Vent’anni fa, gli Stati Uniti e il mondo intero venivano sconvolti dall’orrore del terrorismo che questa volta aveva travalicato i confini del medio oriente e messo a repentaglio la sicurezza della nazione militarmente più forte del pianeta.
Alle 8:46 dell’11 settembre 2001, il volo American Airlines, nelle mani di cinque dirottatori appartenenti ad Al-Quaida, si schiantò sulla facciata settentrionale della Torre Nord del World Trade Center di New York. Diciassette minuti più tardi, alle 9:03, altri cinque dirottatori al comando del volo United Airlines 175 furono i responsabili dello schianto del velivolo contro la facciata meridionale della Torre Sud.
Le due torri crollarono per cedimenti strutturali nel giro di un’ora e mezza.
Nel frattempo, alle 9:37 un altro velivolo dell’American Airlines fu dirottato da altri cinque terroristi contro la facciata ovest del Pentagono, sede del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Infine un quarto aereo, conosciuto come il volo United Airlines 93, precipitò in un campo della Pennsylvania dopo uno scontro tra dirottatori e passeggeri che, per via telefonica, erano stati informati degli schianti al World Trade Center e al Pentagono. Si pensa che il suo obiettivo fosse la Casa Bianca o il Campidoglio.
Furono quasi tremila le vittime e seimila i feriti, ma lo squarcio profondo che l’attentato, passato alla storia come il più grave attacco terroristico dell’età contemporanea, provocò in tutto il mondo, ancora oggi porta i segni di uno scontro di civiltà tra il medio-oriente islamico e le democrazie occidentali.
Al di qua dello scontro diplomatico, di risoluzioni ONU e di fanatismi religiosi, tuttavia, restano le testimonianze di chi, in quell’infausto giorno, ha perso i propri familiari, compagni di vita, figli, genitori, amici. Tramite il sito The Advocate siamo venuti a conoscenza di Carol e David, due attivisti per i diritti umani e lgbt+ che hanno perso la vita proprio l’11 settembre.
La storia di Carol e David è quella di decine di persone che in quel periodo storico lottavano per la parità dei diritti. Barack Obama avrebbe firmato il Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act solo nel 2010; la sentenza Obergefell v. Hodges, che ha esteso il matrimonio egualitario in tutta la nazione, sarebbe stata destinata ad arrivare ancora quattro anni dopo. Abbiamo scelto di gettare un sasso nello stagno della memoria perché nessuno dimentichi anche la straordinaria vita quotidiana di cittadini comuni, rimasti intrappolat nell’antro scuro di un destino dannato.
Carol Flyzik: l’amore per Nancy e per i diritti umani
Carol Flyzik si era concessa un lungo weekend lontana dal lavoro prima dell’11 settembre, quando avrebbe dovuto volare a Los Angeles per una serie di dimostrazioni di prodotti. Voleva solo trascorrere del tempo serena nella sua casa di Plaistow, nel New Hampshire, con la sua compagna da quasi 13 anni, Nancy Walsh. “Abbiamo trascorso un bel fine settimana“, ricorda Nancy. “Siamo andate in spiaggia e abbiamo cenato meravigliosamente a base di aragosta sotto il portico“.
Rinfrancata dal fine settimana, Carol si alzò alle 5 del mattino, quel maledetto martedì mattina, per prendere il suo volo a Boston, nel vicino Massachusetts. Prima di uscire dalla porta, come faceva sempre, abbracciò e baciò Nancy promettendole di chiamarla non appena fosse arrivata a L.A. Ma il suo aereo, il volo 11 dell’American Airlines, non arrivò mai in California. Fu il primo di due a schiantarsi contro il World Trade Center.
Entrambe infermiere di professione, Carol e Nancy si erano incontrate al lavoro, mentre erano di turno nello stesso pronto soccorso. La loro relazione era iniziata come un’amicizia: all’epoca Nancy era sposata e aveva tre figli. Ma dopo sei mesi, racconta all’Advocate, era ovvio che c’era un’attrazione tra le due che diventava “sempre più forte”.
Alla fine Carol si trasferì con Nancy e i suoi figli, che, dice la donna, impararono ad amare Carol come un altro genitore. Dopo circa 10 anni, quando i bambini erano ormai grandi, la coppia si era trasferita nella casa in stile vittoriano di Carol a Plaistow, che erano impegnate a ristrutturare.
