivamente può essere sfaccettata. E che non provare un tipo di attrazione non voglia dire precludersene un’altra! Esistono persone asessuali che provano attrazione romantica e viceversa.
Arrivo quindi alla domanda: definire cosa sia l’attrazione romantica è molto complesso, perché il modo in cui sentiamo, percepiamo e immaginiamo i sentimenti romantici, il concetto di sensazione e relazione romantica o di amore è estremamente diversificato per ognuno, a livello individuale e culturale. Tendenzialmente anche la persona allosessuale, se prova a immaginare di eliminare la componente di attrazione sessuale dal rapporto romantico, probabilmente percepirebbe che ci sono delle differenze rispetto a sentimenti che percepisce come “non romantici”… ma definire a parole queste differenze spesso non è per niente facile! Personalmente riconosco la differenza, per quanto io tenda a vivere le relazioni in un modo “anarchico relazionale“, dando grande spazio anche nei rapporti di amicizia alla tenerezza, all’intimità e a cose che non verrebbero percepite come “proprie dell’amicizia”. Nonostante io viva così i rapporti, riesco a distinguere bene quando provo un’infatuazione o una cotta, o quell’amore specifico che chiamerei romantico, che può essere descritto in tanti modi e di cui riconosciamo delle caratteristiche specifiche, difficili da definire, ma di cui un po’ tutti noi abbiamo un’idea.
Quando hai realizzato di essere biromantica?
Solo recentemente. E sono assolutamente convinta che realizzare anzitutto di essere asessuale mi abbia aiutata nel percorso di consapevolezza sul mio essere biromantica. Da anni sono un’attivista, ero molto informata su temi lgbtqia+ e circondata da persone della comunità con cui confrontarmi, perciò pensavo in un certo senso di aver superato il preconcetto di “eterosessualità obbligatoria”, l’idea che ci viene inculcata dalla società in cui viviamo e che ci presenta l’eterosessualità come default.
Ma quando ho realizzato di essere asessuale ho capito che ciò che mi veniva imposto non era solo un’idea del mio orientamento, ma anche del modo in cui io dovessi provare attrazione. Prima di capire di essere asessuale non mi rendevo conto di essere attratta dal mio stesso genere, era come se non avessi gli “strumenti” per comprendere l’attrazione che provavo. E quindi mi rifugiavo nel default, ossia nell’attrazione romantica etero.
Cancelliamo dunque un po’ di pregiudizi e di luoghi comuni: è quindi possibile per una persona asessuale avere una relazione?
Ovviamente sì! Una persona asessuale può essere alloromantica e può benissimo volere e avere una relazione romantica, anche se non prova attrazione sessuale. Ma non solo: ti rigiro la domanda, cos’è una relazione? Esistono relazioni di tanti tipi: di amicizia o di vario tipo, con gradi diversi di comunanza, di intimità o differenti legami tra le persone. Tutto il rapportarsi con le persone è relazione.
Molto spesso nella comunità aroace [asessuale e aromantica] si parla di relazioni definite “queerplatoniche“, ossia un’idea di aprire il concetto di relazioni e legami che possiamo instaurare con le persone. Noi viviamo in una comunità che chiamiamo “amatonormativa“, ossia improntata all’idea che ci sia una sorta di gerarchia nelle relazioni, e che tutti puntino a quella romantica, che è la più importante e l’unica con la quale si può costruire un progetto di vita. L’idea della relazioni queerplatoniche è che i legami possono essere anche molto differenti, non basati sull’attrazione romantica ma non per questo meno profondi.
Un esempio?
Per esempio, una persona aromantica potrebbe voler condividere una progettualità o un futuro con una persona per la quale non prova un’attrazione romantica. E potrei volerlo anche io, che sono una persona alloromantica! Io stessa percepisco come oppressiva l’idea amatonormativa per cui la relazione romantica è la cosa più importante. Penso che potrei essere felice con tanti tipi di relazioni, che non hanno valore diverso o inferiore, ma il valore che noi attribuiamo loro.
Addirittura, non è detto che una persona aromantica non voglia una relazione romantica: è meno frequente, magari cercherà principalmente altri tipi di relazioni, ma può essere. Il nostro orientamento ci indica da chi siamo attratti, che tipo di sentimenti proviamo e per quali persone, ma come vogliamo costruire i nostri legami con le persone dipende dalle nostre scelte, dal limite della nostra fantasia e dal consenso.
Nella seconda parte dell’intervista, che sarà pubblicata prossimamente, nel corso della Ace Week, parleremo con S. di afobia e di come internet (e i social network) abbia dato una grossa mano alle persone asessuali a percepire un senso di comunità.