Che fra Trump e la comunità lgbt+ non scorresse buon sangue era cosa risaputa. Solo due mesi fa abbiamo parlato della crociata contro i diritti dei transgender nell’esercito (a cui, dallo scorso aprile, è stato negato l’arruolamento), e di come la compressione dei diritti lgbt+ vada di pari passo al ridimensionamento dei diritti delle donne (qui il caso Alabama).
Quello che le cronache internazionali raccontano per il mese dell’orgoglio, tuttavia, ha dell’incredibile. Durante l’amministrazione Obama, nel mese di giugno di ogni anno, era ormai consuetudine che le ambasciate degli Stati Uniti esponessero, accanto alla bandiera americana, anche la rainbow flag ideata da Gilbert Baker per celebrare il Mese dell’Orgoglio, nato proprio negli Stati Uniti per ricordare i moti di Stonewall.
Quest’anno, a fronte delle consuete richieste al Dipartimento di Stato (che per legge deve autorizzare le ambasciate all’esposizione di bandiere diverse da quella statunitense), tre diplomatici hanno confermato alla NBC News che le suddette richieste provenienti dai consolati di Israele, Germania, Brasile e Lettonia sono state negate. Il rapporto del dipartimento centrale ha espressamente indicato che le ambasciate sono autorizzate a mostrare la bandiera arcobaleno altrove, anche all’interno degli edifici, ma non è loro concesso sventolarla sul pennone principale.
I diplomatici non ci stanno
Le ambasciate degli Stati Uniti in tutto il mondo stanno tuttavia esponendo orgogliosamente le bandiere arcobaleno fuori dai loro uffici, aggirando le disposizioni o violandole apertamente.
I consolati statunitensi a Chennai, in India, e a Vienna hanno esposto le bandiere, mentre l’ambasciata a Nuova Delhi è stata illuminata con luci colorate arcobaleno. A Santiago, in Cile, è chiaramente visibile un’immagine della bandiera arcobaleno sull’edificio dell’ambasciata, come da immagine postata su twitter.
L’apertura di Trump
Una disposizione che suona tanto ingiusta quanto ipocrita, soprattutto alla luce del tweet che solo qualche giorno fa, alla vigilia del Pride Month, Donald Trump aveva pubblicato in sostegno del mese dell’Orgoglio, (per la prima volta durante il suo mandato presidenziale) ringraziando il contributo delle persone lgbt reso alla Nazione e sottolineando lo sforzo degli Stati Uniti nel sensibilizzare la depenalizzazione dell’omosessualità in tutto il mondo. Una mossa piuttosto ruffiana e in forte controtendenza con le politiche riservate alla comunità arcobaleno, che strizza l’occhio alle Presidenziali del 2020, sempre più vicine.
Tweet che ha destato l’attenzione (e la soddisfazione) di un grande attivista repubblicano, Richard Grenell, ambasciatore USA in Germania e membro più apertamente gay dell’amministrazione Trump, nonché principale promotore per la campagna per legalizzazione dell’omosessualità nei 70 paesi che ancora la criminalizzano.
Successivamente al divieto, il portavoce dell’ambasciata tedesca Joseph Giordono-Scholz ha risposto che la bandiera dell’orgoglio si troverà su tutti i posti che può in ambasciata. Grenell, nel frattempo, ha confermato la sua partecipazione al Pride di Berlino di sabato 27 luglio.
fonte: Gaystarnews, Pinknews