Sono circa sei anni che, puntualmente, il Parlamento italiano boccia ogni emendamento relativo al taglio della cosiddetta “tampon-tax“, ossia la tassa sugli assorbenti.
Un modo improprio, ma efficace, per indicare il salasso che ogni anno milioni di donne e ragazze sono costrette a subire per acquistare prodotti igienici da utilizzare durante il ciclo mestruale.
Ad oggi, il tasso di IVA applicata su assorbenti e tamponi è quello ordinario, ossia il 22%, usato per i “beni di lusso“. Nella giornata di ieri la commissione Finanze della Camera ha dichiarato “inammissibile” l’emendamento al Dl Fisco col quale si chiedeva una riduzione al 10% dell’IVA su questi prodotti. Questo emendamento, presentato da Laura Boldrini (PD), era stato co-firmato da una trentina di parlamentari di maggioranza sia di opposizione.
Per farvi un’idea, in Italia si pagano aliquote inferiori per carne, yogurt, generi alimentari, alberghi, medicinali, giornali, periodici, libri, apparecchi ortopedici, protesi dentarie, occhiali da vista.
I precedenti
Quello della Boldrini è solo l’ultimo dei tentativi andati a vuoto per abbassare i prezzi di un prodotto necessario per moltissime donne. Perfino lo scorso maggio, durante gli ultimi mesi del governo giallo-verde, questo emendamento del PD era stato rigettato. A nulla erano serviti i rimbrotti dell’onorevole Carla Cantone (PD), che aveva esortato i propri colleghi maschi a non essere miopi: “Questo non interessa solo alle vostre figlie, mamme e mogli, ve ne accorgerete quando arriverete a 60 anni, e parlo dei maschi, quando avrete bisogno degli assorbenti per l’incontinenza e per la prostata.” aveva tuonato “Pensateci prima“.
Curiose, a tal proposito, erano state le parole del Capogruppo M5S alla Camera Francesco D’Uva, il quale aveva tentato di addurre alla bocciatura “motivazioni ‘ambientali“, sollecitando le donne ad usare prodotti “più ecosostenibili” come le coppette mestruali in silicone.
Ma perché nessuno vuole abbassare l’IVA sugli assorbenti?
Secondo i calcoli della Ragioneria dello Stato, ridurre l’Iva di dodici punti percentuali sugli assorbenti comporterebbe una perdita per le casse pubbliche di 212 milioni di euro all’anno, e di 300 milioni se l’aliquota calasse al 5%. Briciole, in fin dei conti, se si pensa nell’ordine dei miliardi di euro di un bilancio dello Stato, e una beffa se si considera che con la scorsa legge di stabilità (2018) si è prontamente abbassata l’IVA sui tartufi al 5% per i prodotti freschi e 10% sui lavorati.
Anche il Parlamento Europeo, lo scorso mese di gennaio, ha invitato tutti gli Stati membri ad esentare dall’IVA i prodotti per l’igiene femminile, seppure con una risoluzione non vincolante.
Come sono tassati gli assorbenti all’estero?
Mentre in Italia l’IVA su assorbenti e simili resta salda al 22%, in Germania, dal 1 gennaio 2020, i prodotti per l’igiene intima femminile non saranno più tassati come beni di lusso e l’Iva scenderà dal 19% al 7%. Questa misura è stata inclusa nella legge di bilancio dopo una pesante campagna del movimento femminista. La vittoria è stata accolta dalla politica come un passo importante verso un sistema fiscale che non discrimini le donne.
Un esempio da seguire è sicuramente quello delle Isole Canarie (appartenenti al territorio spagnolo ma con un grado di autonomia tributaria maggiore rispetto al resto del paese iberico), che dal 2018 ha addirittura reso esente da IVA e da altre imposte prodotti per igiene femminile, pillole analgesiche, coppette e assorbenti necessari durante i giorni delle mestruazioni. “Quando sei madre, divorziata e assessore hai un altro tipo di sguardo quando si tratta di prendere decisioni in materia di fiscalità” ha commentato Rosa Dávila, responsabile del Fisco nel governo autonomo delle Isole Canarie. “abbiamo capito che anche questi erano beni di uso quotidiano, parte del normale paniere femminile e che quindi era necessario adottare questa misura. Equiparandoli ai prodotti di base“.
Nel resto della Spagna invece questi prodotti sono tassati al 10%.
Anche il Canada, dal 2015, ha eliminato del tutto la tassa su tamponi, assorbenti e coppette mestruali (anche se restano quelle per i prodotti di importazione), mentre lo stesso anno in Francia le imposte sono state abbassate dal 20 al 5,5 per cento. In Irlanda, invece, sono considerati prodotti sanitari su cui vige l’esenzione fiscale completa. In Grecia, per contro, l’aliquota è salita dal 13 al 23% dopo la crisi, mentre nel civilissimo Nord Europa (Svezia, Norvegia e Danimarca) l’aliquota è anche più alta che in Italia: 25%. L’Ungheria mantiene l’aliquota più elevata, al 27%.