Anche Carol, ormai 40enne, aveva cambiato carriera, iniziando a lavorare come marketing supervisor per la Meditech Inc. a Framingham, nel Massachussets. Ancora oggi, nell’ambiente di lavoro i colleghi la ricordano come una donna socievole che amava il suo lavoro e amava interagire con gli altri.
Membro della Human Rights Campaign, la più grande organizzazione nazionale per i diritti civili di gay e lesbiche, Flyzik era anche una forte sostenitrice dei diritti umani. La coppia era infatti solita pianificare le proprie vacanze in occasione delle celebrazioni per i diritti degli omosessuali in tutto il paese. Nell’estate del 2001 erano state a San Diego per marciare in occasione del Pride, e l’anno precedente erano state a Washington, D.C.
“Era solo un meraviglioso essere umano che voleva che le persone la accettassero per quello che era“, ricorda Nancy Walsh. “Carol sarebbe stata così orgogliosa di essere ricordara. Sarebbe stato molto importante per lei”.
David Charlebois, un pioniere dei diritti dei lavoratori gay
David Charlebois ha marciato in uniforme e ha aiutato a portare lo striscione per la National Gay Pilots Association alla Millennium March su Washington, prima del 2001. Per lui è stato il culmine del suo processo di coming out.
“È stato un grosso problema marciare in uniforme“, afferma Michael Walker, un collega pilota dell’American Airlines e amico intimo. “La maggior parte dei piloti con cui si lavora sono ex militari, e questo sicuramente influenza il loro modo di pensare e il tono della professione”.
Negli ultimi anni, tuttavia, Charlebois, pur non avendo mai nascosto la sua omosessualità, si era stancato di vivere con discrezione la sua condizione. Quando non ha mostrato più remore nei confronti della sua vita anche sul lavoro, si era unito alla lotta per i benefici dei partner domestici dello stesso sesso nel settore aereo, e aveva raccolto fondi per i giovani gay attraverso la Sexual Minority Youth Assistance League. E ovviamente, ci aveva messo la faccia a Washington.
“Abbiamo fatto il percorso della parata due volte“, dice Doug Wood, 38 anni, pilota e amico dell’American Airlines con sede a Boston che quel giorno ha marciato in uniforme accanto a David. “Dopo aver finito di marciare con il gruppo di piloti gay, siamo corsi sul retro della parata e ci siamo uniti a GLEAM“, il gruppo di dipendenti gay e lesbiche di American Airlines. “Dave desiderava particolarmente camminare con gli assistenti di volo gay, che gli avevano dato così tanto sostegno al lavoro“.
Il 39enne Charlebois ha indossato la sua uniforme per l’ultima volta l’11 settembre 2001, quando la guida del volo 77 dell’American Airlines, che stava copilotando, è stata assunta dai dirottatori che lo hanno fatto schiantare contro il pentagono.
“Aveva molti amici perché l’amicizia era importante per lui“, dice Paul Poux, un amico che era rimasto con David e il suo storico compagno Tom Hay, nella loro casa di Washington, D.C., durante la Millennium March. Sebbene Charlebois fosse rimasto sveglio fino a tardi per organizzare una festa in quel fine settimana festivo, Poux dice che quando si è alzato alle 6 del mattino, Charlebois era già in cucina a preparare caffè e bagel per i suoi ospiti.
Poux aveva conosciuto David in seconda media, in Francia. Figlio di un funzionario del Dipartimento di Stato, Charlebois ha trascorso diversi anni dell’infanzia a Parigi, una città considerava la sua seconda casa.
“Volava a Parigi ogni volta che aveva tempo libero“, dice Steve Gdula, un caro amico vicino di casa di Charlebois. “Diceva che quando sul letto di morte non avrebbe voluto pentirsi di non aver fatto quell’ultimo viaggio laggiù“.
Amava anche la spiaggia, e lui e Tom avevano appena acquistato una casa estiva nella località gay di Rehoboth Beach, Del. “Se Parigi era la sua seconda città, Rehoboth era come il suo secondo quartiere“, dice Walker
Ma quando Charlebois era a casa, una delle sue priorità principali erano i suoi genitori anziani, che vivevano nella vicina Front Royal, in Virginia. Charlebois li accompagnava alle funzioni religiose cattoliche, dopodiché pranzavano insieme.
“Era una persona molto preoccupata di restituire alle persone e alle comunità che amava”, afferma Walker. “Ha sempre voluto fare le cose giuste“.
Altre storie di eroi e vittime appartenenti alla comunità rainbow riguardanti l’11 settembre sono su The Advocate.