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Zambia, diritti lgbt e diritti umani in pericolo: la deriva autoritarista che conduce al suicidio

- 02/12/2019
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Codice penale, sezione 155 – Reati contro la natura
È punito il sesso tra uomini con una pena massima dell’ergastolo

Codice penale, sezione 156 – Tentativo di commettere reati contro la natura
È punito ogni tentativo di commettere “reati innaturali” vietati ai sensi della Sezione 155 con una pena massima di quattordici anni di reclusione.

Codice penale, sezione 158 – Pratiche indecenti tra persone dello stesso sesso
Sono puniti gli atti di “indecenza grave” sia tra uomini che tra donne con una pena massima di quattordici anni di reclusione.

Questi tre articoli dal contenuto inequivocabile sono tratti dal codice penale dello Zambia, risalente al 1933. In base a questi tre enunciati, gli atti sessuali consenzienti tra uomini e donne sono puniti sia che questi siano stati consumati che anche solo tentati.

La settimana scorsa, Japhet Chataba e Steven Samba hanno ricevuto una condanna a 15 anni di carcere dopo aver richiesto una revisione della sentenza pronunciata lo scorso anno da un tribunale zambiano. L’accusa avanzata, di “atti contro natura“, vedeva la testimonianza chiave di Kapiri Mposhi, impiegato di un albergo che li aveva denunciati per aver assistito, da una finestra, al rapporto sessuale consumato tra i due.

L’Alta Corte di Lusaka ha di fatto confermato la sentenza in primo grado, suscitando lo sdegno dell’ambasciatore statunitense a Lusaka Daniel Foote, che si è detto “personalmente inorridito nel leggere della condanna di due uomini che avevano una relazione consensuale e che non hanno fatto del male a nessuno”.

Dichiarazioni che hanno infastidito il ministro degli esteri dello Stato africano Joseph Malanji, il quale ha previsto di inviare una lettera di protesta a Washington perché “Mettere in discussione la decisione (della magistratura) da parte di un rappresentante di un governo straniero equivale a mettere in discussione la Costituzione dello Zambia”.

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Essere gay in Zambia è una diffusa causa di suicidio

Quella di Japhet e Chataba è solo una delle tantissime storie di ragazzi e ragazze costretti a vivere nel silenzio la propria condizione di omosessuali in Zambia, condannati ad un’esistenza invisibile per non rischiare pene severe come il carcere o lo stigma sociale.

Una giungla fatta di rifiuti, discriminazione e paura, nella quale è impossibile scegliere da che parte stare, e dove l’unico comportamento contro natura non è la sodomia, bensì la repressione di se stessi e dell’amore verso chi si desidera davvero.

I maltrattamenti in famiglia, le molestie, l’emarginazione. Cancellare l’omosessualità, fare finta che non esista, o nel peggiore di casi che sia una malattia mentale, sta segnando in maniera indelebile la minoranza zambiana di gay e lesbiche, tanto da far apparire il suicidio come l’unica scelta possibile, il solo spiraglio di luce in una vita già compromessa dall’abuso di droga e alcool. Un ambiente tossico alimentato dal senso di non allineamento con la comunità.

Nessuno in Zambia vuole finanziare i programmi LBGTI, considerati illegali, perché la segretezza che circonda l’ambiente ostacola tutto: nessuno, in Zambia, tratta gay e lesbiche come esseri umani.

Una società che spinge gli adulti LGBTI a rischio depressione in maniera molto più preponderante rispetto agli adulti eterosessuali, e che si manifesta con disturbi d’ansia e tentativi di suicidio, secondo il National Institutes of Health.

La storia di Chanda

Public Radio International (pri.org) ha raccontato la storia di Chanda, 34 anni, che afferma di aver tentato il suicidio per tre volte: la prima volta a 15 anni, quando realizzò di essere gay ma di non poterne parlare con nessuno. Chanda tentò di annegarsi nella vasca da bagno, e fu salvato dai suoi genitori. Tre anni più tardi, dopo aver ascoltato un prete predicare l’odio e la condanna per i gay, Chanda iniziò a pregare fervidamente che il suo orientamento sessuale sarebbe cambiato. La preghiera non funzionò, e provò nuovo a togliersi la vita, questa volta bevendo candeggina.

