Si sente spesso parlare di accessibilità, ma in che termini? Applicata al turismo, poi, cosa significa? Riguardo questo tema quanti lati sono ancora poco chiari e com’è la visione culturale? Prima di rispondere a queste domande, cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando.
Cos’è il turismo accessibile?
Una prima definizione di turismo accessibile può essere riassunta come quell’insieme di servizi che permette alle persone con disabilità o con bisogni particolari di poter viaggiare e di poterlo fare usufruendo del viaggio in sicurezza, confort e autonomia.
Questa definizione parte da un presupposto fondamentale e cioè che viaggiare è un diritto per chiunque. Un diritto umano e un bisogno primario. Basti pensare a come, nel corso degli ultimi decenni, il fenomeno turistico sia radicalmente cambiato, soprattutto in termini numerici e di esigenze. Una persona con intolleranze alimentari, per esempio, ha degli specifici bisogni di cui occorre tenere conto anche in un contesto di accoglienza turistica accessibile. Se, quindi, viaggiare è un diritto umano e un bisogno primario, questo diritto va garantito e deve essere alla portata di chiunque.
Non solo una rimozione di barriere
Nell’immaginario comune l’accessibilità è legata soprattutto alla rimozione di barriere. Adeguare strade, marciapiedi, accessi a una struttura ricettiva, a un lido, a un museo… possono essere i fattori di attrattiva di una località turistica? Ovviamente no, ma sicuramente l’assenza di questi aspetti base limita o addirittura impedisce un determinato viaggio.
Quindi, una volta assicurati questi elementi essenziali che, ricordiamolo, sono regolamentati a livello normativo, bisogna ripensare l’accessibilità in chiave culturale. Una località deve essere potenzialmente appetibile per chiunque, deve offrire a qualsiasi turista la possibilità di vivere l’esperienza di viaggio che desidera.
Occasione di riflessione ai tempi di Covid-19
Ho nominato, tra i requisiti, la parola “sicurezza”. Quanto l’abbiamo sentita in questi tempi pandemici? Questo momento storico ci sta insegnando che l’accessibilità non riguarda più solo determinate categorie ma può riguardare chiunque. In questo senso, l’emergenza covid19 può essere un’opportunità per un cambiamento culturale in relazione all’accessibilità, spesso purtroppo ancora vista come un peso o un aspetto di cui tener conto per normative da rispettare.
Come ha spiegato Flavia Maria Coccia – Presidente del Comitato per la promozione e il sostegno del turismo accessibile istituito presso il MiBACT – nel suo intervento al festival IT.A-CA’ di questa estate, “l’insicurezza con cui oggi noi stiamo viaggiando ai tempi del covid, con la quale noi adesso difficilmente scegliamo alcune cose, è la stessa insicurezza e difficoltà che hanno/avevano le persone con disabilità quando vogliono viaggiare”.
L’importanza della comunicazione: qualche esempio concreto
Una delle prime cose che si fa quando si vuole programmare un viaggio è cercare informazioni. In un momento storico come questo, poi, comunicare le informazioni che vanno a rassicurare i viaggiatori è essenziale. A maggior ragione per i turisti che necessitano di accessibilità. Ecco quindi che, oggi più di ieri, i portali turistici nazionali ufficiali rivestono un ruolo fondamentale. Se facciamo un breve confronto tra Italia, Spagna e Portogallo – con i rispettivi italia.it, spain.info e visitportugal.com – notiamo che la strada intrapresa dal nostro Paese in tema di accessibilità è ancora in salita.
C’è da dire che la storia del turismo accessibile in Italia è una storia che inizia a dare i primi segnali soltanto nel 1996. Da allora i passi successivi sono stati piuttosto lenti, nonostante lo sforzo di tanti soggetti, a partire dalle associazioni. Nel Piano Strategico del Turismo 2017-2022 è stato inserito il tema dell’accessibilità in modo più marcato. Non mancano buone pratiche a livello locale nel nostro territorio, con iniziative importanti come, ad esempio, Padova per tutti, ma a livello nazionale c’è ancora molto da fare.
Tornando ai portali turistici, notiamo la vasta offerta di proposte di viaggio accessibili elencate nel sito spagnolo che spaziano dalle informazioni generiche a proposte di vario tipo: culturale, naturalistico, sportivo, enogastronomico, ecc.
Ancora più preciso è il sito portoghese che dedica un’intera sezione al turismo accessibile, offrendo informazioni di ogni tipo: alloggi, trasporti, guide, spiagge, ecc. Riguardo a queste ultime, in Portogallo esistono 208 zone balneari accessibili a persone con mobilità ridotta, segnalate con una bandiera specifica. Quindi, se io sono una turista con bisogni di accessibilità che vuole fare una vacanza in una località balneare in Portogallo a questo indirizzo trovo l’elenco delle spiagge attrezzate con i servizi che mi occorrono. Questi sono solo alcuni esempi pratici che dimostrano l’importanza della comunicazione nella pianificazione di un viaggio.
Prospettive & cambiamento culturale
L’emergenza covid19 ha aperto una riflessione su quelli che possono essere nuovi mercati e nuovi target. Se prima del covid19 la domanda di accessibilità nel settore turistico era in crescita, adesso quel bisogno di sicurezza e richiesta di esigenze più complesse, come dicevamo, è ancora più marcato. Una località accessibile, tra l’altro, è un vantaggio prima di tutto per chi in quella località risiede.
L’accessibilità è un diritto, non una concessione. Più che un problema di rispetto di normative è un problema culturale. Ospiti, come chiunque: questo è il cambio di mentalità necessario.
Inoltre, vi è spesso anche un limite di ragionamento economico. I numeri del turismo accessibile sono in crescita e rappresentano una fetta di mercato sempre più consistente. L’aspetto economico, quindi, può diventare un volano per il diritto all’accessibilità perché, sempre citando Flavia Maria Coccia nel suo intervento a I.TA.Cà, “se non riusciamo a raggiungere le persone con l’etica e la morale, forse le possiamo raggiungere con il tema del business”. Non tutta l’economia viene per nuocere, c’è anche quest’altra assurda convinzione da scardinare.