L’ultimo tentativo risale ai tempi all’università, racconta Chanda, dopo che alcuni studenti appiccarono fuoco alla sua stanza dopo la scoperta della sua omosessualità. Chanda fu salvato dai suoi compagni di stanza mentre alcuni lo avevano cosparso di cherosene minacciandolo di gettarlo nel fuoco.

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I miei compagni di stanza mi hanno difeso, ma sentivo che non meritavo di vivere, quello è stato il mio momento più basso“, confessa tra le lacrime Chanda. “Come potrei andare avanti con una vita di rifiuto?“. La mattina dopo, Chanda prese tutte le pillole, compresi i normali antidolorifici, che riuscì a trovare. Il suo compagno di stanza lo trovò e lo portò in ospedale, riuscendo a salvarlo.

Oggi Chanda ha trovato l’aiuto di cui aveva bisogno, un vecchio amico, che non fa parte della comunità LGBTI, ha cominciato a supportarlo permettendogli di accettarsi.

Chanda ha fatto sì che la sua forza, trovata grazie al supporto di un amico nel momento più difficile della sua vita, fosse d’esempio per tantissimi altri omosessuali bisognosi d’aiuto. Oggi dirige un’organizzazione comunitaria che aiuta le persone LGBTI ad affrontare il trauma emotivo.

Zambia e diritti umani

Non solo i diritti lgbt sono minacciati in Zambia. Secondo l’ultimo report disponibile diramato da Amnesty International aggiornato nel 2018, diritti umani inviolabili come l‘accesso al cibo, la libertà di associazione e d’espressione risultano essere sempre più compromessi, in uno scenario nazionale dove il clima politico sempre più teso sta spingendo a una deriva autoritarista che prevede un utilizzo della forza incontrollato.

Diritto all’alimentazione

In Zambia è diffusa la malnutrizione a livelli drammaticamente elevati. Causa di tutto questo è anche l’attacco ai piccoli agricoltori, costretti a lasciare le proprie terre espropriate o comprate da acquirenti stranieri per ragioni economiche, e a trasferirsi in regioni aride. In pericolo anche la pesca: a Kaindu, nel distretto di Mumbwa, i proprietari e i dipendenti di una società tedesca organizzatrice di safari hanno aperto il fuoco contro i membri di una comunità locale di 700 abitanti, insultandoli verbalmente e impedendo loro di pescare nel fiume Kaufe e di raccogliere cibo nella foresta. La comunità non era stata adeguatamente consultata in merito all’utilizzo della propria terra per i safari.

Libertà di riunione

Le autorità stanno progressivamente riducendo lo spazio per la libera riunione della società civile, ostacolando il lavoro dei difensori dei diritti umani, del diritto alla cronaca e dell’attività politica. Ai sensi della sezione 5 della legge sulla libera associazione, chiunque intendesse riunirsi od organizzare un evento pubblico o una manifestazione aveva l’obbligo d’informare la polizia con sette giorni di anticipo. Tuttavia, secondo l’interpretazione data dalla polizia, tale disposizione significava che gli organizzatori dovevano ottenere preventivamente un’autorizzazione per poter procedere con lo svolgimento di qualsiasi raduno pubblico.

Il 24 agosto 2018 le forze dell’ordine hanno disperso una veglia di preghiera organizzata per celebrare il rilascio di Hakainde Hichilema dal carcere di massima sicurezza della città di Kabawe, dove era rimasto trattenuto per quattro mesi per accuse di tradimento, successivamente ritirate.

Polizia zambiana a Lusaka (Via GettyImages)
Libertà d’espressione

Le forze dell’ordine e gli attivisti politici affiliati al Fronte patriottico, il partito al governo, hanno sottoposto a intimidazioni e minacce gli operatori dell’informazione, politici di opposizione e altri contestatori.

Il 3 marzo, i sostenitori del Fronte patriottico hanno fatto irruzione negli uffici dell’Associazione dei giuristi dello Zambia, chiedendo le dimissioni della sua presidente, Linda Kasonde. L’Associazione aveva aderito a una petizione depositata lo stesso mese presso l’Alta corte, per impedire la liquidazione di Post Newspapers, un gruppo editoriale fortemente critico nei confronti del governo, nel contesto di una causa penale in cui l’agenzia delle imposte dello Zambia, tra gli altri, aveva richiesto la liquidazione del gruppo, sostenendo di aver evaso i tributi.

Fonte: gpi, amnesty international

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Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

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